Questa serie di articoli costituisce una sorta di novella a puntate sulla seduzione. A differenza di TermYdelirio e TermYpensiero, Kurghan's Story è meno impegnativo ed in qualche modo vuole anche essere un esempio di come si possa, con uno stile leggero e frizzante, estraneare l'interlocutore. Il contesto è onirico ed i personaggi, sebbene di fantasia, sono largamente ispirati a persone reali tratti dalla mia storia. I fatti sono stati elaborati per poter rappresentare un concetto o una regola che ritengo importante, nel perfetto stile delle allegorie. Kurghan Story è una lettura leggera, non impegnativa che si pone come ambizioso fine quello di trasmettere al lettore concetti che suscitino interrogativi sul se in ambito relazionale. Il primo episodio non si chiamava Kurghan's Story, bensì Urian's story. Tuttavia l'assonanza del nome con una persona esistente, mi portò a cambiare nome del protagonista. Buona lettura.
TermYnator.
Un ringraziamento particolare a Whiteout per le correzioni al testo originale.
Tutti i diritti di copia e riproduzione anche parziale sono riservati.
© TermYnator 2009
1 Le origini 11 ottobre 2010
La nascita di Kurghan
"Salve, mi chiamo Kurghan (bel nome neh?) e sono appena nato. La prima cosa che ho fatto nascendo, è stato guardarmi in mezzo alle gambe. Subito dopo ho lodato Iddio: non c'era la topa.
Da dentro la pancia, sentivo continuamente mio padre sperare che io fossi maschio, e mi sarebbe dispiaciuto dargli un dispiacere. Ora però, voglio dargli piena soddisfazione e comportarmi da vero maschio.
Ma come si fa? Lui a casa non c'è quasi mai, quando c'è è occupato, e quando non è occupato dorme.
Due volte l'ho visto interagire con altri maschi, che mi sembravano più maschi. Mi serve un altro riferimento, un libro, insomma qualcosa per imparare a fare come si deve."
Queste sono le cose che mi disse Kurghan poche ore dopo la sua nascita. Ci si potrebbe stupire di ciò, ma Kurghan è stato un caso scientifico senza paragoni: è in assoluto l'uomo più superdotato della terra. In tutto.
La ricerca di Kurghan
Kurghan, a soli tre giorni (era un po' superdotato), si infilò in biblioteca, e nonostante i suoi 45 centimetri di altezza, si mise a studiare una gigantesca pila di libri sul comportamento animale.
"caxxo però: fighi sti maschi in natura. Fanno come gli pare, sono muscolosi, forti, impongono la loro volontà sugli altri. Voglio essere così."
Kurghan uscì dalla biblioteca, e si iscrisse in palestra. Il latte non gli bastava, e lo corresse con un po' di danabol per crescere più in fretta. Kurghan si rese presto conto, che sui libri si parlava solo del maschio vincente, non di tutti gli altri. E si rese pure conto che per essere il più figo ed avere tante femine, devi prima aver allontanato tutti gli altri maschi. Ma per farlo, ti devi misurare con loro in singolar tenzone. Fu così, che Kurghan, a soli 4 giorni, diventò l'uomo più competitivo del mondo. Ma Kurghan, aveva solo 4 giorni, ed era alto 46 centimetri.
La pubertà di Kurghan
Kurghan cresceva in fretta (colpa del danabol), e le sue capacità intellettuali erano stupefacenti: pensate che in un solo mese, si laureò in ingegneria. Il mese dopo in matematica, ed il successivo in fisica. A tre anni, aveva 23 lauree, sapeva suonare 8 strumenti musicali e parlava 6 lingue. Ma era alto 70 centimetri.
Kurghan divenne pubero a 3 anni 8 secondi e due decimi.
Con tutto quello che aveva letto, Kurghan pensò subito di conquistare molteplici donne. Ma non sapeva che dirgli.
Cominciò quindi a comportarsi come faceva con i maschi: competendo.
Andava da loro e sfoggiava la sua spaventosa cultura sperando di impressionarle. Le donne, non riuscivano a capire questo suo comportamento, e lo consideravano un po' strano. Il suo continuo tentare di impressionare cominciò a dar fastidio ai più, che stufi persero i freni che li inibivano dal prenderlo in giro per la sua fisicità.
Per Kurghan, cominciò un brutto periodo.
Segue...
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2 L'incontro 12 ottobre 2010
Pico Nano
Il nomignolo che avevano affibbiato a Kurghan i suoi simili sulla terra era Pico Nano: uno spaventoso doppio senso costruito su due termini greci che indicano cose piccole, il nome del sapiente Pico della Mirandola, ed il volgare italico "nano".
Il contrasto con il suo nome sinonimo di forza e coraggio, era devastante.
Kurghan-Pico-Nano per evitare lo scherno si isolò dal mondo, e cominciò a trascurarsi: considerava l'universo popolato da uomini che non potevano capirlo, e da donne che non capivano comunque.
Kurghan Pico Nano, perso nella sua ricerca di un modello di maschio, cominciò così a vagare solo per il mondo.
Era alto 71 centimetri.
L'incontro con il Maestro
Un giorno, Kurghan Pico Nano, girando solitario per l'Himajala (nota catena montuosa della Maremma) incontrò uno strano signore, che viveva in una caverna nella cima di una montagna. Il vecchio era seduto in posizione del loto su un pezzo di parquet montato su una ripida vetta. Talmente ripida da sembrare una gigantesca stallattite puntata verso il cielo.
Il vecchio immobile, imperscrutabilmente osservava l'orizzonte cristallino, come a vedere la sua coscienza persa nelle leonardesche brume delle colline circostanti.
Improvvisamente, il vecchio emise un grido: "Topa!" Scese frettolosamente dalla vetta dimostrando un'agilità insospettabile per la sua età, e si diresse di corsa verso la stazione della funivia.
Con l'ultima corsa, era scesa una ragazza meravigliosa, ed il vecchio se ne era subito invaghito. La rimorchiò, e se la portò in caverna.
Kurghan Pico Nano rimase strabiliato dall'evento. Fu così, che decise di diventare discepolo del vecchio.
Il patto
"Maestro"! - disse Kurghan Pico Nano - "Io so quasi tutto, ed ho meno di 5 anni. Ma c'è una cosa che ancora non ho capito: cosa fa un maschio? Cosa hai fatto tu, per conquistare quella ragazza? Io voglio imparare e diventare come te."
