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Felicità e rimorchio

Aperto da Edward Bloom, 15 Maggio 2009, 19:38:01

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Sting

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#15
Caro Edward,
Per quanto riguarda la felicita', ho letto con piacere la tua mini-biografia : la tua vita sembra molto simile alla mia ! ;)

Il discorso sulla consapevolezza lo trovo molto sensato.
Quando gli eventi mi stanno condizionando in modo negativo, mi ripeto una frase che ho letto da qualche parte : la curva e' concava o convessa ?
Me lo ripeto quando mi sento in 'loop negativo' quando il mio 'essere triste' degenera in paranoia, per ricordare a me stesso che non e' l'evento in se' ad essere negativo, ma gli occhi con cui lo sto guardando.  ;)
E mi sento debole come uomo.

Non e' debole essere tristi per qualcosa.
E' debole lasciarsi condizionare da eventi esterni al nostro spirito.

Per quanto riguarda l'amore sono ancora 'in viaggio' nel senso che lo sto esplorando e voglio comprenderne appieno tutte le sfumature.
L'altro giorno ho scritto qualcosa riguardo l'amore nella sezione 'relazioni'.
Mi sarebbe piaciuto che qualcuno mi desse il suo parere a riguardo per aggiungere contenuti, ma la maggior parte delle volte al solo pronunciare la parola 'amore' scappano tutti, o quasi, come se fosse qualcosa da cui fuggire.  :(

Eppure tolto l'amore rimane l'odio, che non e' una cosa piacevole...

Quindi perche' preferiamo l'odio facendoci del male e fuggiamo come conigli di fronte all'amore che invece ci fa stare bene ?
Forse perche' non lo abbiamo ancora compreso e quindi come tutte le cose che non capiamo, ci fa paura.
Ma ho pazienza e attendo fiducioso :)

Non me la sento di giudicare negativamente coloro i quali non vedono nella felicita' e nell'amore, lo stesso valore che diamo noi, anche se spesso la vedono come una cosa artificiale, di "plastica", quindi finta.
Io accetto anche il loro punto di vista in quanto se accetto il fatto che esiste l'amore, e credo nella potenza dell'amore, devo poter accettare il fatto che esista anche qualcosa di diverso da esso.
E devo poter accettare il fatto che purtroppo non e' una cosa che si puo' insegnare.
La capisci solo quando ti ENTRA dentro.
Come dice il buon Acqua, ci dev'essere qualcosa che fa scattare una SCINTILLA dentro.

Quindi se vedo un fratello che fugge dall'amore, io posso solo dargli amore sperando che un giorno venga illuminato da esso e che possa anche lui far parte di questo mondo bellissimo !

Fino a pochi mesi fa , pensavo che l'amore fossero solo le smancerie che vediamo nei film o i discorsi delle donne.
Tutto questo perche' i miei occhi si concentravano solo sulla superficie dell'argomento.
Guarda caso le donne ne parlano spesso , vivono per l'amore, proprio perche' sono piu' vicine all'amore di noi maschi abituati alla logica delle cose.
Per noi maschi sembra assurdo che esista un meccanismo (non garantito) che si serve dell'altruismo (dare amore) per soddisfare l'egoismo (ricevere amore), quando pensiamo che possa funzionare solo il contrario (ricevere per poi dare).
Assurdo !
Ma del resto non e' possibile amare a meta'.
O sei dentro o sei fuori.

Solo una cosa puo' farci fare questo 'salto' , puo' aprirci le porte dell'amore : la fede.

Ultima modifica: 18 Maggio 2009, 11:40:57 di Sting

-eFFe-

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JBGrenouille

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un +1 che vale un bilione :up:
Edward complimenti, é un post stupendo  :)

Vuoi sapere una cosa: ho dovuto leggerlo in pausa pranzo, l´unico momento in cui avevo "tempo" tra le mille altre cose che facevo senza rendermi conto di farle, come un robot.
Hai presente quando ti ritrovi di colpo, la sera, e pensi "son giá le 19, ma che ho fatto oggi?".

