Seduzione Italiana

Seduzione e società => Best of the forum => Discussione aperta da: Edward Bloom il 15 Maggio 2009, 19:38:01

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Titolo: Felicità e rimorchio
Inserito da: Edward Bloom il 15 Maggio 2009, 19:38:01
Noto ultimamente nei post di diversi utenti una certa infelicità di fondo. E questo a prescindere dall'esperienza e dalla capacità nel rimorchio, e indipendentemente dalle singole esperienze di vita. Quasi un pizzico di amarezza nelle parole di chi, dopo tanti sacrifici, ancora non ha raggiunto il livello di felicità che voleva.
Per questo vorrei riflettere insieme a voi su un punto, esprimendovi la mia personale idea su questa dinamica e con  la curiosità di ascoltare come la vedete voi.

Imparare a rimorchiare non porterà ad essere felici. Porterà a saper rimorchiare.
Una delle più incredibili assurdità del cosiddetto "matrix" è che siamo abituati a fare ogni cosa per essere felici, tranne imparare ad essere felici. E' esattamente come con le donne. La stragrande maggioranza delle persone passa la vita a diventare ricco, insensibile e potente nella convinzione (più o meno recondita) che così avrà molte donne. Poi c'è chi, invece, grazie anche a forum preziosi come questo, apre gli occhi e migliora drasticamente i suoi rapporti con l'altro sesso. E, notate, come il 99% degli uomini non immagini neanche lontanamente che sia possibile fare enormi passi in avanti con le fanciulle tramite lo studio della seduzione. Sono semplicemente convinti che, prima o poi, le cose succederanno, troveranno la persona giusta, saranno pieni di donne.

Con la felicità, il discorso è identico.
Quasi nessuno è convinto che la felicità vada, in un certo senso, studiata, capita, colta. Pochi dedicano del tempo all'argomento, pochi secondo me hanno anche mai avuto l'idea che la felicità sia studiabile. Lo trovano assurdo, così come tanti troverebbero assurdo studiare la seduzione. Provate a chiedere a voi stessi, o a chi vi pare, cos'è la felicità: ben in pochi sapranno dire qualcosa di sensato.
Io ho dedicato tutta la mia vita alla ricerca della felicità, spinto da un "buco" interiore che già a 11-12 anni ricordo distintamente. In quegli anni, e in quelli successivi, stavo profondamente di cacca, molto più di quanto le condizioni esterne della mia vita non giustificassero. Ho iniziato, per caso, leggendo l'Alchimista di Coelho a quell'età, e non ho mai smesso di dedicarmi a cercare di capire e soprattutto imparare a sentire la felicità.
Poi, a un certo punto, ce l'ho fatta. Oggi sono felice, lo sono già da qualche tempo, e so anche che continuare ad esserlo dipende solo da me.

Imparare ad essere felici, vi renderà felici. Null'altro. Delineare il concetto di felicità, imparare a vedere la realtà ed accettarla, vi renderà felici. Mi fermo qui, sperando di avervi acceso una lampadina. Se avete curiosità o domande sarà un piacere rispondervi qui o in privato.

Edward
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: nemesi il 15 Maggio 2009, 22:30:41
Citazione di: Edward Bloom il 15 Maggio 2009, 19:38:01
Noto ultimamente nei post di diversi utenti una certa infelicità di fondo. E questo a prescindere dall'esperienza e dalla capacità nel rimorchio, e indipendentemente dalle singole esperienze di vita. Quasi un pizzico di amarezza nelle parole di chi, dopo tanti sacrifici, ancora non ha raggiunto il livello di felicità che voleva.
Per questo vorrei riflettere insieme a voi su un punto, esprimendovi la mia personale idea su questa dinamica e con  la curiosità di ascoltare come la vedete voi.

Imparare a rimorchiare non porterà ad essere felici. Porterà a saper rimorchiare.
Una delle più incredibili assurdità del cosiddetto "matrix" è che siamo abituati a fare ogni cosa per essere felici, tranne imparare ad essere felici. E' esattamente come con le donne. La stragrande maggioranza delle persone passa la vita a diventare ricco, insensibile e potente nella convinzione (più o meno recondita) che così avrà molte donne. Poi c'è chi, invece, grazie anche a forum preziosi come questo, apre gli occhi e migliora drasticamente i suoi rapporti con l'altro sesso. E, notate, come il 99% degli uomini non immagini neanche lontanamente che sia possibile fare enormi passi in avanti con le fanciulle tramite lo studio della seduzione. Sono semplicemente convinti che, prima o poi, le cose succederanno, troveranno la persona giusta, saranno pieni di donne.

Con la felicità, il discorso è identico.
Quasi nessuno è convinto che la felicità vada, in un certo senso, studiata, capita, colta. Pochi dedicano del tempo all'argomento, pochi secondo me hanno anche mai avuto l'idea che la felicità sia studiabile. Lo trovano assurdo, così come tanti troverebbero assurdo studiare la seduzione. Provate a chiedere a voi stessi, o a chi vi pare, cos'è la felicità: ben in pochi sapranno dire qualcosa di sensato.
Io ho dedicato tutta la mia vita alla ricerca della felicità, spinto da un "buco" interiore che già a 11-12 anni ricordo distintamente. In quegli anni, e in quelli successivi, stavo profondamente di cacca, molto più di quanto le condizioni esterne della mia vita non giustificassero. Ho iniziato, per caso, leggendo l'Alchimista di Coelho a quell'età, e non ho mai smesso di dedicarmi a cercare di capire e soprattutto imparare a sentire la felicità.
Poi, a un certo punto, ce l'ho fatta. Oggi sono felice, lo sono già da qualche tempo, e so anche che continuare ad esserlo dipende solo da me.

Imparare ad essere felici, vi renderà felici. Null'altro. Delineare il concetto di felicità, imparare a vedere la realtà ed accettarla, vi renderà felici. Mi fermo qui, sperando di avervi acceso una lampadina. Se avete curiosità o domande sarà un piacere rispondervi qui o in privato.

Edward

Bellissimo post Edward. Senza dubbio: best of
Ma oltre a questo, dimmi di più sulla tua ricerca della felicità. Hai detto giustamente che il modo per essere felici è impegnarsi ad essere felici. Impegnarti a rimorchiare ti porterà a rimorchiare. Ma siccome abbiamo imparato come imparare a rimorchiare e non ad imparare ad essere felici. Cosa hai fatto per imparare ad essere felice? Qual'è il tuo percorso. Non in astratto, ma in concreto (per imparare a rimorchiare devi uscire di casa e rimorchiare). Per imparare ad essere felici cos'hai fatto?
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Nat il 15 Maggio 2009, 23:18:51
Grazie a Dio!

Pensavo che fossi rimasto uno dei pochi a pensarla così.

Best of

Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: nemesi il 15 Maggio 2009, 23:38:39
Citazione di: Nat il 15 Maggio 2009, 23:18:51
Grazie a Dio!
Pensavo che fossi rimasto uno dei pochi a pensarla così.
Best of

Si, ma approfondiamo la cosa. Dire che non sono i soldi o le donne a fare la felicità. Ma è la felicità a fare la felicità è una grande verità. Ora discutiamo su come si costruisce la felicità.  O0
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Cassim il 16 Maggio 2009, 13:15:18
Citazione di: Edward Bloom il 15 Maggio 2009, 19:38:01
Io ho dedicato tutta la mia vita alla ricerca della felicità, spinto da un "buco" interiore che già a 11-12 anni ricordo distintamente. In quegli anni, e in quelli successivi, stavo profondamente di cacca, molto più di quanto le condizioni esterne della mia vita non giustificassero.
Edward
Non voglio invadere la sfera privata,ma questo "buco"in cosa lo hai identificato?
cosa ti faceva stare cosi male profodamente?

Cos'è per te la felicità?

sempre se desideri riposndermi alla prima domanda :)
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: james.mar il 16 Maggio 2009, 13:18:51
Best of.

Edward mi piacciono molto le tue riflessioni e mi piacerebbe appunto capire quali tappe hai seguito per la ricerca della tua felicità.

Io stesso mi interrogo spesso sulla felicità e il più delle volte vado talmente in confusione che finisco col dire "ci penserò in seguito, ora sono troppo impegnato a fare altro".........di certo non il migliore degli approcci a quella che effettivamente è l'obiettivo reale della vita di ogni uomo.
Uno dei punti sui quali mi arrovello maggiormente è capire se per me la felicità è fatta di macro obiettivi o di micro obiettivi. Mi sto sempre più convincendo che la felicità sia una combinazione delle 2 cose e che, in particolare per i macro obiettivi, bisogna capire realmente se tale obiettivo lo vogliamo realmente o è più un'imposizione (esempio: fare carriera).