"Ascolta" - rispose il Maestro - "Il maschio è tale perchè esiste la femina. Così come la luce ti consente di vegliare e le tenebre ti consentono di dormire, i maschi e le femine costituiscono l'insieme che fa andare avanti il mondo. ognuno dei due generi è indispensabile all'altro, nonostante fra parisesso ci siano delle affinità elettive. Guarda il mio gatto: va d'accordo con il cane, condividono la cuccia e li porto a spasso assieme.
Ma quando il cane sta con i cani, ama ululare in branco, mentre il gatto ama rincorrere i suoi amici sugli alberi.
Il gatto non potrà mai ululare, così come il cane non potrà mai correre sui rami. Il cane scaccia gli intrusi, ed il gatto mi difende dai topi. Questa casa è sicura e sana perchè ci sono un cane ed un gatto. Se così non fosse, mancherebbe qualcosa. Tu, come maschio, devi trovare il tuo ruolo nel mondo, così come cane e gatto fanno nella mia casa. Ecco cosa dovrai fare."
Segue...
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3 la rivelazione 13 ottobre 2010
Le tavole del maschio
L'anziano Maestro, si diresse verso un vecchio armadio, e ne tirò fuori un libro polveroso. Sulla copertina in pelle di amog, c'erano solo due lettere maiuscole. "TM".
Il vecchio, dopo aver lungamente cercato la distanza per leggere, disse a voce alta:
"Un maschio sta alla natura come un bicchiere sta alla pioggia nelle mani di un assetato nel deserto.
La pioggia è femina, ed il bicchiere è maschio. Il maschio offre supporto alla femina, e costei disseta.
L'uno senza l'altra sono inutili: la pioggia verrebbe assorbita dalla sabbia, o il bicchiere rimarrebbe vuoto, ed il viandante morirebbe." Kurghan Pico Nano non era d'accordo: "Maestro, ma così mi metto al servizio della femmina: mi inzerbino!"
M:"Femina si dice. Omosessuale!" tuonò il maestro apostrofando Kurghan. "Ora, vieni qui!"
Kurghan si avvicinò intimorito.
M:"Perchè hai paura di me, Kurghan?"
K:"Perchè tu sei il maestro, sei forte e sei alto. E non so cosa vuoi farmi fare..."
M:"Quindi tu non sei come me?"
K:"No, non sono come te.."
M:"E pensi che io possa volerti fare cose che metterebbero a rischio la tua vita?".
K:"NO...Cioè, non lo so."
In quel momento, davanti alla caverna passava un bimbo normale di circa 5 anni, come Kurghan.
M:"Vedi quel bimbo? Vai da lui e chiedigli se ha trovato una margherita."
Kurghan, ben lieto di sfuggire a quella situazione imbarazzante si avviò verso io bimbo e compì la sua missione.
K:"Ecco, ho fatto: non ha trovato margherite, ma solo papaveri."
M:"Come ti senti ora?"
K:"Bene, perchè?"
M:"Perchè prima avevi paura, ed ora non ne hai più."
K:"Vero..."
M:"E cosa è cambiato rispetto a prima?"
K:"..."
M:"Ogni volta che vedi qualcosa di diverso da te, sei portato a dimostrare te stesso per affermare la tua natura. Finchè non percepisci la differenza ti comporti normalmente, sei a tuo agio e sei tranquillo: come con il bimbo dei papaveri. Ma quando percepisci una grande differenza, la tua mente comincia ad annaspare cercando un modo per dimostrarti all'altezza. Non conoscendo i miei pensieri, e le mie capacità, questo tuo sforzo ti crea ansia, perchè non sai cosa fare. Con le donne, che solo apparentemente sono diverse da te, fai la stessa cosa. Quando sei con altri uomini, le schernisci per farti forza, ma provi ansia nell'avvicinarti a loro quando devi conquistarle. Per vincere la tua paura, non devi più vederle come elemento di competizione, ne tantomeno di misura. Finchè ragionerai in questo modo, ogni volta che ti avvicinerai a loro, ti verrà l'ansia come di fronte ad un esaminatore. Devi sentirle come te, con esigenze simili alle tue. La prima cosa che farai, sarà quindi vivere con una femina per capirne le esigenze."
Kurghan non capiva bene il senso di quella frase, non c'erano femine nella caverna, e non voleva tornare a vagare per il mondo: era sopraggiunto l'inverno, e fuori faceva freddo.
K:"Quindi che devo fare?"
M:"Dormirai con Dolly."
K:"CON LA PECORA?"
M:"E'l'unica femina costantemente presente nella caverna. Eppoi, ti scalderà."
La convivenza con Dolly
Dormire con Dolly non era poi così male: era morbida e di notte scaldava come lo scaldasonno imetec. Non russava come il maestro, ed era piuttosto affettuosa. Cadde la pioggia che poi diventò neve. Le montagne cambiarono colore, e tutte le mattine Kurghan osservava l'orizzonte, disegnando con la mente grandi macchie di colore su quell'enorme foglio di carta ondulato che era il panorama.
Tutti i giorni, Kurghan portava Dolly al pascolo. Ma una mattina, vide una cosa nuova: uno strano uccello con la coda a due punte, volando lasciava dietro di se una scia di disgelo. E la montagna, lentamente, cominciò a cambiar colore, dipingendosi di verde.
Si presentò un becco (caprone ndr). Dolly era un po' agitata alla vista del becco, che si avvicinava minaccioso e con la testa bassa. Kurghan si nascose, ed assistette ad una scena di tremenda crudezza: il becco mondò la pecora con selvaggia violenza, scalciando e sbuffando.
Finito il suo compito, mollò una zampata nelle natiche di Dolly, e se ne andò.
"Minchia che maschio..." Pensò Kurghan. Poi, vedendo dolly piangere, si rese conto che quell'animale odioso le aveva fatto del male. Prese a carezzare la pecora, e la riportò nella caverna.