Il tutto accompagnato dai pensieri del tipo "Ho rimorchiato X, sono un figo! Y non mi risponde, sono un sof" e via dicendo :idiot: siamo noi che rendiamo queste cose un problema!

lu

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Citazione di: Edward Bloom il 15 Maggio 2009, 19:38:01
Imparare a rimorchiare non porterà ad essere felici. Porterà a saper rimorchiare.
Confermo. All'inizio del gioco pensavo che tutto questo potesse rendermi felice..e in parte mi ha reso felice...
ma poi ho capito che mi mancava sempre qualcosa..e ancora non riesco a trovare la mia felicità...
pensavo fossero le donne..invece quelle sono solo cose belle che fanno parte della vita..ma non sono la felicità totale.


Citazione di: Edward Bloom il 15 Maggio 2009, 19:38:01
La stragrande maggioranza delle persone passa la vita a diventare ricco, insensibile e potente nella convinzione (più o meno recondita) che così avrà molte donne.

e qui aggiungo che poi ha talmente tutto...ha realizzato tutto quello che voleva..che alla fine è INFELICE LO STESSO...
il perchè tu lo hai spiegato benissimo! : )



Citazione di: Edward Bloom il 15 Maggio 2009, 19:38:01
Imparare ad essere felici, vi renderà felici. Null'altro. Delineare il concetto di felicità, imparare a vedere la realtà ed accettarla, vi renderà felici. Mi fermo qui, sperando di avervi acceso una lampadina.

Quindi in poche parole Accettare la realtà che ognuno di noi vive in modo diverso e apprezzarne la bellezza?
si sono daccordo :)


Ora ti faccio le domande che ti avevo promesso di dirti! :

Esempio: Ragazzo normale e ragazzo ricco.
Il ragazzo normale invidia quello ricco perchè ha il macchinone una casa enorme e altre cose materiali che lui non ha.
quindi crea sofferenza dentro di lui perchè non può avere quello che ha il ricco.
Questo è come la pensa la stra grande maggioranza delle persone.

io invece penso che il macchinone la villa e i soldi..non servono...
mi basta vivere nella mia semplicità..accettare quello che ho e ammirare la sua bellezza. così riesco a essere felice.

dico bene edward?

L'esempio del budda vale anche quando succedono disgrazie?
ad esempio se un ragazzo  ha una grave malattia fisica che gli provoca sofferenza e non lo fà vivere bene,
a questo punto non è una cosa creata dalla sua testa..ma è una cosa creata dal suo corpo...
come si deve comportare? la deve accettare per vivere meglio?


Citazione di: Edward Bloom il 17 Maggio 2009, 20:03:40
Grazie Lu. Il film di cui parli l'ho visto, ma ricordo che, aldilà della strordinaria intensità di Willy e di suo figlio, non è molto in linea con la mia idea di felicità. E' una splendida storia, questo si. In sintesi Willy è messo male, ma tira fuori cuore e palle e riesce ad ottenere il successo. "Alla ricerca del successo", lo avrei intitolato. Se, dopo tante peripezie, non fosse comunque riuscito ad ottenere il lavoro, magari perché un raccomandato lo superava, ma nonostante questo avesse trovato la felicità, allora avrei apprezzato anche il titolo.

Ecco anche qui vorrei capire meglio :)  , visto che sono cose reali veramente accadute ( questo film infatti è una storia vera come tu ben sai )

Tornando al discorso di sopra , se io sono consapevole delle meraviglie della vita , il fatto di essere consapevole mi fà "risvegliare" e accettare la bellezza di quello che ho attorno nella mia vita.

Quell'uomo che è esistito veramente ( interpretato da Willy ) , Poteva anche arrivarci a capire questo di cui noi stiamo parlando...
Ma come faceva a spiegarlo a un bambino di 6 anni?
lui ha fatto di tutto per rendere migliore la vita di suo figlio e quando c'è riuscito ha trovato la felicità....

