Kurghan's Story III 11) Il dito di Kurghan.

Aperto da TermYnator, 19 Giugno 2024, 22:40:19

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TermYnator

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In quasi un secolo e tre quarti, Kurghan aveva accumulato una immensa fortuna. Ciò lo rendeva libero dall'occuparsi di mansioni quotidiane irrinunciabili e dedicava il suo tempo a cose apparentemente inutili che gli davano piacere.  In realtà, quelle cose erano il modo con cui Kurghan aveva imparato a comprendere il mondo.
Ad esempio, una  delle cose che Kurghan amava di più fare per passare il tempo, era il rapporto con la materia.
Kurghan aveva un particolare rapporto con i materiali. Innanzitutto ci parlava. Ad esempio, se Kurghan vedeva un pezzo di legno, non vedeva il pezzo di legno ma quello che esso poteva contenere. IL suo interesse non era quindi per il pezzo di legno, ma per il modo tramite il quale avrebbe potuto estrarre ciò che lui ci vedeva dentro. Tale michelangiolesco modo di vedere le cose non valeva solo per gli oggetti inanimati, ma anche per le persone. Talvolta gli erano capitati degli allievi che erano dei cavalli da corsa vestiti da brocchi.
Ma lui aveva sempre visto la parte migliore di queste persone dietro a quel coltrone di convinzioni limitanti, e si era sempre adoperato per tirarla fuori. Non aveva mai dato un nome a quest'impronta da salvare, questa sorta di anima. L'unica differenza fra il tirar fuori la cassa di una Les Paul da una tavola di mogano rispetto al tirar fuori un fuoriclasse da un morto di seghe, erano gli strumenti che poteva usare. E Kurghan disponeva di una serie di tecniche vasta almeno quanto la sua sconfinata officina.
Talvolta faceva dei paragoni fra le due modalità di lavoro. Ad esempio, uno scalpello pressato su una tavola di legno, è come una domanda caustica fatta ad un allievo. Se si preme troppo lo scalpello sul legno, si incunea e strappa il truciolo. Così una domanda troppo penetrante fa si che l'allievo rischi di rinchiudersi in se stesso o si impermalisca impedendo di continuare. E' un pezzo rovinato.
Se invece si preme poco l'utensile, non scalfisce neanche la superficie del pezzo. Così, comportarsi in modo troppo ossequioso con gli allievi, non produce nessun risultato ai fini pratici.
Come il legno, anche gli allievi hanno un verso. Vanno saputi prendere per quel verso, altrimenti si ribellano.
Altri allievi sono come il metallo con gli acidi leggeri. Reagiscono, ma con il tempo. Li per li, sembra che la soluzione di parole con la quale li bagni non gli faccia nulla. MA piano piano vedi che iniziano ad interrogarsi, e prima o poi ti fanno la domanda che ti fa capire che hanno raggiunto un nuovo livello di consapevolezza. Ci sono poi allievi fatti di legni leggeri, come la balsa. Si fanno cose fantastiche con loro. E si riesce a farle con estrema facilità. Ma non sono resistenti: alla minima sollecitazione, vanno in mille pezzi. Alcuni allievi infatti, fanno di tutto per compiacerti. Arrivano spesso a fingere di aver capito cose che in realtà non riescono minimamente a dominare. Questo tipo di allievo, è capaci di riuscire a camminare su una corda tesa senza mai averlo fatto prima per compiacerti. MA quando si ritroverà da solo, non riuscirà neanche più ad infilarsi le scarpe. Questi sono i narcisisti. Quelli fragili. Poi ce ne sono di altri infiniti tipi, come le materie che compongono il cosmo.
A quell'ora di quel preciso giorno, Kurghan stava facendo un gigantesco buco in un trave di acciaio sul quale appendere delle luci multicolori. Kurghan infatti adorava ballare mentre si muoveva per casa, e talvolta si divertiva a fare passi strani. Quando faceva questo, andava in una stanza dove aveva montato luci da spettacolo al piano di sotto. In quei giorni, però, aveva aveva deciso di adibire a studio e sala da ballo un secondo locale al piano di sopra e lo stava allestendo.