Kurghan si sentiva in colpa: non aveva fatto nulla per proteggere Dolly. Temendo che la cosa potesse riprodursi, si mise a pensare a cosa avrebbe potuto fare per difenderla se l'evento si fosse ripetuto. Tornò sul luogo del misfatto, e trovò in terra un bastone tanto duro quanto nodoso. Pensò di usarlo come arma, nel caso il becco fosse tornato. Due settimane dopo al pascolo, il becco si rifece vivo. Dolly cominciò a tremare. Kurghan vedendola, sentì tutta la rabbia che i suoi sensi di colpa avevano alimentato, e si scagliò contro il becco. Alla terza bastonata, il becco capì che era meglio non insistere, e ripiegò seguito dal bastone che Kurghan gli lanciò. Dopo poche ore, il becco si rifece vivo: ma la sola vista di Kurghan lo mise in figa. Kurghan era raggiante.
Il pranzo
Tornarono nella caverna per pranzo. E tutti gli abitanti si misero a tavola. La tavola era una gigantesca scapola di brontosauro, che il Maestro aveva trovato in una delle sue passeggiate. Ai due capotavola erano gli esseri umani. Fra loro, Dolly, il cane, e dal lato opposto il gatto.
K:"Ciao Maestro!"
M:"Buongiorno Kurghan. Ti vedo raggiante, cosa vuoi dirmi?"
Kurghan raccontò la storia della sua giornata, e la sua battaglia con il becco. Era fiero del suo bastone, e di come esso gli avesse consentito una facile vittoria.
M:"Bravo Kurghan, ti sei comportato da uomo. Ma c'è una cosa che non hai visto. Il becco è venuto 3 volte, ma il bastone è sempre stato sul prato del pascolo. La prima volta era a terra, la seconda era nelle tue mani, la terza era di nuovo in terra. Il bastone è stato solo un pretesto per farti sentire più sicuro, ma ciò che ha messo in fuga il becco, non è stato il bastone quanto la tua determinazione. Da oggi in poi, ricordare la tua vittoria ti farà sentire più forte, come se nelle mani tu avessi sempre un bastone.
Oggi hai capito 4 cose.
La prima, è il valore dell'esperienza: Hai pensato per cercare una soluzione, l'hai sperimentata, ed hai scoperto che una volta conosciuto l'ignoto, non ne hai più paura. La seconda è che la forza di un uomo si può costruire.
La terza, è che è nel rapporto con il diverso che emerge la nostra reale natura. E per questa sete di conoscenza e per l'istinto di cercare sempre un termine di paragone per conoscerci, siamo attratti dal diverso ma nel contempo ne siamo impauriti, così come tu sei attratto da me, ma spesso mi temi.
La quarta, è che è dal rapporto con una femina che nasce l'autocoscienza di un uomo: se non ci fosse stata la dolce Dolly, non avresti mai saputo di essere coraggioso.
Le donne, sono lo specchio della nostra anima, e per questo sono bellissime."
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4 Il dubbio 14 ottobre 2010
Il bicchiere a tre facce
Un giorno, il Maestro si alzò di molto ispirato. Si sedette a capotavola della scapola di brontosauro, si versò del latte, e disse osservando il bicchiere:
"Vedi questo bicchiere Kurghan? Se lo si usa nel giusto verso, il bicchiere si lascerà usare per bere, offrendo rigidità all'impalpabilità del latte. Se lo si usa male e lo si rovescia, potrai versarci sopra tutto il latte del mondo, ma il bicchiere non ne conterrà che una goccia: quella che ospita il sotto del fondello. Se non si riesce ad usarlo e per rabbia lo si batte, il cristallo si romperà e taglierà le mani di chi lo maltratta.
Un bicchiere è come un maschio nelle mani di una donna. Se la donna si relaziona bene, egli la soddisfa e la vezzeggia lasciandola fare. Se la donna lo tratta in modo inadeguato, l'unica goccia di latte che egli conterrà, sarà pari alla sua volontà di non allontanare completamente la donna. Il minimo sostegno che darà, ovvero quella singola goccia, si chiama educazione. Ma se la donna tenterà di ferirlo, il maschio reagirà, e con eleganza punirà la donna, facendo si che la essa non ripeta l'errore che ha fatto.
Tutto ciò, si chiama fermezza, ed è la prima regola che un maschio deve osservare al cospetto di una femina."
K:"Uhm... Però, c'è sempre un aspetto servile... Io non accetto di essere usato.
Quale è la terza faccia del bicchiere, Maestro?"
M:"La terza faccia è quella che stai mostrando ora: la ricerca di una via d'uscita perchè temi di non riuscire ad essere un bicchiere utile, ma non accetti di essere un bicchiere rovesciato. Stai su un fianco, e finchè non ti decidi ad assumere posizione, rotolerai in eterno rimanendo di nessuna utilità."
K:"Quindi, non c'è scelta: o nero o bianco!"
M:"Non è vero. La terza scelta c'è sempre, ma ha come unica utilità il non far mai nulla: se sai cosa vuoi essere, per esserlo devi realizzare ciò che vuoi. Ma finchè non applichi, rimani a rotolare di qua e di la su per un tavolo."
Kurghan non era molto convinto. O meglio, non accettava il fatto che non ci fosse una scelta che gli consentisse di raggiungere ciò che voleva, senza modificare nulla. Egli era fermamente convinto che il solo fatto di essere sulla terra, dovesse in qualche modo conferirgli dei diritti.
E fra questi, c'era quello di riuscire con le donne.
La mutazione
Kurghan cominciò a pensare che stava perdendo tempo. In 5 anni, era diventato l'uomo più colto e sapiente della terra, mentre in tre mesi dal Maestro, aveva imparato solo 4 cose. Prese ad aver sfiducia nel Maestro, e a non fare più ciò che egli gli diceva. Non riteneva utile stare per giorni a far cose non inerenti la seduzione e l'essere maschio: perchè quello era ciò che lui voleva sapere.
Una sera, il Maestro tornando nella caverna, trovò Kurghan che dormiva.
M:"Kurghan, hai portato al pascolo Dolly?"
K:"No, non ho più voglia di farlo: è una perdita di tempo"
M: "Se tu non fossi andato al pascolo, non avresti scoperto il coraggio."
K: "Non c'era bisogno di andare tre mesi al pascolo per capire cosa era il coraggio: avresti potuto spiegarmelo direttamente. Così avrei imparato un sacco di altre cose. Invece..."
M: "Quindi tu sei convinto che basti spiegare per far si che una persona automaticamente sia in grado di capire e di fare?"
K:"Si."
M:"allora perchè non conoscevi il coraggio, pur avendo letto tutto ciò che è stato scritto sull'argomento?"
K:"..."