Secondo tè doveva vagabondare e vivere nei marciapiedi delle strade accettando quella realtà e dire al figlio di essere consapevole che lui e vivo e già questa era una cosa meravigliosa....questo bastava per trovare la loro felicità?

avresti apprezzato che non si desse da fare per vivere meglio...ma che si dedicasse a  ottenere  la felicità interiore , ma vivendo come un vagabondo con suo figlio?




grazie in anticipo per tutte le risposte che mi darai :)
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Edward Bloom

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Grazie di nuovo ragazzi. Sono felice di essere riuscito a trasmettere qualcosa, dopo aver riletto il mio scritto temevo che, a causa della sinteticità, fosse troppo essenziale, sintetico e quindi difficile da "digerire".
Grazie anche per i vostri contributi, e per aver condiviso le vostre esperienze.

Passo alle domande di Lu.
Lu complimenti innazitutto perché hai centrato un punto importantissimo, quello del rapporto tra la felicità e i comportamenti esterni. Se non ho tralasciato o mal interpretato le tue domande, vertono tutte proprio su questo. Un nodo cruciale che ho compreso bene da poco tempo.
La felicità è uno stato interiore.
Se raggiungi la felicità, hai completato il tuo percorso interiore, e dovrai "solo" impegnarti a mantenerla.
Ma noi viviamo in una società, e in questa società ci sono delle regole. Di comportamento, di potere, di successo.
Se io fossi un monaco buddhista, vivrei beato e felice, meditando tutto il giorno e dedicandomi alla terra.
Ma noi viviamo in mezzo agli altri uomini, alle altre donne. Se fossimo tutti felici, non ci sarebbero grossi problemi di convivenza. Saremmo come un branco di lupi tutti sazi. Ma la gente è affamata di successo, potere, denaro, e farà di tutto per ottenerli.
Ora, io personalmente penso che non ci sia nulla di male nel desiderare e nel lottare per queste cose.
Anzi, proprio in questo sta il sale della vita, il divertente del gioco. Quindi io mi do da fare per ottenere queste cose, che attengono alla mia sfera esteriore. Trovo che non sia sbagliato inseguire il successo nella propria sfera esteriore, anzi. Quello che trovo pericoloso è aspettarsi che questo ci darà la felicità. Come ho detto nel primo post di questo topic, la felicità da la felicità. Il successo da il successo. Nulla più. Chiarisco meglio con questo schemino:

La persona non consapevole: soffre → vuole smettere di soffrire → vuole essere felice → per farlo si da degli obiettivi → se non li raggiunge, è frustrato → se li raggiunge, dopo un po' capisce che manca qualcosa → ricomincia a soffire → si accontenta, oppure ricomincia il ciclo verso un altro obiettivo.

La persona consapevole: è felice → essendo la felicità uno stato interiore che non dipende dagli eventi esterni, sa che ogni cosa che succederà potrà essere comunque felice → si da degli obiettivi → se li raggiunge ne gode immensamente, e ha raggiunto felicità e successo → se non li raggiunge, è comunque felice.

Fino a qualche tempo fa, mi sfuggiva questo aspetto, e così stavo iniziando a ritirarmi nella mia torre d'avorio. Poi ho capito che la felicità non  dev'essere un limite, ma una spinta, una carica propulsiva per vivere ancora più attivamente. Ho capito che le emozioni non sono da rifuggire, ma anzi, proprio perché di base sei felice le puoi vivere più intensamente, perché ti fanno meno paura. Se l'ho capito, molto lo devo a questo forum, a quello che avete scritto tutti voi, e in particolare Termynator, i cui scritti hanno radicalmente segnato la mia vita. Almeno, e non scherzo, quanto il pensiero di un certo Siddharta Gautama (un tipo abbastanza famoso  ;)). Per questo, lo ringrazio ancora una volta.
Volendo esprimere il concetto in altro modo, direi che la felicità non è un punto di arrivo, ma un modo di compiere il percorso.
Per venire alla tua domanda specifica, se io fossi stato Willy avrei fatto esattamente quello che ha fatto lui: lottare. Ma se fossi stato Muccino, avrei cambiato il titolo del film.

Edward

Acqua

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Citazione di: Edward Bloom il 17 Maggio 2009, 14:58:49
Consapevolezza → Amore → Felicità.
Perfetto.