Lascio uno spunto (non innovativo): per essere felici bisogna prima capire cosa è per ognuno di noi la felicità e cosa realmente ci può rendere felici.
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Acqua il 16 Maggio 2009, 15:18:01
Citazione di: Edward Bloom il 15 Maggio 2009, 19:38:01
Quasi nessuno è convinto che la felicità vada, in un certo senso, studiata, capita, colta. Pochi dedicano del tempo all'argomento, pochi secondo me hanno anche mai avuto l'idea che la felicità sia studiabile. Lo trovano assurdo, così come tanti troverebbero assurdo studiare la seduzione. Provate a chiedere a voi stessi, o a chi vi pare, cos'è la felicità: ben in pochi sapranno dire qualcosa di sensato.
Ciao Edward.
Comincio a risponderti con una precisazione: per me la felicità è l'esatto opposto del dolore atroce. In entrambi i casi parliamo di vissuti brevi ed intensissimi, molto rari. Cercare la felicità vuol dire quindi inseguire un attimo, e per me non ne vale la pena.
Quindi io più che di felicità parlerei di serenità, ossia il vivere con il piacere di farlo prendendo gli alti e bassi del tempo in modo attivo e costruttivo.

Detto questo... ammetto di essere nella più totale ignoranza nel campo, tanto da aver fatto della negatività uno stile di vita. Sono disposto a cambiare ma non saprei dove mettere le mani. Mi accodo quindi agli altri nel chiederti: tu come hai fatto?

@James.mar: gli obiettivi imho non c'entrano. Stabilendo che sei contento solo nel raggiungere certi obiettivi, entri in un ciclo infinito ed autoalimentato in cui ti dai propositi sempre più alti senza mai fermarti a gustarti i risultati.
C'è qualcosa di molto più profondo, una qualche scintilla che deve scattare... e che non dipende da quello che fai o riesci a fare, ma da quello che SEI.

L'irrequieto,
Acqua

EDIT: Best Of
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Edward Bloom il 17 Maggio 2009, 14:58:49
Proverò a trasmettere il mio percorso di felicità, per quanto non sia semplice farlo per iscritto e in qualche riga. Ma farò del mio meglio, sicuramente non riuscirò a chiarire tutti i possibili dubbi, ma come dicevo sarò felice di rispondere ad eventuali domande. Del resto, condensare in un post qualcosa di così delicato e vasto non credo sia possibile. Farò una specie di riassunto, toccando tutti i punti importanti ma molto sinteticamente. Non sono concetti molto immediati, il mio consiglio è quello di soffermarcisi un po' di tempo sopra, rileggere, pensare, approfondire.

Iniziamo dall'aspetto più importante. Definiamo la felicità, altrimenti si corre il rischio di parlare di cose diverse. La felicità è la diretta conseguenza del provare Amore. Requisito per provare l'Amore, è la consapevolezza. Volendo sintetizzare il percorso, pertanto:

Consapevolezza → Amore → Felicità.


1. CONSAPEVOLEZZA
Il concetto chiave per capire la felicità è quello di "consapevolezza". La felicità, poggia le sue basi su questo enorme concetto. Cos'è la consapevolezza? Riporto un brano tratto da un discorso di Buddha, che come tutti saprete è un personaggio storico realmente esistito.

"Bambini, dopo avere sbucciato un mandarino, potete mangiarlo con consapevolezza o distrattamente. Cosa significa mangiare un mandarino con consapevolezza? Mangiando un mandarino, sapete che lo state mangiando. Ne gustate pienamente la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Il mandarino che Nandabala mi ha offerto aveva nove spicchi. Li ho messi in bocca uno per uno in consapevolezza e ho sentito quanto sono splendidi e preziosi. Non ho dimenticato il mandarino, e così il mandarino è diventato qualcosa di molto reale. Se il mandarino è reale, anche chi lo mangia è reale. Ecco cosa significa mangiare un mandarino con consapevolezza.
Bambini, cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza? Mangiando un mandarino, non sapete che lo state mangiando. Non ne gustate la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, non sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, non sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, non sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Così facendo, non potete apprezzarne la natura splendida e preziosa. Se non siete consapevoli di mangiarlo, il mandarino non è reale. Se il mandarino non è reale, neppure chi lo mangia è reale. Ecco cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza.
Bambini, mangiare il mandarino con presenza mentale significa essere davvero in contatto con ciò che mangiate. La vostra mente non rincorre i pensieri riguardo allo ieri o al domani, ma dimora totalmente nel momento presente. Il mandarino è totalmente presente. Vivere con presenza mentale e consapevolezza vuol dire vivere nel momento presente, con il corpo e la mente che dimorano nel qui e ora".


Di norma le persone vivono in uno stato di non-consapevolezza dal giorno in cui nascono al giorno in cui muoiono. Nascono, crescono, muoiono dormendo. Non vedono la realtà. Dormono. Emblematico, infatti, che il Buddha fosse detto "il risvegliato" ma anche l'"illuminato". Illuminazione significa risveglio. Una frase significativa di De Mello, un padre gesuita di cui vi consiglio la lettura, recita "la vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati a fare altri progetti".
Il primo grande passo, è rendersi conto di essere addormentati. Farlo è già un enorme passo in avanti.
Ma qual è questa realtà, che la persona addormentata non riesce a vedere? La verità è che tutto va bene. Il mondo va bene. Sei tu che non lo accetti. Sei tu che ragioni in termine di giusto o sbagliato. Sei tu che decidi, ovviamente inconsapevolmente, che per essere felice hai bisogno di questo e quell'altro. Sei tu che colori la realtà di sfumature. Ma la colpa è tua. La realtà è sempre quella. Sei tu che fai i capricci, e non vuoi accettare le cose come sono. Per questo soffri: la sofferenza (interiore) è semplicemente una difformità tra quello che ti aspetti, tra quello che ritieni giusto, e quello che è realmente. Niente più. Se vedessi le cose come stanno realmente, non conosceresti la sofferenza.
Faccio un esempio: se una ragazza piange, soffre e si lamenta perché non trova il Principe Azzurro, di chi è la colpa della sua sofferenza? Solo sua, non certo del mondo, dell' ex ragazzo, o di chiunque altro. Consapevolezza, risveglio. Se lei fosse consapevole, se vedesse la realtà per quello che è senza colorarla, capirebbe che lei ha subordinato la sua idea di felicità ad avere un certo tipo di ragazzo. Fa i capricci. In questo esempio, la SUA realtà è: "il mondo è ingiusto, ma cos'ho fatto di male per meritarmi questo, cos'ho che non va". Ma LA realtà è semplicemente "non ho il ragazzo". Se la SUA realtà si limitasse alLA realtà, non esisterebbe sofferenza.
La verità è che la gente non vuole essere felice tout court, ma è disposta ad essere felice A CONDIZIONE che abbia X, Y, Z. E' evidente il ruolo dei condizionamente sociali e familiari in questo.
Ma per la felicità occorre sperimentare la consapevolezza, e quindi il risveglio.
Risvegliarsi vuol dire vedere le cose come sono. Capire a fondo che, davvero, va bene così. Che il mondo va bene così. Che sei una delle tante forme di vita su questo mondo. Nulla di più. Vivere con gli occhi aperti. Rinunciare alla favolette.
Il secondo grande passo, è dunque capire che il mondo non ha niente che non va. Siamo noi a fare i capricci.
La gente, nella realtà di tutti i giorni, fa tutt'altro. Decide, più o meno consciamente, che per essere felice gli serve Z. Passa tutta la vita tra mille sforzi e sofferenze ad ottenere Z. Quando ottiene Z, capisce che non è felice. Allora ci pensa su a lungo, passa una settimana, ne passano due, e finalmente capisce che in realtà per essere felice gli serviva Y. E ricomincia da capo la sua folle corsa.
Per essere felici occorre capire che non serve niente di esterno a noi per essere felici. Non serve essere amati, non serve avere amici, non serve NIENTE. Non ne hai bisogno. Quello che hai, è un di più, e il fatto di non averne bisogno ti permette di goderne immensamente.
Racconto un aneddoto.
Anni fa in vacanza sono stato in un paese poverissimo. Sono entrato in un monastero induista, con le mie belle scarpettine firmate, la mia macchinina digitale e i miei insulsi problemi da occidentale. In questo paese le persone sono davvero povere, e faticano a mangiare. Sono entrato a visitare questo edificio meraviglioso con molta riservatezza, cercando di non infastidire queste persone in un luogo così sacro. Lì ho visto persone donare quantità enormi di frutta, che venivano lasciate su grossi ripiani in onore alle loro divinità. Persone che muoiono di fame! Ed erano tutti sorridenti, trasmettevano una serenità interiore imbarazzante. Mi invitavano con lo sguardo e con i gesti a condividere con loro quei preziosi momenti di meditazione.Sono uscito da quel monastero frantumato, avevo capito che il povero ero io, non loro. Davvero, mi sono sentito una cacca. L'addormentato ero io. Quello che sprecava le sue giornate soffrendo per la tipetta che non me la dava, ero io. E la responsabilità, guarda un pò, era mia. Non di lei, non di Dio, non del mondo, non del destino crudele.
La felicità è dunque in primis consapevolezza.
Se soffri, non sei consapevole. Se una situazione ti crea disagio, stress, sofferenza, o qualunque sentimento negativo, rispetto a quella situazione non sei consapevole. Non vuoi vedere le cose come stanno, non vuoi accettare la realtà, vuoi imporre la tua idea di realtà.
Una frase splendida, di nuovo tratta da un libro di De Mello, recita grossomodo "La natura della pioggia è sempre la stessa: eppure fa crescere le rose nei giardini e crea il fango nelle paludi". Le situazioni sono neutre, la realtà è neutra. Non è giusta, non è sbagliata. E' solo la realtà. Se ti lascia la ragazza, la realtà è solo: la ragazza ti ha lasciato. Stop. La tua reazione emotiva ce la aggiungi tu. Sei tu che aggiungi "la mia ragazza mi ha lasciato allora la vita fa schifo/non valgo un caxxo/non ne troverò mai più un'altra".
Ci sarebbero molte altre cose da aggiungere sulla consapevolezza, ma credo di aver sfiorato i nervi più scoperti.