M:"Vedi Kurghan tu sei giovane ed impulsivo. Tu vorresti tutto e subito, e questa è la molla che nella storia ha fatto si che siano sempre stati i giovani a rivoluzionare i costumi. I giovani, però, hanno sempre agito in base a degli ideali, e dietro agli ideali c'era sempre qualche vecchio furbo ed esperto che costruiva pensieri per infiammare gli animi e muovere le braccia. Ciò che muove l'uomo, è infatti il desiderio, ciò che lo blocca la paura. In mezzo, c'è l'esperienza"
K:"Quindi, dove vuoi arrivare?"
M:"Tu sapevi perfettamente cosa fosse il coraggio. Ma non ne hai mai avuto l'esperienza. Eppure, hai sempre desiderato essere un coraggioso. Ciò che ti ha spinto a scoprire il tuo coraggio, è stato un ideale; l'integrità di Dolly. Il temere che il tuo ideale fosse infranto, ha fatto si che tu abbia pensato a come difenderlo, e ti ha dato la forza di agire. La scoperta del tuo coraggio, è quindi dovuta a tre fattori: l'averti condotto a provare un sentimento per Dolly, e l'averti collocato in un contesto nel quale il tuo sentimento potesse essere calpestato da un evento esterno. L'evento, è stato la miccia che ha acceso il processo irreversibile che ti ha portato a scoprire il tuo coraggio. Io, non potevo fartelo scoprire parlandoti qui in caverna: ci sono cose, che ognuno di noi deve realizzare da solo, per formare l'esperienza. Per questo ho creato una situazione, e ti ho mandato sul campo."
K:"Ah! Certo! Ma sei stato fortunato: senza il caprone che ha montato Dolly, non sarebbe mai successo nulla!"
M:"Dici? allora vieni con me."
Il maestro uscì dalla caverna, e seguito da Kurgan si infilò in un cunicolo. alla fine del cunicolo c'erano due stalle: sulla porta della prima, c'era scritto "Ugo", sulla porta della seconda, c'era scritto "Drugo."
M:"Apri la porta, Kurghan.".
K:"Ma... E' il caprone!! Allora... Era tutta una messa in scena?"
M:"Tutta l'esistenza è una messa in scena. E come in un film, c'è chi recita le parti e chi le scrive. L'essere uomo, è il passare da attore a creatore, rimanendo dentro al film. Tu mi hai chiesto come diventare uomo, ed io ho creato il contesto affinchè tu potessi scoprire di esserlo. Quindi, devi insistere, ed aspettare che giunga il momento in cui tu stesso arriverai a provare ogni singola verità. E ciò avverrà ogni volta che ti manderò sul campo. Ogni volta ti darò i presupposti per capire quello che succederà, ed affrontare gli eventi. Ma solo se andrai quando te lo dico smetterai di essere un bicchiere che rotola su un fianco"
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5 Kurghan e la paura 16 ottobre 2010
Il gioco dei cerchi
Kurghan aveva ripreso a pascolare Dolly, ed ogni giorno compiva le sue missioni. Un giorno, senti suonare il corno del maestro in un orario insolito: il Maestro suonava il corno all'ora di pranzo, ed all'ora di cena. Ma erano le 3 del pomeriggio. Kurghan si avviò di corsa verso la caverna.
Giunto a pochi passi dall'altro, Kurghan notò che il Maestro aveva disegnato sul suolo due cerchi mettendo in fila dei sassolini bianchi. Ogni cerchio era largo circa un metro, e fra loro distavano due metri.
K:"Maestro, che stai facendo, perchè mi hai chiamato?"
M:"Da oggi in poi, la tua missione è cambiata: ti metterai nel primo cerchio, e cercherai con un salto di atterrare nel secondo.
K:"Beh, anche se sono alto 72 centimetri, non mi sembra difficile! Provo."
M: Non avere fretta: hai tutto il tempo. Quando sarai sicuro di riuscire, chiamami. Questo è cibo per un mese, starai qui e dormirai all'addiaccio finchè non sarai riuscito."
Kurghan non riuscì nell'impresa, e si intestardì. Continuò per giorni, finchè un giorno non riuscì a saltare i due metri che separavano i due cerchi. Ripetè l'esperienza più volte, per dimostrare a se stesso di poter riuscire nel salto. Poi, volendo far bella figura, cominciò a fare piroette mentre saltava. Dopo un mese di allenamento, durante il salto riusciva a fare due salti mortali allacciandosi contemporaneamente le scarpe.
Raggiante, corse alla caverna ad avvisare il vecchio di essere riuscito a completare la missione.
M:"Bene Kurghan, ora seguimi."
Kurghan si aspettava un plauso, o quantomeno che gli fosse richiesto di mostrare la sua nuova abilità. Rimase impietrito. Ma il maestro con un raglio lo richiamò all'ordine. si inerpicarono su per l'Imajala, fini al raggiungimento di una vetta estremamente particolare: i denti del diavolo.
I denti del diavolo
I denti del diavolo, erano in origine un altissimo pennone sul quale era andato a sbattere un F16 di taglio. L'urto era stato talmente violento, che la montagna si era completamente spaccata in due. E da un solo pennone, erano diventate due punte volte al cielo, che viste da lontano ricordavano due giganteschi canini. Le due vette, distavano esattamente due metri. E su ogni vetta c'era uno spiazzo largo un metro.
In mezzo, un baratro profondo 800 metri. Il maestro, aveva disegnato sulla sommità delle due vette due cerchi identici a quelli sui quali Kurghan si era addestrato a saltare.
M:"Kurghan, salta!"
K:"Ma, maestro... E' pericoloso, c'è un baratro di 800 metri qui sotto!"
M:"Hai forse paura di rifare una cosa che hai fatto migliaia di volte in un mese?"
K:"Ma qui è diverso... C'è il baratro, se sbaglio mi uccido."
M:"Eppure sin'ora non hai mai sbagliato. anzi, eri così sicuro di farcela, che hai addirittura strafatto facendo numeri da circo. Cosa c'è di diverso ora?"
K:"Ho paura..."
M:"Bene Kurghan, per oggi non salterai. Ma tieni bene a mente quello che è successo. Oggi, tu non sei riuscito a fare una cosa che hai sempre fatto, solo perchè i tuoi occhi hanno visto un pericolo che seppur reale, tu non avresti neanche dovuto considerare vista la tua abilità.