A costo di essere scomunicato e bruciato sul rogo, indico il passaggio che non mi quadra:
Citazione
Ma qual è questa realtà, che la persona addormentata non riesce a vedere? La verità è che tutto va bene. Il mondo va bene. Sei tu che non lo accetti. Sei tu che ragioni in termine di giusto o sbagliato. Sei tu che decidi, ovviamente inconsapevolmente, che per essere felice hai bisogno di questo e quell'altro. Sei tu che colori la realtà di sfumature. Ma la colpa è tua. La realtà è sempre quella. Sei tu che fai i capricci, e non vuoi accettare le cose come sono. Per questo soffri: la sofferenza (interiore) è semplicemente una difformità tra quello che ti aspetti, tra quello che ritieni giusto, e quello che è realmente. Niente più. Se vedessi le cose come stanno realmente, non conosceresti la sofferenza.
Ho già letto molto a riguardo di una consapevolezza di questo tipo, anche in altri 3d di questo stesso forum. Quello che non capisco è perchè dovrei accettare le cose come sono, e soprattutto perchè accettandole dovrei trovare un sentimento positivo di questo tipo.

In altre parole: "il mondo va bene"... ma va bene? Su che piano va bene? Com'è possibile che distaccandomi dall'ego e dal mondo io trovi la serenità?
Non potrei svegliarmi un giorno, ed esclamare: me ne stò sbattendo di tutto e tutti pur di stare in pace? Compreso me stesso?

Capisco la potenza del dire: "il mondo è questo", senza ulteriori commenti di sorta. Come se l'esistenza fosse contemplazione, al di là del giudizio. Forse vale veramente la pena di provare, lasciarsi andare.

Una vecchia ipotesi confermata ancora una volta: smetti di pensare, e sarai felice. Smettere di 'parlarsi', pratica presente in ogni forma di meditazione. Trattasi di azzittire il pensiero analitico; analizzare vuol dire fare a pezzi, ed è effettivamente impossibile avere una visione d'insieme delle cose facendole a pezzi. Quelle letterine d'alfabeto e numeri che ci inculcano nel cervello fin da bambini forse sono un modo per controllarci, per farci interiorizzare le regole di una società pacifica quanto alienante. Il linguaggio è uno strumento di convivenza, non di felicità. A questo sono arrivati una marea di intellettuali, oltre alle filosofie religiose di tutto il mondo. Evidentemente il pensiero è un'arma a doppio taglio.
Forse è questo il punto, che mi rimanda ad una citazione di cui non sò dare la fonte: "la vita o la vivi, o la rifletti".

Mi sa che stavolta faccio un tentativo serio, dato che sembra essere l'unica via possibile per la tranquillità. Sono stufo di pensare anche io, mi prendo una pausa.

Chiudo con Freud:
L'attività repressiva della civiltà fa sì che le possibilità di godimento primarie, che ora sono state ripudiate dalla censura che è in noi, vadano perdute.

Il logoro ma fiero,
Acqua

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lu

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Citazione di: Edward Bloom il 18 Maggio 2009, 18:14:15
Passo alle domande di Lu.
Lu complimenti innazitutto perché hai centrato un punto importantissimo, quello del rapporto tra la felicità e i comportamenti esterni. Se non ho tralasciato o mal interpretato le tue domande, vertono tutte proprio su questo. Un nodo cruciale che ho compreso bene da poco tempo.
La felicità è uno stato interiore

Grazie! edward :) .

Sono pienamente daccordo con la spiegazione che mi hai dato e ti ringrazio io stavolta.

però volevo sapere di preciso 2 domande che ti avevo fatto.

Saresti stato daccordo se Willy si sarebbe accontentato di vivere la sua felicità interiore ( anche vagabodando ) scoprendo l'essenza della vera felicità  senza avere però successo?

se si..avresti trovato giusto che lui spiegasse a suo figlio il significato di questa sua scelta anche se a 6 anni è difficile da comprendere?

l'altra era questa: ad esempio se un ragazzo  ha una grave malattia fisica che gli provoca sofferenza e non lo fà vivere bene,
a questo punto non è una cosa creata dalla sua testa..ma è una cosa creata dal suo corpo...
come si deve comportare? la deve accettare per vivere meglio?


Il pensiero buddista come dovrebbe essere applicato qui?