2. AMORE.
Se sperimentiamo la consapevolezza abbiamo fatto tabula rasa dei sentimenti negativi. Abbiamo sviluppato la capacità di osservare e percepire la realtà per ciò che è. Non ragioniamo più in termini di giusto o sbagliato, non poniamo condizioni alla nostra felicità.
Su questo terreno fertile, possiamo iniziare a utilizzare l'unico vero potere soprannaturale che è stato donato all'Uomo: la capacità di provare Amore. L'amore di cui sto parlando non c'entra nulla con l'amore comunemente detto. Quello non è amore, è un contratto di scambio mischiato ad attaccamento. Le persone si fidanzano con il partner migliore che trovano su piazza rispetto alle loro capacità, ma l'ottica molto spesso è quella del prendere amore. In realtà noi non vogliamo amare, vogliamo essere amati. Siamo profondamente egoisti di base, perché siamo addormentati. Ci attacchiamo a chi ci dimostra amore, prendiamo tutto il possibile, non ci soffermiamo neanche ad osservare con chi abbiamo a che fare, non vediamo consapevolemente che abbiamo di fronte. Ci creiamo in mente un'idea della persona con cui stiamo, dei nostri amici, dei nostri affetti che ha poco a che vedere col reale. Poi, quando il tempo ci dimostra che la nostra idea era sbagliata, veniamo fuori con "mi hai deluso", e puntualmente soffriamo come bestie (come dicevo sopra, sofferenza=non consapevolezza). Questo non è amore, è un disperato attaccarsi a chi ci può dare un pò di illusione d'amore. E' il drogato in crisi di astinenza che ucciderebbe per una dose. Ugualmente, noi cerchiamo il sollievo, non la cura. Prendiamo e pretendiamo dal prossimo un pizzico d'amore, e perciò patiamo mille sofferenze.
Questo perché siamo profondamente convinti che per essere felici bisogna essere amati. Se ci pensate bene, è una follia. L'amore rende felice chi lo prova, non l'oggetto dell'amore. Quindi per essere felici dobbiamo AMARE, provare amore, non essere amati.

"Chi ama davvero ama il mondo intero, non soltanto un individuo particolare. " (Erich Fromm).

Ma come si fa a provare Amore?
Il primo requisito è la consapevolezza. Per amare X, devo vederlo per quella che è. Togliere i miei preconcetti, i miei pensieri, e coglierlo per quello che è. Dopo aver visto la cosa per quella che è, l'accetto profondamente. L'accetto per quello che è. Non la voglio cambiare. Non la giudico. Non vi appiccico sopra maledette etichette. Accetto la sua impermanenza, il fatto che potrebbe venir meno da un momento all'altro, che potrebbe cambiare. Non la valuto. La osservo. Godo della sua presenza, della sua compagnia, del suo essere. Provare Amore per X, vuol quindi dire secondo me accettare profondamente X dopo averlo visto con gli occhi della consapevolezza.
Se quindi posso provare Amore, dipende da me provarlo. Non ho bisogno di altro. Non ho bisogno di essere ricambiato. Provo Amore senza chiedere nulla in cambio. Ma, attenzione, non lo faccio perché sono buono e mi tolgo qualcosa. Lo faccio, in definitiva, per mio tornaconto personale. E' spettacolare. Dando Amore, io mi arricchisco di altro Amore. Più provo Amore, più mi riempio di Amore. Fino ad arrivare al punto massimo di elevazione spirituale possibile, l'Amore Universale, l'Amore per tutto quello che c'è sulla Terra. Questa è la vetta della montagna, ma non c'è bisogno di arrivare a tanto per provare la felicità: basta andare in questa direzione, basta impostare la rotta verso questa meta, e godersi il viaggio.

Edward
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Nat il 17 Maggio 2009, 15:25:51
Non potevi essere esprimere meglio questi concetti.

Sono d'accordissimo su tutto, ma non solo a livello intellettuale, è la strada che sto percorrendo da più di un anno.

Per questo sotto l'avatar ho la scritta:
No one can hurt me — that's my job. B. Katye
(Nessuno mi può fare del male -  quello è compito mio)

E' tutto collegato: Zen, DeMello, E. Tolle, Buddhismo, Induismo, Taoismo, ... tutto punta verso la stessa meta.

Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: nemesi il 17 Maggio 2009, 18:08:16
Citazione di: Edward Bloom il 17 Maggio 2009, 14:58:49
Proverò a trasmettere il mio percorso di felicità, per quanto non sia semplice farlo per iscritto e in qualche riga. Ma farò del mio meglio, sicuramente non riuscirò a chiarire tutti i possibili dubbi, ma come dicevo sarò felice di rispondere ad eventuali domande. Del resto, condensare in un post qualcosa di così delicato e vasto non credo sia possibile. Farò una specie di riassunto, toccando tutti i punti importanti ma molto sinteticamente. Non sono concetti molto immediati, il mio consiglio è quello di soffermarcisi un po' di tempo sopra, rileggere, pensare, approfondire.

Iniziamo dall'aspetto più importante. Definiamo la felicità, altrimenti si corre il rischio di parlare di cose diverse. La felicità è la diretta conseguenza del provare Amore. Requisito per provare l'Amore, è la consapevolezza. Volendo sintetizzare il percorso, pertanto:

Consapevolezza → Amore → Felicità.


1. CONSAPEVOLEZZA
Il concetto chiave per capire la felicità è quello di "consapevolezza". La felicità, poggia le sue basi su questo enorme concetto. Cos'è la consapevolezza? Riporto un brano tratto da un discorso di Buddha, che come tutti saprete è un personaggio storico realmente esistito.

"Bambini, dopo avere sbucciato un mandarino, potete mangiarlo con consapevolezza o distrattamente. Cosa significa mangiare un mandarino con consapevolezza? Mangiando un mandarino, sapete che lo state mangiando. Ne gustate pienamente la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Il mandarino che Nandabala mi ha offerto aveva nove spicchi. Li ho messi in bocca uno per uno in consapevolezza e ho sentito quanto sono splendidi e preziosi. Non ho dimenticato il mandarino, e così il mandarino è diventato qualcosa di molto reale. Se il mandarino è reale, anche chi lo mangia è reale. Ecco cosa significa mangiare un mandarino con consapevolezza.
Bambini, cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza? Mangiando un mandarino, non sapete che lo state mangiando. Non ne gustate la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, non sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, non sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, non sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Così facendo, non potete apprezzarne la natura splendida e preziosa. Se non siete consapevoli di mangiarlo, il mandarino non è reale. Se il mandarino non è reale, neppure chi lo mangia è reale. Ecco cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza.
Bambini, mangiare il mandarino con presenza mentale significa essere davvero in contatto con ciò che mangiate. La vostra mente non rincorre i pensieri riguardo allo ieri o al domani, ma dimora totalmente nel momento presente. Il mandarino è totalmente presente. Vivere con presenza mentale e consapevolezza vuol dire vivere nel momento presente, con il corpo e la mente che dimorano nel qui e ora".