Se ti avessi chiesto di imparare a saltare direttamente dai denti del diavolo, non avresti mai cominciato. Se hai imparato, è solo perchè sapevi che mentre tentavi, non correvi alcun rischio. Da oggi in poi, però, tu sarai travagliato: non hai fatto una cosa che sai di poter fare.
Questo travaglio ti assillerà per giorni, ed in te crescerà la motivazione e la voglia di vincere, come fu quando aspettavi il ritorno del caprone per difendere Dolly. Allora la tua sicurezza era un bastone, oggi è la tua abilità nel salto. Ora sai, e prima o poi tu stesso vincerai te stesso.
In te ho creato un tarlo che lavorerà per me. Questo è il mio modo di insegnare: io ti do l'esperienza, e creo i presupposti che ti spingeranno ad agire. Ma il resto, lo farai tu. Quando finalmente il tarlo diventerà più forte della paura, agirai. E questo ti darà la sicurezza di essere Uomo."
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6 La bilancia delle emozioni 18 ottobre 2010
La rivolta di Kurghan
Erano ormai diverse notti, che Kurghan di nascosto dal maestro, si recava ai denti del diavolo. Osservava il cerchio dalla parte opposta del baratro, e gli sembrava di poterlo toccare. Ma appena pensava di saltare, gli si paralizzavano le gambe e si fermava. Ed ogni volta, la sua rabbia cresceva. Una notte, arrivarono dei turisti amanti gli sport estremi, e cominciarono a saltare da un pennone all'altro. Per ore.
Kurghan era furente: perchè loro riuscivano e lui no? Perchè il maestro non risolveva il suo problema? Fu così, che prese ad odiare il maestro ed a parlarne male. Quello che Kurghan non sapeva, era l'abitudine di tutti gli abitanti dell'Himajala di riferire al vecchio di ogni voce lo riguardasse.
Un giorno, di nuovo stufo di pascolare Dolly, Kurghan prese una decisione: abbandonare il maestro per cercare nuove fonti. Kurghan vagò per le montagne per due anni, e crebbe di altri 30 centimetri: ma continuava a non sentirsi Uomo.
Il salto nell'uomo
Un pomeriggio ventoso, Kurghan vagava per la pianura in cerca di conigli: aveva fame. La valle era fra due grandi vulcani silenziosi, e tutto era coperto di detriti. Poche le piante che erano riuscite a sopravvivere alle eruzioni dei giorni precedenti. Nessuno avrebbe mai pensato che i vulcani potessero essere stati attivi fino a poco prima, se non fosse stato per un torrente di lava che divideva in due la valle. Non era particolarmente largo, al più un paio di metri, ma il suo aspetto era terrificante: qualsiasi cosa lo toccasse, finiva incenerita in una nuvola di fumo crepitante. Kurghan si teneva saggiamente a distanza da quel pericolo, limitandosi a costeggiare la riva destra continuando la sua caccia.
Improvvisamente, il silenzio fu rotto da acute grida: a circa cento metri, sulla riva sinistra, un bimbo accanto ad una pecora, gridava verso una sagoma scura. Kurghan corse, finchè non fu davanti al bimbo, ma dall'altra parte del torrente di lava. E li, capì cosa stava succedendo: il bimbo che era il nuovo allievo del maestro, aveva portato al pascolo Dolly in quella valle desolata, ignaro del fatto che fosse infestata da lupi. E proprio la sagoma oscura di un lupo stava minacciando i due. Kurghan intuì che erano spacciati, e pensò di soccorrerli.
Ma guardò davanti a se, vide il torrente di lava e gli tremarono le gambe. Poi vide che il lupo si stava avvicinando, e l'ira gli salì al cervello.
Guardò il fiume di lava, poi guardò dentro di se: quella distanza l'aveva già saltata e la sua ira era come una mano che lo spingeva da dietro. Così, guardando il lupo Dolly il bambino e se stesso saltò.
Sconfitto il lupo, Kurghan riportò i due alla caverna del Maestro.
Il ritorno di Kurghan
Kurghan si fermò a pochi metri dall'ingresso dell'antro: era diventato orgoglioso, e ripresentarsi gli sembrava umiliante. Il maestro lo vide, ascoltò il racconto del suo nuovo allievo, e si avvicinò a Kurghan.
M:"Bravo Kurghan, alla fine sei riuscito a saltare il pericolo."
K."Si, ora ho capito".
M:"Dimmi cosa hai capito, così che Gundbjorn (Il nuovo allievo ndr) possa imparare.
K:"La paura è un sentimento irrazionale, che viene dal profondo dell'essere nascosto e blocca l'essere cosciente. Ma in ogni azione, l'ultima parola spetta sempre all'essere cosciente. Il primo passo per agire, è quindi convincere l'essere cosciente che un gesto sia possibile. Chi si butta senza la coscienza di poter riuscire, è infatti un pazzo destinato a perire.
Il secondo passo, è provare un sentimento dell'essere nascosto, che cancelli la paura. Io non riuscivo a saltare, perchè nulla di veramente forte mi spingeva a farlo, nonostante sapessi di poterlo fare.
Ma quando la passione ha cancellato la paura, ho fatto quello che sapevo fare. E giàmentre volavo sulla lava, la paura era sparita.
M:"Bravo Kurghan, hai parlato da Uomo. Da oggi, ti parlerò da pari, e Gundbjorn sarà tuo allievo. Da oggi, ti insegnerò a sedurre."
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7 Essere e fare 20 ottobre 2010
Fiore di lotto
Un giorno, il Vecchio mandò Kurghan in paese per comprargli le sigarette e due baguettes.
Kurghan si incamminò felice: amava andare in paese e vedere persone. Da quando non aveva più paura, avevano imparato a rispettarlo nonostante fosse alto poco più di un metro ed avesse solo sei anni.
Kurghan aveva imparato a dosare il suo sapere: il maestro gli aveva insegnato come coinvolgere le persone usando un linguaggio più semplice, ricco di metafore ed allegorie. Spesso, piccoli gruppi di persone si fermavano a parlargli, rimanendo colpite dai suoi racconti.
Ma quel giorno, dietro al bancone del tabaccaio, non c'era il solito omone irsuto.
C'era sua figlia, nata il giorno in cui il tabaccaio fece 5 sulla ruota di Firenze. Di mamma francese, che voleva chiamarla Florence (Firenze in francese ndr), e di babbo maremmano che voleva chiamarla "Cinquina", si misero d'accordo in un ristorante cinese ordinando la grappa.