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Edward Bloom

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Prima di tutto, grazie ragazzi perchè sta venendo fuori un bel confronto.
Poi, faccio una piccola premessa: non sono buddhista, nonostante faccia spesso riferimento a Buddha. Ho preso un po' da tutte le letture, esperienza, chiacchierate che ho fatto nella mia vita e sono arrivato a maturare le mie idee, che certamente prendono molto dal buddhismo, ma, rifacendomi al post di lu, non saprei dirvi "cosa farebbe un buddhista". Posso dirvi quello che farei io. Spero di centrare il nocciolo delle vostre domande (non è semplice trattare questi argomenti per iscritto),se non fosse così ditemelo che mi chiarisco meglio.

Acqua:
Non penso che un giorno potrai svegliarti e dire "me ne stò sbattendo di tutto e tutti pur di stare in pace", perchè a mio avviso è il contrario. Dico questo perché consapevolezza significa contatto con la realtà, se sei consapevole ti abitui a vedere la realtà, non ad allontanartene per stare in pace.
Torno sull'esempio dell'arancia: se ti mangi un'arancia di fretta, tra mille pensieri, neanche te ne accorgi. Se mentre lo fai ti impegni a gustartela, ti concentri sul sapore, realizzi che stai mangiando proprio quell'arancia, diversa da tutte le altre, che ha girato il mondo per essere li sul tuo tavolo, hai un livello di consapevolezza maggiore. L'apprezzi di più, mangiare quell'arancia diventa un momento importante della tua giornata.
Se conosci una persona nuova, puoi benissimo pensare "mi sta sul caxxo, è juventino". Gli appiccichi un'etichetta, e finisce la comprensione. Lo rimandi in una delle tue caselle preimpostate (figo-sfigato-st*onzo...), lo giudichi, e finisce la comprensione. Se invece riesci a vedere una persona per quello che è, oltre le maschere, senza giudizio, senza farti influenzare da età, aspetto fisico, provi pena per le sofferenze che inevitabilmente soffre, non te la prendi se non ti tratta come vorresti, non fai dipendere il giudizio che hai di lui da come ti tratta, hai un livello di consapevolezza maggiore. L'apprezzi di più, conoscere quella persona diventa un momento importante della tua giornata.
Se "esci e sargi una hb8", non è come se "esci e ti confronti con una bella ragazza".
Se curi la consapevolezza non crei una realtà distorta e artificiale in cui va tutto bene. Mi rendo conto che il confine con le st*onzate new age e con i frame pompati è sottile, ma è cruciale. Qui non crei una bolla in cui va tutto bene, ma capisci, ti rendi proprio conto che il modo che hai sempre avuto di vedere le cose è irreale, perché parziale e limitato. Capisci che il modo che hai sempre avuto di percepire il mondo non è molto attinente col reale.
Non c'è un atto di fede in questo, non c'è nulla che non sia perfettamente razionale e logico. Deve solo scattarti la scintilla che per un istante ti fa intuire quello che cerco di trasmetterti, da lì è tutto in discesa. A me è scattata leggendo un libro, "Messaggio per un'aquila che si crede un pollo", del già da me citato De Mello, un padre gesuita. Addiritura la Congregazione della Dottrina della Fede, nella persona di un ex-cardinale di nome Joseph Ratzinger, si è disturbata a dichiarare che le idee espresse in questo libro "possono causare gravi danni": io l'ho preso come un buon segno, e ho fatto bene.
Riguardo al discorso sul pensare, io non credo che si debba smettere di pensare. Certamente ci sono stati periodi in cui mi rendevo conto che "pensavo male", che i miei pensieri entravano in loop negativi (ad esempio, in caso di forti innamoramenti non corrisposti o, peggio, non dichiarati) che mi portavano solo a stare ancora più male. In quei periodi, cercavo di pensare il meno possibile, di dedicarmi ad attività pratiche, sport, disco e quant'altro.
Però io credo che sia proprio il pensiero e distinguere l'uomo dalla scimmia. Se non pensassi, forse vivrei davvero il presente, ma mi perderei troppe cose: pianificazione, bei ricordi, non potrei lavorare. Non è che si può sempre vivere nel presente.
Il discorso non è abolire il pensiero, ma imparare a gestirlo, a non prenderlo troppo sul serio, a non fidarsi solo di esso. E' un percorso graduale la consapevolezza, non è necessario diventare Buddha per essere felici, solo sviluppare un'attitudine per la realtà. Sforzarsi di vedere le cose come sono, senza pregiudizi, preconcetti, desideri. Così facendo, gran parte delle paure, delle sofferenze, e in genere delle emozioni negative svaniscono, perché ti renderai conto che esitono solo nella tua mente.