Di norma le persone vivono in uno stato di non-consapevolezza dal giorno in cui nascono al giorno in cui muoiono. Nascono, crescono, muoiono dormendo. Non vedono la realtà. Dormono. Emblematico, infatti, che il Buddha fosse detto "il risvegliato" ma anche l'"illuminato". Illuminazione significa risveglio. Una frase significativa di De Mello, un padre gesuita di cui vi consiglio la lettura, recita "la vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati a fare altri progetti".
Il primo grande passo, è rendersi conto di essere addormentati. Farlo è già un enorme passo in avanti.
Ma qual è questa realtà, che la persona addormentata non riesce a vedere? La verità è che tutto va bene. Il mondo va bene. Sei tu che non lo accetti. Sei tu che ragioni in termine di giusto o sbagliato. Sei tu che decidi, ovviamente inconsapevolmente, che per essere felice hai bisogno di questo e quell'altro. Sei tu che colori la realtà di sfumature. Ma la colpa è tua. La realtà è sempre quella. Sei tu che fai i capricci, e non vuoi accettare le cose come sono. Per questo soffri: la sofferenza (interiore) è semplicemente una difformità tra quello che ti aspetti, tra quello che ritieni giusto, e quello che è realmente. Niente più. Se vedessi le cose come stanno realmente, non conosceresti la sofferenza.
Faccio un esempio: se una ragazza piange, soffre e si lamenta perché non trova il Principe Azzurro, di chi è la colpa della sua sofferenza? Solo sua, non certo del mondo, dell' ex ragazzo, o di chiunque altro. Consapevolezza, risveglio. Se lei fosse consapevole, se vedesse la realtà per quello che è senza colorarla, capirebbe che lei ha subordinato la sua idea di felicità ad avere un certo tipo di ragazzo. Fa i capricci. In questo esempio, la SUA realtà è: "il mondo è ingiusto, ma cos'ho fatto di male per meritarmi questo, cos'ho che non va". Ma LA realtà è semplicemente "non ho il ragazzo". Se la SUA realtà si limitasse alLA realtà, non esisterebbe sofferenza.
La verità è che la gente non vuole essere felice tout court, ma è disposta ad essere felice A CONDIZIONE che abbia X, Y, Z. E' evidente il ruolo dei condizionamente sociali e familiari in questo.
Ma per la felicità occorre sperimentare la consapevolezza, e quindi il risveglio.
Risvegliarsi vuol dire vedere le cose come sono. Capire a fondo che, davvero, va bene così. Che il mondo va bene così. Che sei una delle tante forme di vita su questo mondo. Nulla di più. Vivere con gli occhi aperti. Rinunciare alla favolette.
Il secondo grande passo, è dunque capire che il mondo non ha niente che non va. Siamo noi a fare i capricci.
La gente, nella realtà di tutti i giorni, fa tutt'altro. Decide, più o meno consciamente, che per essere felice gli serve Z. Passa tutta la vita tra mille sforzi e sofferenze ad ottenere Z. Quando ottiene Z, capisce che non è felice. Allora ci pensa su a lungo, passa una settimana, ne passano due, e finalmente capisce che in realtà per essere felice gli serviva Y. E ricomincia da capo la sua folle corsa.
Per essere felici occorre capire che non serve niente di esterno a noi per essere felici. Non serve essere amati, non serve avere amici, non serve NIENTE. Non ne hai bisogno. Quello che hai, è un di più, e il fatto di non averne bisogno ti permette di goderne immensamente.
Racconto un aneddoto.
Anni fa in vacanza sono stato in un paese poverissimo. Sono entrato in un monastero induista, con le mie belle scarpettine firmate, la mia macchinina digitale e i miei insulsi problemi da occidentale. In questo paese le persone sono davvero povere, e faticano a mangiare. Sono entrato a visitare questo edificio meraviglioso con molta riservatezza, cercando di non infastidire queste persone in un luogo così sacro. Lì ho visto persone donare quantità enormi di frutta, che venivano lasciate su grossi ripiani in onore alle loro divinità. Persone che muoiono di fame! Ed erano tutti sorridenti, trasmettevano una serenità interiore imbarazzante. Mi invitavano con lo sguardo e con i gesti a condividere con loro quei preziosi momenti di meditazione.Sono uscito da quel monastero frantumato, avevo capito che il povero ero io, non loro. Davvero, mi sono sentito una cacca. L'addormentato ero io. Quello che sprecava le sue giornate soffrendo per la tipetta che non me la dava, ero io. E la responsabilità, guarda un pò, era mia. Non di lei, non di Dio, non del mondo, non del destino crudele.
La felicità è dunque in primis consapevolezza.
Se soffri, non sei consapevole. Se una situazione ti crea disagio, stress, sofferenza, o qualunque sentimento negativo, rispetto a quella situazione non sei consapevole. Non vuoi vedere le cose come stanno, non vuoi accettare la realtà, vuoi imporre la tua idea di realtà.
Una frase splendida, di nuovo tratta da un libro di De Mello, recita grossomodo "La natura della pioggia è sempre la stessa: eppure fa crescere le rose nei giardini e crea il fango nelle paludi". Le situazioni sono neutre, la realtà è neutra. Non è giusta, non è sbagliata. E' solo la realtà. Se ti lascia la ragazza, la realtà è solo: la ragazza ti ha lasciato. Stop. La tua reazione emotiva ce la aggiungi tu. Sei tu che aggiungi "la mia ragazza mi ha lasciato allora la vita fa schifo/non valgo un caxxo/non ne troverò mai più un'altra".
Ci sarebbero molte altre cose da aggiungere sulla consapevolezza, ma credo di aver sfiorato i nervi più scoperti.

2. AMORE.
Se sperimentiamo la consapevolezza abbiamo fatto tabula rasa dei sentimenti negativi. Abbiamo sviluppato la capacità di osservare e percepire la realtà per ciò che è. Non ragioniamo più in termini di giusto o sbagliato, non poniamo condizioni alla nostra felicità.
Su questo terreno fertile, possiamo iniziare a utilizzare l'unico vero potere soprannaturale che è stato donato all'Uomo: la capacità di provare Amore. L'amore di cui sto parlando non c'entra nulla con l'amore comunemente detto. Quello non è amore, è un contratto di scambio mischiato ad attaccamento. Le persone si fidanzano con il partner migliore che trovano su piazza rispetto alle loro capacità, ma l'ottica molto spesso è quella del prendere amore. In realtà noi non vogliamo amare, vogliamo essere amati. Siamo profondamente egoisti di base, perché siamo addormentati. Ci attacchiamo a chi ci dimostra amore, prendiamo tutto il possibile, non ci soffermiamo neanche ad osservare con chi abbiamo a che fare, non vediamo consapevolemente che abbiamo di fronte. Ci creiamo in mente un'idea della persona con cui stiamo, dei nostri amici, dei nostri affetti che ha poco a che vedere col reale. Poi, quando il tempo ci dimostra che la nostra idea era sbagliata, veniamo fuori con "mi hai deluso", e puntualmente soffriamo come bestie (come dicevo sopra, sofferenza=non consapevolezza). Questo non è amore, è un disperato attaccarsi a chi ci può dare un pò di illusione d'amore. E' il drogato in crisi di astinenza che ucciderebbe per una dose. Ugualmente, noi cerchiamo il sollievo, non la cura. Prendiamo e pretendiamo dal prossimo un pizzico d'amore, e perciò patiamo mille sofferenze.
Questo perché siamo profondamente convinti che per essere felici bisogna essere amati. Se ci pensate bene, è una follia. L'amore rende felice chi lo prova, non l'oggetto dell'amore. Quindi per essere felici dobbiamo AMARE, provare amore, non essere amati.

"Chi ama davvero ama il mondo intero, non soltanto un individuo particolare. " (Erich Fromm).

Ma come si fa a provare Amore?
Il primo requisito è la consapevolezza. Per amare X, devo vederlo per quella che è. Togliere i miei preconcetti, i miei pensieri, e coglierlo per quello che è. Dopo aver visto la cosa per quella che è, l'accetto profondamente. L'accetto per quello che è. Non la voglio cambiare. Non la giudico. Non vi appiccico sopra maledette etichette. Accetto la sua impermanenza, il fatto che potrebbe venir meno da un momento all'altro, che potrebbe cambiare. Non la valuto. La osservo. Godo della sua presenza, della sua compagnia, del suo essere. Provare Amore per X, vuol quindi dire secondo me accettare profondamente X dopo averlo visto con gli occhi della consapevolezza.
Se quindi posso provare Amore, dipende da me provarlo. Non ho bisogno di altro. Non ho bisogno di essere ricambiato. Provo Amore senza chiedere nulla in cambio. Ma, attenzione, non lo faccio perché sono buono e mi tolgo qualcosa. Lo faccio, in definitiva, per mio tornaconto personale. E' spettacolare. Dando Amore, io mi arricchisco di altro Amore. Più provo Amore, più mi riempio di Amore. Fino ad arrivare al punto massimo di elevazione spirituale possibile, l'Amore Universale, l'Amore per tutto quello che c'è sulla Terra. Questa è la vetta della montagna, ma non c'è bisogno di arrivare a tanto per provare la felicità: basta andare in questa direzione, basta impostare la rotta verso questa meta, e godersi il viaggio.

Edward

Meraviglioso. Provo amore per te :)
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: lu il 17 Maggio 2009, 18:34:44
Best Of 1000 volte e +1

Sono senza parole Edward mi hai toccato profondamente.......
Mi hai illuminato su alcuni concetti che stò percorrendo..ma ancora sono a metà....
Sono stato sempre alla ricerca della felicità......