Il cameriere, sentendoli ripetere"Flor.." "No, Cinquina!"-"Flor.." "Nooo: un nome di i'lotto gli si deve daddare. He un si pole dimentihare la fortuna che ha portato alla fiola"Il cameriere, pensando che cercassero di ricordare un qualcosa da ordinare, andò li con una bottiglia di "glappa" e ne pronunciò la marca:"Fiole di lotto!".
E fu così, che la graziosa figliuola venne battezzata "Fiore di Lotto", che in qualche modo, era il punto d'incontro fra transalpini cisalpini in terra cinese. Kurghan se ne innamorò a prima vista, e per la prima volta, sentì il petto battergli come una matrana in una rumba.
L'apertura
Kurghan non aveva mai aperto. E non aprì. A testa bassa, ciancicò tre parole e mise i soldi sul bancone tremolando. Non appena Fiore di Lotto gli porse le sigarette, le prese e scappo via di corsa fino alla caverna. Il Maestro, che stava appollaiato sul pennone in attesa che la funivia scaricasse qualche topa, vedendo Kurghan infilarsi di corsa nella caverna pensò ad una disgrazia, e scese per vedere.
M:"Kurghan! Che succede?"
K:"La paura Maestro, ho sentito di nuovo la paura!"
M:"Dimmi, figliuolo, dimmi dove l'hai sentita"
Kurghan raccontò il suo vissuto, e la bruciante sensazione che aveva provato. Il Maestro si fece serio, e con tono solenne gli disse:
M:"Kurghan, quello che hai sentito non è paura: è amore. L'amore è la spinta più forte che l'uomo possa provare: c'è chi per amore ha scalato montagne, chi si è chiuso in un eremo per anni, chi si è ucciso, e persino chi ha smesso di farsi le pippe."
K:"Veramente?"
M:"Si, veramente. Per te comincia un periodo duro, nel quale dovrai più volte vincere te stesso. Sarai felice e subito dopo triste, e ciò, senza motivo."
K:"Ma cosa ho fatto di male per meritarmi ciò?"
M:"Nulla Kurghan, ciò è nella natura dei maschi. Ciò che ancora mi rende agile, è l'amore per le donne, ciò che muove il mondo intero è l'amore per le donne. Ora, sta per muovere anche te. Da domani, ti insegnerò ad aprire"
L'antro nascosto
Il mattino successivo, il Maestro portò Kurghan in una stanza sotterranea. Si trattava di una grande grotta illuminata da torce, nella quale troneggiava su un altare la scritta: "Adeo Dominatio Mundi". Sull'altare era posto il librone in pelle di Amog, dietro un grande leggio con le tavole del Maschio, e davanti una sola sedia. Kurghan si sedette. Il Maestro cominciò a parlare.
M:"Dunque Kurghan, oggi ti insegnerò come si apre una femina. La prima cosa che devi sapere, è più o meno che storia ha la donna. E per saperlo, devi analizzarla. Ad esempio, prendi una ragazza timida ed introversa: come pensi che si comporterà? Da timida ed introversa ovviamente. Prendi invece una donna minacciosa ed arrogante: come pensi si comporterà? Da escrementa ovviamente. Quindi, lo studio del comportamento è la chiave per capire chi abbiamo davanti. Capire chi abbiamo davanti, serve a sapere cosa dire, ed in che modo dirlo. Se tu vuoi dire ad una donna che ti piace, a seconda di chi hai davanti userai modi diversi: con la timida, userai i canali tesi a farla sentire meno timida. Con la escrementa, userai canali tesi a farle capire che sei più escremento di lei, ovvero che lei è meno escrementa di te. In una parola sola, per arrivare alle persone, devi farle sentire migliori quando stanno con te."
K:"Ma è difficilissimo da fare!"
M:"Non è solo una questione di fare: se lo fosse, lo farebbero tutti. E finchè ragionerai in termini di fare, non diventerai mai un seduttore. E' una questione di essere. Quello che io ti insegnerò, non è quindi fare, ma essere. E quando sarai, qualsiasi cosa tu faccia piacerà alle donne. Così come il gatto graffia perchè ha unghie ed il cane morde perchè ha denti, il seduttore seduce perchè ha fascino.
Il seduttore è il fascino"
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8 Il percorso dell'essere 25 ottobre 2010
Passarono tre lunghi mesi, nei quali il Maestro infuse in Kurghan molto del suo sapere. La prodigiosa intelligenza del ragazzo, rendeva facilissimo l'insegnamento. Nella sua testa, Kurghan era capace di svolgere dall'inizio alla fine qualsiasi interazione: aveva capito perfettamente il modello, sapeva interpretare i segnali, ma c'era una cosa che ancora gli sfuggiva: essere. Kurghan, infatti, aveva molte nozioni, aveva molte capacità, ma cosa era kurghan? Fu così, che un giorno il maestro prese Kurghan, e gli disse:
M:"Kurghan, domani avverrà il tuo battesimo del fuoco. Domani, ti porterò in un posto dove ti metteranno alla prova, e finalmente saprai chi sei."
Kurghan dopo aver invano chiesto dove il Maestro lo avrebbe portato, andò a letto. Non riusciva a dormire, tormentato dai suoi pensieri, quindi decise di alzarsi per andare a mangiare qualcosa. Non volendo accendere luci, andava a tentoni, nel buio più completo. Calcolava le distanze a memoria nonostante non vedesse nulla, e per la prima volta, percepiva lo spazio toccandolo. Per non andare a sbattere, Kurghan metteva le mani avanti, perchè in caso di contatto con altre parti del corpo con oggetti, avrebbe rischiato di farsi male.
Kurghan ebbe la prima intuizione sull'essere: l'essere, è un pezzo di spazio del quale sei cosciente, e del quale rispondi.
La missione
La prima intuizione di Kurghan, lo portò a cercare un miglior contatto con la porzione di spazio che gli corrispondeva: il suo corpo. Fu così, che durante il tragitto con il Maestro, egli era completamente assorto nel guardarsi e nel riscoprirsi. Incuriosito, roteava le mani guardandole, come se fosse stata la prima volta che lo faceva. Subito dopo, la sua attenzione fu rapita dall'osservare come gli altri possedevano il loro pezzo di spazio.