I trapani sono strani attrezzi. Talvolta docili, talvolta traditori. La punta da 18 millimetri si bloccò di colpo, portando il trapano a girare violentemente su se stesso. Kurghan era forte e resse talmente bene il colpo, che la maniglia di guida del trapano si spezzò rimanendogli in mano, mentre l'impugnatura gli torse violentemente il polso iniziando a mulinellare vorticosamente.
Il colpo fu violentissimo e Kurghan imprecò con veemenza mentre si allontanava dall'improbabile quanto pericolosa trottola. Il trapano continuò a girare finchè non arrotolò su di se tutto il filo, staccando la spina. Tornò il silenzio e Kurghan iniziò a contare le ferite. Tutto era a posto, tranne l'anulare di Kurghan che iniziò a gonfiarsi, per poi diventare scuro e dolorante. Impossibile continuare il lavoro. Kurghan quindi si dilettò in altre cose, come il farsi la cena. Poi bevve due gin lemon e si sentì ispirato per andare al pianoforte. Ma qualcosa non andava.
L'anulare non faceva il suo dovere, le scale erano senza pioli, gli accordi senza colori. Kurghan guardò il suo dito e pensò:
"Mi sono fatto male facendo un lavoro, ed ora non riesco a farne altri. Il dito che azionava il trapano in un'azione che qualsiasi altro dito poteva fare, ora non può fare l'azione che potrebbe fare. Eppure è il mio cervello che aziona il dito, quindi non è il dito che suona ma il mio cervello."
Kuyrghan guardò il trapano che aveva ancora il filo arrotolato: ebbe un brivido di paura: poteva spezzargli tutte le dita.
"Da oggi avrò paura di utilizzare il trapano che ho sempre usato?" disse alla trave d'acciaio...
Kurghan ebbe una intuizione.
"E' chiaro che nella vita noi siamo come delle mani che compiono molti compiti fra loro diversi. Se in uno di questi compiti riportiamo una ferita, anche se pensiamo di poter fare altro, spesso non ci riusciamo. Perchè tutto ciò che razionalmente pensiamo di fare, di fatto passa per una sorta di dita invisibili attraverso le quali interagiamo con il mondo, che non riusciamo più a muovere come vorremmo. Queste dita sono l'inconscio: se lo feriamo, rimarrà ferito. E se non capiamo esattamente come guarire, ci ritroveremo improvvisamente a non riuscire più a fare cose che sapevamo fare perfettamente".
Divenne quindi chiaro a Kurghan che quando estraeva da un morto di seghe un fuoriclasse, non faceva che sistemare le dita rotte dell'inconscio di quella persona. Talvolta in modo semplice, ovvero rimuovendo le false teorie che l'allievo aveva creato per non ritrovarsi in una situazione di pericolo, altre volte facendo capire alle persone che le loro paure erano infondate, altre ancora mostrando a quelle persone di quali strabilianti qualità esse fossero munite pur essendone incoscienti.
Kurghan a questo punto ebbe una seconda intuizione e capì che con la Principessa Shupini si era rotto almeno 5 dita dell'inconscio. Per questo non riusciva più a fare una cosa che insegnava da anni come il relazionarsi con le donne. Per guarire, Kurghan doveva riparare la sua mano dell'inconscio più che salvare i maschi dalle donne. Poi, tutto sarebbe tornato come è giusto che sia. E non c'era più tempo da perdere.

Segue...
Ultima modifica: 21 Giugno 2024, 01:00:08 di TermYnator
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RuggY

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Grande verità e metafora splendida e brillante. Il dito fa ancora male?  :3
"A volte il guerriero della luce ha l'impressione di vivere due vite nello stesso tempo. 'C'è un ponte che collega quello che faccio con ciò che mi piacerebbe fare', pensa. A poco a poco, i suoi sogni cominciano a impadronirsi della vita di tutti i giorni, finché egli avverte di essere pronto per ciò che ha sempre desiderato. Allora basta un pizzico di audacia, e le due vite si trasformano in una."