( il film di willy smiht " alla ricerca della felicità " l'hai mai visto? cosa ne pensi?  :) )

poi voglio farti delle domande... spero mi aiuterai a capire :)

Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: nuke il 17 Maggio 2009, 18:56:48
Best of anche per me! :D

bellissimo post, penso che le cose scritte siano veramente difficili da interiorizzare a pieno, ma già farle mie un pochino mi renderanno felice. felice senza preconcetti, felice fuori da matrix.

ps. attento a nemesi, ora prova amore per te, devi capire in che modo :P

Citazioneè troppo ormai
che stai così male
il tuo diploma in fallimento
è una laurea per reagire
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: nemesi il 17 Maggio 2009, 19:05:39
Citazione di: nuke il 17 Maggio 2009, 18:56:48


ps. attento a nemesi, ora prova amore per te, devi capire in che modo :P


In ogni modo  ;D
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Edward Bloom il 17 Maggio 2009, 20:03:40
Grazie a tutti per complimenti, +1, best of e addiritura dichiarazioni d'amore  ;D.
Rispondo alle domande che mi avete fatto finora, a parte quelle che trovano risposta nel mio precedente post:

Citazione di: Cassim il 16 Maggio 2009, 13:15:18
Non voglio invadere la sfera privata,ma questo "buco"in cosa lo hai identificato?
cosa ti faceva stare cosi male profodamente?

Considero essere stata una mia grossa fortuna il fatto di non aver avuto nessun tipo di insegnamento religioso da parte della mia famiglia. Questo ha reso negli anni più semplice per me trovare le mie risposte. Ma, prima che tutto questo accadesse, non avevo soluzioni di nessun tipo al "mal di vivere" che, penso, prima o poi tutti abbiamo sperimentato.
Stavo male perché non trovavo un senso alle cose, avrei voluto di più (all'epoca, ad esempio, nello sport e con le ragazzine) ma in qualche modo capivo che non sarei stato pienamente soddisfatto lo stesso. Insomma, non ero contento e mi sembrava con ogni cosa avessi fatto non mi avrebbe reso contento. A questo aggiungici i normali problemi degli adolescenti, la mia sensibilità molto sviluppata (che, se non impari a canalizzarla, ti si ritorce drammaticamente contro), qualche episodio poco felice, ed ecco il quadro completo.

Citazione di: lu il 17 Maggio 2009, 18:34:44
( il film di willy smiht " alla ricerca della felicità " l'hai mai visto? cosa ne pensi?  :) )
poi voglio farti delle domande... spero mi aiuterai a capire :)

Grazie Lu. Il film di cui parli l'ho visto, ma ricordo che, aldilà della strordinaria intensità di Willy e di suo figlio, non è molto in linea con la mia idea di felicità. E' una splendida storia, questo si. In sintesi Willy è messo male, ma tira fuori cuore e palle e riesce ad ottenere il successo. "Alla ricerca del successo", lo avrei intitolato. Se, dopo tante peripezie, non fosse comunque riuscito ad ottenere il lavoro, magari perché un raccomandato lo superava, ma nonostante questo avesse trovato la felicità, allora avrei apprezzato anche il titolo.
Aspetto le tue domande!

Edward
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Sting il 18 Maggio 2009, 10:28:21
+1

Quando ho un po' di tempo , magari aggiungo qualcosa.  ;)
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Sting il 18 Maggio 2009, 11:38:17
Caro Edward,
Per quanto riguarda la felicita', ho letto con piacere la tua mini-biografia : la tua vita sembra molto simile alla mia ! ;)

Il discorso sulla consapevolezza lo trovo molto sensato.
Quando gli eventi mi stanno condizionando in modo negativo, mi ripeto una frase che ho letto da qualche parte : la curva e' concava o convessa ?
Me lo ripeto quando mi sento in 'loop negativo' quando il mio 'essere triste' degenera in paranoia, per ricordare a me stesso che non e' l'evento in se' ad essere negativo, ma gli occhi con cui lo sto guardando.  ;)
E mi sento debole come uomo.

Non e' debole essere tristi per qualcosa.
E' debole lasciarsi condizionare da eventi esterni al nostro spirito.

Per quanto riguarda l'amore sono ancora 'in viaggio' nel senso che lo sto esplorando e voglio comprenderne appieno tutte le sfumature.
L'altro giorno ho scritto qualcosa riguardo l'amore nella sezione 'relazioni'.
Mi sarebbe piaciuto che qualcuno mi desse il suo parere a riguardo per aggiungere contenuti, ma la maggior parte delle volte al solo pronunciare la parola 'amore' scappano tutti, o quasi, come se fosse qualcosa da cui fuggire.  :(

Eppure tolto l'amore rimane l'odio, che non e' una cosa piacevole...

Quindi perche' preferiamo l'odio facendoci del male e fuggiamo come conigli di fronte all'amore che invece ci fa stare bene ?
Forse perche' non lo abbiamo ancora compreso e quindi come tutte le cose che non capiamo, ci fa paura.
Ma ho pazienza e attendo fiducioso :)

Non me la sento di giudicare negativamente coloro i quali non vedono nella felicita' e nell'amore, lo stesso valore che diamo noi, anche se spesso la vedono come una cosa artificiale, di "plastica", quindi finta.
Io accetto anche il loro punto di vista in quanto se accetto il fatto che esiste l'amore, e credo nella potenza dell'amore, devo poter accettare il fatto che esista anche qualcosa di diverso da esso.
E devo poter accettare il fatto che purtroppo non e' una cosa che si puo' insegnare.
La capisci solo quando ti ENTRA dentro.
Come dice il buon Acqua, ci dev'essere qualcosa che fa scattare una SCINTILLA dentro.

Quindi se vedo un fratello che fugge dall'amore, io posso solo dargli amore sperando che un giorno venga illuminato da esso e che possa anche lui far parte di questo mondo bellissimo !

Fino a pochi mesi fa , pensavo che l'amore fossero solo le smancerie che vediamo nei film o i discorsi delle donne.
Tutto questo perche' i miei occhi si concentravano solo sulla superficie dell'argomento.
Guarda caso le donne ne parlano spesso , vivono per l'amore, proprio perche' sono piu' vicine all'amore di noi maschi abituati alla logica delle cose.
Per noi maschi sembra assurdo che esista un meccanismo (non garantito) che si serve dell'altruismo (dare amore) per soddisfare l'egoismo (ricevere amore), quando pensiamo che possa funzionare solo il contrario (ricevere per poi dare).
Assurdo !
Ma del resto non e' possibile amare a meta'.
O sei dentro o sei fuori.

Solo una cosa puo' farci fare questo 'salto' , puo' aprirci le porte dell'amore : la fede.

Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: -eFFe- il 18 Maggio 2009, 11:38:28
+1Miliardo :up:
e Best of.
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: JBGrenouille il 18 Maggio 2009, 13:31:46
un +1 che vale un bilione :up:
Edward complimenti, é un post stupendo  :)

Vuoi sapere una cosa: ho dovuto leggerlo in pausa pranzo, l´unico momento in cui avevo "tempo" tra le mille altre cose che facevo senza rendermi conto di farle, come un robot.
Hai presente quando ti ritrovi di colpo, la sera, e pensi "son giá le 19, ma che ho fatto oggi?".

Il tutto accompagnato dai pensieri del tipo "Ho rimorchiato X, sono un figo! Y non mi risponde, sono un sof" e via dicendo :idiot: siamo noi che rendiamo queste cose un problema!
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: lu il 18 Maggio 2009, 16:23:17
Citazione di: Edward Bloom il 15 Maggio 2009, 19:38:01
Imparare a rimorchiare non porterà ad essere felici. Porterà a saper rimorchiare.
Confermo. All'inizio del gioco pensavo che tutto questo potesse rendermi felice..e in parte mi ha reso felice...
ma poi ho capito che mi mancava sempre qualcosa..e ancora non riesco a trovare la mia felicità...
pensavo fossero le donne..invece quelle sono solo cose belle che fanno parte della vita..ma non sono la felicità totale.


Citazione di: Edward Bloom il 15 Maggio 2009, 19:38:01
La stragrande maggioranza delle persone passa la vita a diventare ricco, insensibile e potente nella convinzione (più o meno recondita) che così avrà molte donne.

e qui aggiungo che poi ha talmente tutto...ha realizzato tutto quello che voleva..che alla fine è INFELICE LO STESSO...
il perchè tu lo hai spiegato benissimo! : )



Citazione di: Edward Bloom il 15 Maggio 2009, 19:38:01
Imparare ad essere felici, vi renderà felici. Null'altro. Delineare il concetto di felicità, imparare a vedere la realtà ed accettarla, vi renderà felici. Mi fermo qui, sperando di avervi acceso una lampadina.

Quindi in poche parole Accettare la realtà che ognuno di noi vive in modo diverso e apprezzarne la bellezza?
si sono daccordo :)


Ora ti faccio le domande che ti avevo promesso di dirti! :

Esempio: Ragazzo normale e ragazzo ricco.
Il ragazzo normale invidia quello ricco perchè ha il macchinone una casa enorme e altre cose materiali che lui non ha.
quindi crea sofferenza dentro di lui perchè non può avere quello che ha il ricco.
Questo è come la pensa la stra grande maggioranza delle persone.

io invece penso che il macchinone la villa e i soldi..non servono...
mi basta vivere nella mia semplicità..accettare quello che ho e ammirare la sua bellezza. così riesco a essere felice.

dico bene edward?