Ad esempio, c'era chi sembrava camminare con attenzione per il suolo, quasi in punta di piedi. Kurghan si chiese perchè queste persone si muovessero così: avevano paura di essere visti, o piuttosto chi controllava quello spazio era una persona particolarmente attenta e rispettosa al resto dello spazio? Le domande si moltiplicavano, e Kurghan era sempre più assorto. Osservò un omone irriverente e poco garbato, camminare senza alcun riguardo in un mercato. Ogni tre passi, urtava cose e persone. Il suo corpo, doveva essere pieno di lividi. Era evidente che non fosse poi così preoccupato di farsi male, o di fare del male ad altri, vista la sua mole. Egli pensò, che la mente che governava quello spazio, non era connessa con il resto dello spazio: quella mente, era governata da una idea, che era smentita dal rapporto fra gli spazi.
Kurghan ebbe la seconda intuizione sull'essere: colui che sa di essere, sa di essere rispetto allo spazio esterno al suo. Le persone felici, sono quindi quelle che si relazionano coscientemente con lo spazio esterno. Quelle infelici, quelle che soggiogate da una idea, pensano di essere quella idea nello spazio . Ma perdendo completamente le loro reali dimensioni nello spazio, vivono nell'incoscienza e nella infelicità.
Kurghan si rese immediatamente conto di quanto pericolose fossero le concezioni su se stessi, e di come potesse essere facile cadere in errore, e vivere in una gabbia priva di verità. La verità, è nel confronto fra spazio gestito dalla mente, e spazio esterno. Ogni proiezione di se, altera questo rapporto, e conduce all'errore. Il carro si fermò, ed il Maestro interruppe i pensieri del piccolo kurghan: "Siamo arrivati", gli disse.
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9 Il riflesso dell'essere 27 ottobre 2010
La stanza degli specchi
Il posto che il Maestro aveva scelto per la missione, era una stanza piena di specchi deformanti in una giostra. Il maestro fece fare prima un giro a Kurghan da solo, poi, lo accompagnò nello stesso giro. La giostra era un posto pieno di colori e di rumori, e Kurghan era felicissimo. Nonostante il suo incredibile sapere e la forza incredibile che lo contraddistinguevano, Kurghan era infatti solo un bambino di sei anni e mezzo, che nella sua breve vita non aveva mai fatto le cose che fa un bambino: aveva sempre e solo studiato La sua fisicità era molto simile a quella di un nano di un metro di altezza. Kurghan sarebbe comunque cresciuto: prima o poi.
Kurghan era molto divertito dal vedere il maestro deformato dagli specchi, talmente divertito da non vedere più la sua immagine naniforme.
M:"Ti diverti Kurghan?"
K:"Si Maestro, è divertentissimo: non avevo mai visto nulla di simile. HAHAh, guardati: sei diventato basso!"
M:"E' vero, ma noterai che se io divento basso, tu diventi ancor più basso. Lo specchio deforma, ma pur deformati, io sono più alto."
Kurghan si ammutolì, ed ebbe la terza intuizione sull'essere: se l'essere è funzione del rapporto con lo spazio circostante, le qualità dell'essere non sono assolute, ma relative. E fra due soggetti, rimangono le differenze individuali, nonostante il rapporto con lo spazio esterno possa alterare le qualità di entrambi. Ciò lo portò alla quarta intuizione sull'essere: la coscienza del se, se riferita ad uno spazio esterno che non muta, rimane limitata. Un gatto che ha sempre vissuto in mezzo ai cani, non avrà coscienza del suo essere gatto, piuttosto crederà di essere un cane deforme.
Per questo non farà mai nulla per cambiare la sua condizione di inferiorità relativamente ai cani, e non scoprirà mai di essere un animale fantastico finchè non si troverà in mezzo a gatti. Kurghan si incupì sotto il peso di un nuovo pensiero. Il Maestro se ne accorse e gli disse:
M:"Kurghan, a cosa stai pensando?"
K:"Maestro, ma se per scoprire la propria vera natura, un gatto cresciuto in mezzo ai cani deve incontrare un altro gatto: cosa succede se non ne incontra mai uno?
M:"Sebbene l'incontro del simile cosciente, risvegli la coscienza di chi ancora non sa di essere, nessuno ha mai incontrato un simile così eguale da fargli capire chi egli realmente fosse. Di fatto, noi umani scopriamo i pezzi della nostra coscienza in tanti esseri. E più ne conosciamo, più è probabile che nel'arco di una vita, si arrivi a prendere coscienza di chi siamo. Il gatto, potrebbe anche scoprire la sua natura senza mai aver visto un gatto: imparerà a saltare imitando un canguro, a miagolare imitando un bimbo che piange, a muovere la coda osservando una scimmia. Alla fine, egli unirà tutte le sue esperienze, e si sentirà gatto, perchè fare il gatto è la cosa che gli riesce meglio. Ma essendo stato lui, ad inventare il gatto, egli penserà di essere l'unico gatto. Così, gli uomini, si sentono unici ed inimitabili perchè in qualche modo ogni uomo ha inventato se stesso. Il problema degli uomini, e che talvolta sono gatti e si inventano di essere cani. Ciò, li porta a desiderare ciò che non gli corrisponde, ed essere infelici.
Kurghan capì quindi la relazione fra essere e sapere: più è grande il sapere, per aver vissuto il maggior numero di ambienti e di riferimenti possibile, più è grande la coscienza dell'essere, e più è facile scoprire la propria vera natura. Il percorso era tracciato.
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10 Il flusso della mente 28 ottobre 2010
Kurghan provò tutte le giostre, e passò un poneriggio indimenticabile. Il Maestro lo guardava intenerito, quel bimbetto dotato di inimmaginabile sapere gli piaceva. Le domande che il piccolo gli aveva fatto, gli fecero capire che la prova era stata superata, e che per quel giorno, era meglio che Kurghan continuasse a giocare come si addice ad un bambino.
L'ostacolo
Nei giorni che seguirono, Kurghan cominciò a meditare con il maestro. A dire il vero, il Maestro non meditava affatto: appollaiato sul suo pennone d'avvistamento in posizione del loto, aveva lo aguardo fisso sulla stazione della funivia. Ritualmente emetteva il suo solito urlo ("Tòpa!"), e correva a rimorchiarne un'altra. Ritualmente, Kurghan andava in cucina, accendeva il fuoco, e faceva il pranzo per poi mangiare da solo.