Lu:
Come precisato prima non essendo buddhista, mi limiterò a esprimere la mia personale opinione.
Riguardo alla tua prima domanda: io credo che raggiungere la felicità voglia dire "sistemare" la propria parte interiore. Ma esiste anche quella esteriore, quella materiale, quella animale. Noi uomini siamo così, un pò Dei un pò scimmie.
Venendo a Willy. Non sarei stato d'accordo, perché secondo me la felicità non dev'essere un limite, una scusa per crogiolarsi nel "tanto sono felice", ma dev'essere un modo di vivere la vita, un' attitudine generale. Inoltre, quando si ha un bambino di sei anni, amore vuol dire prendersi cura di lui, dare, non cercare la propria felicità. C'è un tempo per crescere interiormente, e uno per migliorare la propria vita esteriore. Sono due mondi ben scissi secondo me, quello interiore e quello esteriore. Questo perché rispondono a due ottiche opposte, Amore e Potere. E' ovvio che quindi le regole siano diverse. Prima, ad esempio, ho scritto dell'importanza di vedere le persone per quello che sono, non etichettandole. Così sviluppo accettazione e amore. Ma se sono sul lavoro, e questo non vede l'ora di schiacciarmi? Io schiaccio lui. E' la vita. Non lo odio, non me la prendo molto se vuole fottermi, ma agisco. Non è facile coordinare amore e potere, ma essere Uomini vuol dire riuscirci a mio avviso.
Consapevolezza all'interno, Potenza all'esterno. Amore nella vita privata, Forza in quella "pubblica". E' questo il punto di equilibrio cui tendo, perché credo sia il migliore almeno per me, di certo il migliore che ho trovato sino ad oggi.
Sulla seconda domanda: la consapevolezza si applica sempre. Chiaramente, è più semplice essere consapevoli su uno yacht in Costa Smeralda che non a letto gravemente malati. Ma il principio è lo stesso. Per eliminare la sofferenza bisogna rendersi conto che si può essere felici incondizionatamente. La felicità non dipende dall'ambiente esterno, ma da uno stato mentale di consapevolezza e amore che si può raggiungere comunque.

Edward

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Ok ora è tutto chiaro :)
Grazie delle risposte Edward
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Citazione di: Edward Bloom il 18 Maggio 2009, 18:14:15
Fino a qualche tempo fa, mi sfuggiva questo aspetto, e così stavo iniziando a ritirarmi nella mia torre d'avorio. Poi ho capito che la felicità non  dev'essere un limite, ma una spinta, una carica propulsiva per vivere ancora più attivamente. Ho capito che le emozioni non sono da rifuggire, ma anzi, proprio perché di base sei felice le puoi vivere più intensamente, perché ti fanno meno paura. Se l'ho capito, molto lo devo a questo forum, a quello che avete scritto tutti voi, e in particolare Termynator, i cui scritti hanno radicalmente segnato la mia vita. Almeno, e non scherzo, quanto il pensiero di un certo Siddharta Gautama (un tipo abbastanza famoso  ;)). Per questo, lo ringrazio ancora una volta.

Sono onorato dal fatto che una persona che scrive post di questo spessore, citi i miei scritti fra le cose che ha letto.
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come mai non è ancora in best of? susù che me lo stavo perdendo questo thread.

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Vediamo se ho capito...


Chi cerca la felicità, in molti casi, è come chi cerca l'oro, cioé uno che cerca oggetti (o sensazioni) al di fuori di se, in pratica deputa la sua felicità all'ottenimento di beni materiali o sensoriali (quelli che vanno in disco, si caricano di alcool e\o droga e poi si piazzano davanti alle casse ad agitarsi pensando di divertirsi).