L'esempio del budda vale anche quando succedono disgrazie?
ad esempio se un ragazzo  ha una grave malattia fisica che gli provoca sofferenza e non lo fà vivere bene,
a questo punto non è una cosa creata dalla sua testa..ma è una cosa creata dal suo corpo...
come si deve comportare? la deve accettare per vivere meglio?


Citazione di: Edward Bloom il 17 Maggio 2009, 20:03:40
Grazie Lu. Il film di cui parli l'ho visto, ma ricordo che, aldilà della strordinaria intensità di Willy e di suo figlio, non è molto in linea con la mia idea di felicità. E' una splendida storia, questo si. In sintesi Willy è messo male, ma tira fuori cuore e palle e riesce ad ottenere il successo. "Alla ricerca del successo", lo avrei intitolato. Se, dopo tante peripezie, non fosse comunque riuscito ad ottenere il lavoro, magari perché un raccomandato lo superava, ma nonostante questo avesse trovato la felicità, allora avrei apprezzato anche il titolo.

Ecco anche qui vorrei capire meglio :)  , visto che sono cose reali veramente accadute ( questo film infatti è una storia vera come tu ben sai )

Tornando al discorso di sopra , se io sono consapevole delle meraviglie della vita , il fatto di essere consapevole mi fà "risvegliare" e accettare la bellezza di quello che ho attorno nella mia vita.

Quell'uomo che è esistito veramente ( interpretato da Willy ) , Poteva anche arrivarci a capire questo di cui noi stiamo parlando...
Ma come faceva a spiegarlo a un bambino di 6 anni?
lui ha fatto di tutto per rendere migliore la vita di suo figlio e quando c'è riuscito ha trovato la felicità....

Secondo tè doveva vagabondare e vivere nei marciapiedi delle strade accettando quella realtà e dire al figlio di essere consapevole che lui e vivo e già questa era una cosa meravigliosa....questo bastava per trovare la loro felicità?

avresti apprezzato che non si desse da fare per vivere meglio...ma che si dedicasse a  ottenere  la felicità interiore , ma vivendo come un vagabondo con suo figlio?




grazie in anticipo per tutte le risposte che mi darai :)
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Edward Bloom il 18 Maggio 2009, 18:14:15
Grazie di nuovo ragazzi. Sono felice di essere riuscito a trasmettere qualcosa, dopo aver riletto il mio scritto temevo che, a causa della sinteticità, fosse troppo essenziale, sintetico e quindi difficile da "digerire".
Grazie anche per i vostri contributi, e per aver condiviso le vostre esperienze.

Passo alle domande di Lu.
Lu complimenti innazitutto perché hai centrato un punto importantissimo, quello del rapporto tra la felicità e i comportamenti esterni. Se non ho tralasciato o mal interpretato le tue domande, vertono tutte proprio su questo. Un nodo cruciale che ho compreso bene da poco tempo.
La felicità è uno stato interiore.
Se raggiungi la felicità, hai completato il tuo percorso interiore, e dovrai "solo" impegnarti a mantenerla.
Ma noi viviamo in una società, e in questa società ci sono delle regole. Di comportamento, di potere, di successo.
Se io fossi un monaco buddhista, vivrei beato e felice, meditando tutto il giorno e dedicandomi alla terra.
Ma noi viviamo in mezzo agli altri uomini, alle altre donne. Se fossimo tutti felici, non ci sarebbero grossi problemi di convivenza. Saremmo come un branco di lupi tutti sazi. Ma la gente è affamata di successo, potere, denaro, e farà di tutto per ottenerli.
Ora, io personalmente penso che non ci sia nulla di male nel desiderare e nel lottare per queste cose.
Anzi, proprio in questo sta il sale della vita, il divertente del gioco. Quindi io mi do da fare per ottenere queste cose, che attengono alla mia sfera esteriore. Trovo che non sia sbagliato inseguire il successo nella propria sfera esteriore, anzi. Quello che trovo pericoloso è aspettarsi che questo ci darà la felicità. Come ho detto nel primo post di questo topic, la felicità da la felicità. Il successo da il successo. Nulla più. Chiarisco meglio con questo schemino:

La persona non consapevole: soffre → vuole smettere di soffrire → vuole essere felice → per farlo si da degli obiettivi → se non li raggiunge, è frustrato → se li raggiunge, dopo un po' capisce che manca qualcosa → ricomincia a soffire → si accontenta, oppure ricomincia il ciclo verso un altro obiettivo.

La persona consapevole: è felice → essendo la felicità uno stato interiore che non dipende dagli eventi esterni, sa che ogni cosa che succederà potrà essere comunque felice → si da degli obiettivi → se li raggiunge ne gode immensamente, e ha raggiunto felicità e successo → se non li raggiunge, è comunque felice.

Fino a qualche tempo fa, mi sfuggiva questo aspetto, e così stavo iniziando a ritirarmi nella mia torre d'avorio. Poi ho capito che la felicità non  dev'essere un limite, ma una spinta, una carica propulsiva per vivere ancora più attivamente. Ho capito che le emozioni non sono da rifuggire, ma anzi, proprio perché di base sei felice le puoi vivere più intensamente, perché ti fanno meno paura. Se l'ho capito, molto lo devo a questo forum, a quello che avete scritto tutti voi, e in particolare Termynator, i cui scritti hanno radicalmente segnato la mia vita. Almeno, e non scherzo, quanto il pensiero di un certo Siddharta Gautama (un tipo abbastanza famoso  ;)). Per questo, lo ringrazio ancora una volta.
Volendo esprimere il concetto in altro modo, direi che la felicità non è un punto di arrivo, ma un modo di compiere il percorso.
Per venire alla tua domanda specifica, se io fossi stato Willy avrei fatto esattamente quello che ha fatto lui: lottare. Ma se fossi stato Muccino, avrei cambiato il titolo del film.

Edward
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Acqua il 18 Maggio 2009, 18:56:43
Citazione di: Edward Bloom il 17 Maggio 2009, 14:58:49
Consapevolezza → Amore → Felicità.
Perfetto.

A costo di essere scomunicato e bruciato sul rogo, indico il passaggio che non mi quadra:
Citazione
Ma qual è questa realtà, che la persona addormentata non riesce a vedere? La verità è che tutto va bene. Il mondo va bene. Sei tu che non lo accetti. Sei tu che ragioni in termine di giusto o sbagliato. Sei tu che decidi, ovviamente inconsapevolmente, che per essere felice hai bisogno di questo e quell'altro. Sei tu che colori la realtà di sfumature. Ma la colpa è tua. La realtà è sempre quella. Sei tu che fai i capricci, e non vuoi accettare le cose come sono. Per questo soffri: la sofferenza (interiore) è semplicemente una difformità tra quello che ti aspetti, tra quello che ritieni giusto, e quello che è realmente. Niente più. Se vedessi le cose come stanno realmente, non conosceresti la sofferenza.
Ho già letto molto a riguardo di una consapevolezza di questo tipo, anche in altri 3d di questo stesso forum. Quello che non capisco è perchè dovrei accettare le cose come sono, e soprattutto perchè accettandole dovrei trovare un sentimento positivo di questo tipo.

In altre parole: "il mondo va bene"... ma va bene? Su che piano va bene? Com'è possibile che distaccandomi dall'ego e dal mondo io trovi la serenità?
Non potrei svegliarmi un giorno, ed esclamare: me ne stò sbattendo di tutto e tutti pur di stare in pace? Compreso me stesso?

Capisco la potenza del dire: "il mondo è questo", senza ulteriori commenti di sorta. Come se l'esistenza fosse contemplazione, al di là del giudizio. Forse vale veramente la pena di provare, lasciarsi andare.

Una vecchia ipotesi confermata ancora una volta: smetti di pensare, e sarai felice. Smettere di 'parlarsi', pratica presente in ogni forma di meditazione. Trattasi di azzittire il pensiero analitico; analizzare vuol dire fare a pezzi, ed è effettivamente impossibile avere una visione d'insieme delle cose facendole a pezzi. Quelle letterine d'alfabeto e numeri che ci inculcano nel cervello fin da bambini forse sono un modo per controllarci, per farci interiorizzare le regole di una società pacifica quanto alienante. Il linguaggio è uno strumento di convivenza, non di felicità. A questo sono arrivati una marea di intellettuali, oltre alle filosofie religiose di tutto il mondo. Evidentemente il pensiero è un'arma a doppio taglio.
Forse è questo il punto, che mi rimanda ad una citazione di cui non sò dare la fonte: "la vita o la vivi, o la rifletti".

Mi sa che stavolta faccio un tentativo serio, dato che sembra essere l'unica via possibile per la tranquillità. Sono stufo di pensare anche io, mi prendo una pausa.

Chiudo con Freud:
L'attività repressiva della civiltà fa sì che le possibilità di godimento primarie, che ora sono state ripudiate dalla censura che è in noi, vadano perdute.

Il logoro ma fiero,
Acqua

Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: lu il 18 Maggio 2009, 20:06:18
Citazione di: Edward Bloom il 18 Maggio 2009, 18:14:15
Passo alle domande di Lu.
Lu complimenti innazitutto perché hai centrato un punto importantissimo, quello del rapporto tra la felicità e i comportamenti esterni. Se non ho tralasciato o mal interpretato le tue domande, vertono tutte proprio su questo. Un nodo cruciale che ho compreso bene da poco tempo.
La felicità è uno stato interiore

Grazie! edward :) .

Sono pienamente daccordo con la spiegazione che mi hai dato e ti ringrazio io stavolta.

però volevo sapere di preciso 2 domande che ti avevo fatto.

Saresti stato daccordo se Willy si sarebbe accontentato di vivere la sua felicità interiore ( anche vagabodando ) scoprendo l'essenza della vera felicità  senza avere però successo?

se si..avresti trovato giusto che lui spiegasse a suo figlio il significato di questa sua scelta anche se a 6 anni è difficile da comprendere?

l'altra era questa: ad esempio se un ragazzo  ha una grave malattia fisica che gli provoca sofferenza e non lo fà vivere bene,
a questo punto non è una cosa creata dalla sua testa..ma è una cosa creata dal suo corpo...
come si deve comportare? la deve accettare per vivere meglio?


Il pensiero buddista come dovrebbe essere applicato qui?

Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Edward Bloom il 20 Maggio 2009, 22:33:12
Prima di tutto, grazie ragazzi perchè sta venendo fuori un bel confronto.
Poi, faccio una piccola premessa: non sono buddhista, nonostante faccia spesso riferimento a Buddha. Ho preso un po' da tutte le letture, esperienza, chiacchierate che ho fatto nella mia vita e sono arrivato a maturare le mie idee, che certamente prendono molto dal buddhismo, ma, rifacendomi al post di lu, non saprei dirvi "cosa farebbe un buddhista". Posso dirvi quello che farei io. Spero di centrare il nocciolo delle vostre domande (non è semplice trattare questi argomenti per iscritto),se non fosse così ditemelo che mi chiarisco meglio.

Acqua:
Non penso che un giorno potrai svegliarti e dire "me ne stò sbattendo di tutto e tutti pur di stare in pace", perchè a mio avviso è il contrario. Dico questo perché consapevolezza significa contatto con la realtà, se sei consapevole ti abitui a vedere la realtà, non ad allontanartene per stare in pace.
Torno sull'esempio dell'arancia: se ti mangi un'arancia di fretta, tra mille pensieri, neanche te ne accorgi. Se mentre lo fai ti impegni a gustartela, ti concentri sul sapore, realizzi che stai mangiando proprio quell'arancia, diversa da tutte le altre, che ha girato il mondo per essere li sul tuo tavolo, hai un livello di consapevolezza maggiore. L'apprezzi di più, mangiare quell'arancia diventa un momento importante della tua giornata.
Se conosci una persona nuova, puoi benissimo pensare "mi sta sul caxxo, è juventino". Gli appiccichi un'etichetta, e finisce la comprensione. Lo rimandi in una delle tue caselle preimpostate (figo-sfigato-st*onzo...), lo giudichi, e finisce la comprensione. Se invece riesci a vedere una persona per quello che è, oltre le maschere, senza giudizio, senza farti influenzare da età, aspetto fisico, provi pena per le sofferenze che inevitabilmente soffre, non te la prendi se non ti tratta come vorresti, non fai dipendere il giudizio che hai di lui da come ti tratta, hai un livello di consapevolezza maggiore. L'apprezzi di più, conoscere quella persona diventa un momento importante della tua giornata.
Se "esci e sargi una hb8", non è come se "esci e ti confronti con una bella ragazza".
Se curi la consapevolezza non crei una realtà distorta e artificiale in cui va tutto bene. Mi rendo conto che il confine con le st*onzate new age e con i frame pompati è sottile, ma è cruciale. Qui non crei una bolla in cui va tutto bene, ma capisci, ti rendi proprio conto che il modo che hai sempre avuto di vedere le cose è irreale, perché parziale e limitato. Capisci che il modo che hai sempre avuto di percepire il mondo non è molto attinente col reale.
Non c'è un atto di fede in questo, non c'è nulla che non sia perfettamente razionale e logico. Deve solo scattarti la scintilla che per un istante ti fa intuire quello che cerco di trasmetterti, da lì è tutto in discesa. A me è scattata leggendo un libro, "Messaggio per un'aquila che si crede un pollo", del già da me citato De Mello, un padre gesuita. Addiritura la Congregazione della Dottrina della Fede, nella persona di un ex-cardinale di nome Joseph Ratzinger, si è disturbata a dichiarare che le idee espresse in questo libro "possono causare gravi danni": io l'ho preso come un buon segno, e ho fatto bene.
Riguardo al discorso sul pensare, io non credo che si debba smettere di pensare. Certamente ci sono stati periodi in cui mi rendevo conto che "pensavo male", che i miei pensieri entravano in loop negativi (ad esempio, in caso di forti innamoramenti non corrisposti o, peggio, non dichiarati) che mi portavano solo a stare ancora più male. In quei periodi, cercavo di pensare il meno possibile, di dedicarmi ad attività pratiche, sport, disco e quant'altro.
Però io credo che sia proprio il pensiero e distinguere l'uomo dalla scimmia. Se non pensassi, forse vivrei davvero il presente, ma mi perderei troppe cose: pianificazione, bei ricordi, non potrei lavorare. Non è che si può sempre vivere nel presente.
Il discorso non è abolire il pensiero, ma imparare a gestirlo, a non prenderlo troppo sul serio, a non fidarsi solo di esso. E' un percorso graduale la consapevolezza, non è necessario diventare Buddha per essere felici, solo sviluppare un'attitudine per la realtà. Sforzarsi di vedere le cose come sono, senza pregiudizi, preconcetti, desideri. Così facendo, gran parte delle paure, delle sofferenze, e in genere delle emozioni negative svaniscono, perché ti renderai conto che esitono solo nella tua mente.

Lu:
Come precisato prima non essendo buddhista, mi limiterò a esprimere la mia personale opinione.
Riguardo alla tua prima domanda: io credo che raggiungere la felicità voglia dire "sistemare" la propria parte interiore. Ma esiste anche quella esteriore, quella materiale, quella animale. Noi uomini siamo così, un pò Dei un pò scimmie.
Venendo a Willy. Non sarei stato d'accordo, perché secondo me la felicità non dev'essere un limite, una scusa per crogiolarsi nel "tanto sono felice", ma dev'essere un modo di vivere la vita, un' attitudine generale. Inoltre, quando si ha un bambino di sei anni, amore vuol dire prendersi cura di lui, dare, non cercare la propria felicità. C'è un tempo per crescere interiormente, e uno per migliorare la propria vita esteriore. Sono due mondi ben scissi secondo me, quello interiore e quello esteriore. Questo perché rispondono a due ottiche opposte, Amore e Potere. E' ovvio che quindi le regole siano diverse. Prima, ad esempio, ho scritto dell'importanza di vedere le persone per quello che sono, non etichettandole. Così sviluppo accettazione e amore. Ma se sono sul lavoro, e questo non vede l'ora di schiacciarmi? Io schiaccio lui. E' la vita. Non lo odio, non me la prendo molto se vuole fottermi, ma agisco. Non è facile coordinare amore e potere, ma essere Uomini vuol dire riuscirci a mio avviso.
Consapevolezza all'interno, Potenza all'esterno. Amore nella vita privata, Forza in quella "pubblica". E' questo il punto di equilibrio cui tendo, perché credo sia il migliore almeno per me, di certo il migliore che ho trovato sino ad oggi.
Sulla seconda domanda: la consapevolezza si applica sempre. Chiaramente, è più semplice essere consapevoli su uno yacht in Costa Smeralda che non a letto gravemente malati. Ma il principio è lo stesso. Per eliminare la sofferenza bisogna rendersi conto che si può essere felici incondizionatamente. La felicità non dipende dall'ambiente esterno, ma da uno stato mentale di consapevolezza e amore che si può raggiungere comunque.

Edward
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: lu il 21 Maggio 2009, 13:25:52
Ok ora è tutto chiaro :)
Grazie delle risposte Edward
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: TermYnator il 21 Maggio 2009, 19:42:54
Citazione di: Edward Bloom il 18 Maggio 2009, 18:14:15
Fino a qualche tempo fa, mi sfuggiva questo aspetto, e così stavo iniziando a ritirarmi nella mia torre d'avorio. Poi ho capito che la felicità non  dev'essere un limite, ma una spinta, una carica propulsiva per vivere ancora più attivamente. Ho capito che le emozioni non sono da rifuggire, ma anzi, proprio perché di base sei felice le puoi vivere più intensamente, perché ti fanno meno paura. Se l'ho capito, molto lo devo a questo forum, a quello che avete scritto tutti voi, e in particolare Termynator, i cui scritti hanno radicalmente segnato la mia vita. Almeno, e non scherzo, quanto il pensiero di un certo Siddharta Gautama (un tipo abbastanza famoso  ;)). Per questo, lo ringrazio ancora una volta.