In realtà, noi abbiamo già quello che ci servirebbe per essere felici, ma non lo vediamo, in quanto la felicità è uno stato d'animo, che non deriva dall'ottenimento di beni, ma dal proprio vivere, se deriva dai beni posseduti, dura poco o nulla, ecco quindi spiegato lo shopping compulsivo.
In pratica c'è gente che compra perché l'acquisto, cioé l'entrare in possesso di un bene materiale, gli genera benessere, ma poi questo svanisce in fretta, lasciando un vuoto che sarà colmato allo stesso modo.
Mentre chi è felice davvero, è se mi permettete di citare uno che non ricordo, mi pare Baden Powell, colui al quale basta se stesso.
Cioé: ho abbastanza soldi per arrivare a fine mese, e magari mi avanza pure qualche cosa; ho una casa adatta alle mie esigenze, non è più piccola del necessario; ho una macchina che fa per me, la mantengo con uno sforzo sostenibile, mi porta dove serve senza partticolari problemi.
Questo ha dei "presupposti" per la felicità, come sopra, ma aggiunge altro.
Ho amici, conosco un sacco di gente, frequento gente divertente, posso interagire con loro in maniera positiva, non ho con loro attriti se non marginali ecc.

Vediamo che, alla fine, se anche il tizio avesse una macchina un po sfatta, una casa un po più piccola di quel che serve e quasi meno soldi del necessario, avrebbe comunque rapporti interpersonali buoni, anche se dovrebbe curarli meno, per sopperire a delle mancanze.
Questo per me, si chiama serenità, cioé io sono sereno, interagisco volentieri, conosco tanta gente e ne conosco ulteriore, ecco i presupposti per la felicità, avere molteplici interessi, saper godere anche delle piccole cose, scoparsi una bh6 come fosse una bh11+... credo che sia li, un senso della felicità.

Per concludere, credo che la "ricerca della felicità" non sia come la ricerca dell'oro, ma come una ricerca dentro se stessi.
Alcuni si chiedono, perché c'è gente che rischia il collo per arrampicarsi in cima ad una montagna, per tornare giù a mani vuote, e pure sfinita?
"spesso, più della destinazione, conta il viaggio"

spero di non averne sparate troppe... :D
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Sting

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Citazione di: sfigatto il 04 Giugno 2009, 14:39:08
Per concludere, credo che la "ricerca della felicità" non sia come la ricerca dell'oro, ma come una ricerca dentro se stessi.

La ricerca dentro se stessi e' paragonabile a un viaggio ed e' bellissimo.
E' una delle cose piu' eccitanti che abbia mai provato.

Quando scavi dentro di te e capisci come sei fatto davvero, arrivi al NUCLEO.
Per me e' come nuotare in profondita', scendere negli abissi fino a toccare il fondale marino.
A quel punto risali verso la superficie con una padronanza di te stesso mai avuta prima.

Alcuni si chiedono, perché c'è gente che rischia il collo per arrampicarsi in cima ad una montagna, per tornare giù a mani vuote, e pure sfinita?
[/quote]

Forse perche' pensano che salendo sopra qualcosa vedono tutto meglio e si sentono piu' sereni.
Nella scalata di una montagna ci vedo una specie di metafora della vita.
Cercare la felicita' salendo sopra qualcosa porta a essere perennemente proiettati in avanti.
Con questa visione ci sara' sempre qualcosa di piu' grande di noi...e quindi volere sempre di piu' porta all'infelicita'.

Secondo me la felicita' si puo' avere SCENDENDO (non salendo) perche' (come si dice spesso) , solo quando tocchi il fondo puoi risalire.
Spesso le nostre piu' grandi vittorie le abbiamo ottenute in seguito a un periodo di sofferenza, dove magari abbiamo toccato il fondo, mettendo in luce il nostro lato peggiore e quindi esplorando e scoprendo un lato estremo di noi stessi.

Citazione di: sfigatto il 04 Giugno 2009, 14:39:08
"spesso, più della destinazione, conta il viaggio"

Sono d'accordo.
In fondo il bello della vita di ognuno sono le cose che gli capitano :)

Citazione di: sfigatto il 04 Giugno 2009, 14:39:08
spero di non averne sparate troppe... :D

Non credo.
Hai espresso degli ottimi pensieri ! ;)

Micione

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