Sono onorato dal fatto che una persona che scrive post di questo spessore, citi i miei scritti fra le cose che ha letto.
+ :up:

Il Best Off mi sembra scontato... :)

TermYnator
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: lepre il 03 Giugno 2009, 22:59:59
come mai non è ancora in best of? susù che me lo stavo perdendo questo thread.
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Acqua il 04 Giugno 2009, 11:02:28
Best of anche per me
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Micione il 04 Giugno 2009, 14:39:08
Vediamo se ho capito...


Chi cerca la felicità, in molti casi, è come chi cerca l'oro, cioé uno che cerca oggetti (o sensazioni) al di fuori di se, in pratica deputa la sua felicità all'ottenimento di beni materiali o sensoriali (quelli che vanno in disco, si caricano di alcool e\o droga e poi si piazzano davanti alle casse ad agitarsi pensando di divertirsi).

In realtà, noi abbiamo già quello che ci servirebbe per essere felici, ma non lo vediamo, in quanto la felicità è uno stato d'animo, che non deriva dall'ottenimento di beni, ma dal proprio vivere, se deriva dai beni posseduti, dura poco o nulla, ecco quindi spiegato lo shopping compulsivo.
In pratica c'è gente che compra perché l'acquisto, cioé l'entrare in possesso di un bene materiale, gli genera benessere, ma poi questo svanisce in fretta, lasciando un vuoto che sarà colmato allo stesso modo.
Mentre chi è felice davvero, è se mi permettete di citare uno che non ricordo, mi pare Baden Powell, colui al quale basta se stesso.
Cioé: ho abbastanza soldi per arrivare a fine mese, e magari mi avanza pure qualche cosa; ho una casa adatta alle mie esigenze, non è più piccola del necessario; ho una macchina che fa per me, la mantengo con uno sforzo sostenibile, mi porta dove serve senza partticolari problemi.
Questo ha dei "presupposti" per la felicità, come sopra, ma aggiunge altro.
Ho amici, conosco un sacco di gente, frequento gente divertente, posso interagire con loro in maniera positiva, non ho con loro attriti se non marginali ecc.

Vediamo che, alla fine, se anche il tizio avesse una macchina un po sfatta, una casa un po più piccola di quel che serve e quasi meno soldi del necessario, avrebbe comunque rapporti interpersonali buoni, anche se dovrebbe curarli meno, per sopperire a delle mancanze.
Questo per me, si chiama serenità, cioé io sono sereno, interagisco volentieri, conosco tanta gente e ne conosco ulteriore, ecco i presupposti per la felicità, avere molteplici interessi, saper godere anche delle piccole cose, scoparsi una bh6 come fosse una bh11+... credo che sia li, un senso della felicità.

Per concludere, credo che la "ricerca della felicità" non sia come la ricerca dell'oro, ma come una ricerca dentro se stessi.
Alcuni si chiedono, perché c'è gente che rischia il collo per arrampicarsi in cima ad una montagna, per tornare giù a mani vuote, e pure sfinita?
"spesso, più della destinazione, conta il viaggio"

spero di non averne sparate troppe... :D
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Sting il 04 Giugno 2009, 15:06:31
Citazione di: sfigatto il 04 Giugno 2009, 14:39:08
Per concludere, credo che la "ricerca della felicità" non sia come la ricerca dell'oro, ma come una ricerca dentro se stessi.

La ricerca dentro se stessi e' paragonabile a un viaggio ed e' bellissimo.
E' una delle cose piu' eccitanti che abbia mai provato.

Quando scavi dentro di te e capisci come sei fatto davvero, arrivi al NUCLEO.
Per me e' come nuotare in profondita', scendere negli abissi fino a toccare il fondale marino.
A quel punto risali verso la superficie con una padronanza di te stesso mai avuta prima.

Alcuni si chiedono, perché c'è gente che rischia il collo per arrampicarsi in cima ad una montagna, per tornare giù a mani vuote, e pure sfinita?
[/quote]

Forse perche' pensano che salendo sopra qualcosa vedono tutto meglio e si sentono piu' sereni.
Nella scalata di una montagna ci vedo una specie di metafora della vita.
Cercare la felicita' salendo sopra qualcosa porta a essere perennemente proiettati in avanti.
Con questa visione ci sara' sempre qualcosa di piu' grande di noi...e quindi volere sempre di piu' porta all'infelicita'.

Secondo me la felicita' si puo' avere SCENDENDO (non salendo) perche' (come si dice spesso) , solo quando tocchi il fondo puoi risalire.
Spesso le nostre piu' grandi vittorie le abbiamo ottenute in seguito a un periodo di sofferenza, dove magari abbiamo toccato il fondo, mettendo in luce il nostro lato peggiore e quindi esplorando e scoprendo un lato estremo di noi stessi.

Citazione di: sfigatto il 04 Giugno 2009, 14:39:08
"spesso, più della destinazione, conta il viaggio"

Sono d'accordo.
In fondo il bello della vita di ognuno sono le cose che gli capitano :)

Citazione di: sfigatto il 04 Giugno 2009, 14:39:08
spero di non averne sparate troppe... :D

Non credo.
Hai espresso degli ottimi pensieri ! ;)
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Micione il 04 Giugno 2009, 15:16:35
evvai... :D
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: lepre il 04 Giugno 2009, 20:46:50
Ieri sera, mentre pensavo a degli opener per gardaland ::), mi è tornato in mente questo thread e mi è venuto un dubbio sul discorso dell'amare una persona per quello che è realmente.
Mettiamo che c'è una ragazza che ci piace, lei non fa niente a riguardo, uno la ama per quello che vede e basta. Ok è felice. Se però ci fossero degli eventi che ti farebbero pensare, diciamo intuire, che ci sia qualcosa di più di quel che vedi. Allora che si fa? Si ignora l'intuizione? E se non la si ignora, non ci basiamo sulla realtà e siamo quindi infelici? Mi sembra un'occasione persa, no?
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: SunBeam il 05 Giugno 2009, 12:50:59
Signori apro la votazione per il Best of. Vedo solo oggi e con molto ritardo questa discussione. Essendo praticamente l'unico che si occupa davvero della gestione del sito, vi prego in futuro se mi vedete ignorare alcune discussioni votate per il Best of, di segnalarmele via PM dato che, come da regolamento, con 3 candidature si apre la votazione.
Rimane valida la proposta generale di collaborazione che trovate qui: http://seduzioneitaliana.com/collabora-con-noi/
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: Edward Bloom il 13 Giugno 2009, 20:48:14
Citazione di: lepre il 04 Giugno 2009, 20:46:50
Ieri sera, mentre pensavo a degli opener per gardaland ::), mi è tornato in mente questo thread e mi è venuto un dubbio sul discorso dell'amare una persona per quello che è realmente.
Mettiamo che c'è una ragazza che ci piace, lei non fa niente a riguardo, uno la ama per quello che vede e basta. Ok è felice. Se però ci fossero degli eventi che ti farebbero pensare, diciamo intuire, che ci sia qualcosa di più di quel che vedi. Allora che si fa? Si ignora l'intuizione? E se non la si ignora, non ci basiamo sulla realtà e siamo quindi infelici? Mi sembra un'occasione persa, no?
Scusa Lepre, mi era sfuggita questa tua domanda!
Anche se ammetto di non essere sicuro di aver capito bene cosa chiedi  ;)
Puoi chiarire meglio per cortesia?

Edward
Titolo: Re: Felicità e rimorchio
Inserito da: The Legend il 28 Ottobre 2009, 11:04:18
Secondo me Lepre, premesso che bisognerebbe seguire l'istinto, è un bilanciamento fra quello che pensi di lei e ciò che in effetti senti:
a mio avviso bisognerebbe provare, anche perchè concordo con chi dice meglio un rimorso che un rimpianto.

Detto questo, questo post è per me uno dei più belli e VERI del forum, e naturalmente best off + +1. :up:

Al di là di quello che avete detto voi, che è correttissimo, vorrei puntare l'attenzione anche sull'equilibrio: l'equilibrio della vita,
che riguarda tutti gli aspetti, in ogni direzione e aspetto (dalla sessualità al lavoro, dal rapporto con gli altri all'educazione dei figli),
che nasce anche da una profonda conoscenza di se, e da un rispetto prima verso se e quindi gli altri.
La felicità ha quindi molteplici aspetti, conoscenza, equilibrio, interiorità (intesa come autocentrismo), tutti importanti e soprattutto generali: come dice il buon TermY, il vero Seduttore è un Vero Uomo, non la canaglia di strada, non quello che ha successo e/o soldi per fortuna o perchè è semplicemente bravo in qualche materia, è l'Uomo che si esalta, in un contesto di equilibrio generale.

Ed è forse quello che si raggiunge con l'andare degli anni, e imparando da tutto e da tutti, vedendo ogni giorno come pieno di novità e di cose da imparare, senza considerare quella parte di noi che ci vuole "negativi", diretta conseguenza che la mappa non è il territorio.