Il camino aveva una lunga cappa, nella quale si infilava il vento. E qualche volta, entrava così forte, da far uscire dal camino lingue di fuoco lunghe un metro. Proprio in uno di quei giorni, mentre il Maestro inseguiva una topa che apprendeva l'uso del deltaplano, una lingua di fuoco colpì Kurghan.
I suoi vestiti presero fuoco in un attimo. Le urla del bambino non trovavano ascoltatore: il maestro era lontano.
Preso dal terrore, Kurghan si gettò nel fiume, e spense le sue vesti. Ma il terrore di quel momento, non gli si scrollava più di dosso.
Ogni volta che doveva entrare in cucina, ascoltava attentamente per cercare di percepire il soffio del vento. Quando entrava, non dava più le spalle al camino, nel timore che una folata improvvisa lo cogliesse di sorpresa. Pensava: "e se risuccede? che faccio?"
Un pomeriggio, mentre guardava una trota che inseguiva un'alborella, pensò:
"Quell'alborella penserà a come fuggire, a cosa fare per sopravvivere... altrimenti non scapperebbe. E quella trota, è la causa del suo pensare. L'alborella pensa fuggendo alla rinfusa, ma se si fermasse, potrebbe elaborare una strategia. Il momento del bisogno, non è quindi un buon momento per pensare. Perchè nel bisogno, non c'è il tempo di pensare: se l'alborella è abile nella fuga si salva. Ma se non è pratica soccombe. Ma se le alborelle non pensassero, ed uscissero incoscentemente allo scoperto, tutte le alborelle morirebbero all'istante mangiate dalle trote. Non si può non pensare quindi. Ma quale è il momento di pensare?"
In quel momento, il Maestro tornò alla caverna e vide Kurghan sulla riva del fiume.
M:"Kurghan, che stai osservando?"
K:"Osservo come l'alborella fugga in cerca di una idea."
M:"L'alborella fugge, perchè non è in grado di avere idee. Se l'alborella potesse avere idee, essa avrebbe pensato al suo risveglio: oggi devo mangiare, quindi dovò andare in mezzo al fiume dove ci sono le trote. Se avesse avuto delle idee, sapendo di trovare trote, avrebbe fatto in modo di coprirsi di alghe in modo da non essere visibile. In questo modo, anche se una trota si fosse insospettita, sarebbe bastato all'alborella di fermarsi, finchè la trota non fosse convinta. E solo in casi estremi, ovvero una trota particolarmente scaltra, le sarebbe toccato di misurarsi in velocità.
Se vuoi vincere, quindi, devi vivere nella tua mente tutto ciò che andrai a fare prima di farlo. Dovrai pensare ad ogni possibile problema, e trovargli una soluzione prima di trovartici dentro. Quello che farai nell'agire, sarà solo il rendere reale il tuo pensiero, del quale ti fidi, e con il quale hai previsto tutto. Quello che invece non dovrai mai fare, è gettarti nel fare senza aver prima pensato. Perchè quando ti troverai a dover fare per forza, sarai costretto a pensare senza avere il tempo di poterlo fare. E farai la fine di quell'alborella, che ora non c'è più."
La trota aveva appena ingoiato l'alborella. Kurghan capì quindi la prima regola del fare: se prima di intraprendere un cammino, se ne studiano tutte le possibili insidie, alla mente non rimane che muovere lo spazio esterno tramite quello che governa, in modo da rendere il pensiero materiale. Ciò, è l'azione.
L'azione è quindi un flusso creativo che parte dalla mente, e tramite lo spazio gestito va a modificare lo spazio esterno. Il pensiero creativo è compiuto prima dell'azione, quindi nel plasmare lo spazio esterno la mente sarà libera di non pensare.
Se il flusso si inverte, è lo spazio esterno a plasmare quello interno, ed a costringere la mente a pensare come poter invertire il flusso per difendere lo spazio gestito. Questa è l'alborella che sfugge alla trota, e che prima o poi perirà. L'azione, quindi, è subordinata al completamento di un flusso di pensiero, ma finchè quel flusso non è completo, l'azione non va intrapresa per evitare l'inversione.
Kurghan, ora, era pronto ad agire.
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11 Now 03 novembre 2010
Kurghan si guardava allo specchio. I suoi muscoli lucidi brillavano sotto il pennello di luce che entrava dalla finestra. Erano passati 12 anni da quella gita alle giostre, dai tempi in cui imparava a dominare se stesso. Ora era se stesso.
Il Maestro gli aveva trasmesso tutto il suo sapere, e molte donne erano cadute ai piedi del giovane. Kurghan si stava preparando, quella sera sarebbe uscito con il Maestro. Non era la prima volta che succedeva, ma quella sera era una serata speciale: la sera di Halloween. Kurghan, più bello che mai, indossò il suo impermeabile di pelle ed i suoi stivali, curò i suoi capelli, e quando si ritenne perfetto , uscì.
K:"Maestro, io sono pronto."
M:"Ok, Kurghan, andiamo."
Kurghan ed il Maestro andarono in una discoteca, la più rumorosa e brillante di tutte. Non fecero la fila: il Maestro era uno noto nell'ambiente. Le luci, la musica forte, e tutti quei profumi che facevano seguire la scia a Kurghan, lo inebriavano. Kurghan lasciò il maestro al bar, e cominciò a girare da solo: quella era la loro regola di Veri Uomini. Cammnare da solo, conscio della perfezione dei suoi movimenti, era per Kurghan come vedere un film: lui si vedeva da fuori vivendosi da dentro.La sensazione che provava, era difficile da spiegare: era come se potesse separarsi in due punti di vista: uno interno ed uno esternQuello interno si muoveva in base a quello esterno, come se i due comunicassero al fine di farlo essere nel miglior modo possibile, anni di specchio, avevano conferito a Kurghan la sicurezza del movimento, e la perfetta estetica. Kurghan era bello ed elegante. Lì'essenzialità dei suoi movimenti non passava inosservata.
Si muoveva lo stretto necessario, ma da quel poco che faceva, trapelava l'ìessenza del suo essere cosciente di se stesso. I lineamenti di Kurghan non erano quello che la genetica gli aveva assegnato; erano il frutto della sua volontà . La sua ricerca della perfezione aveva fatto si che ogni sua espressione fosse sentita, percepita. Kurghan era come un quadro che cammina, ed è cosciente dell'impatto che desta.
Kurghan sapeva perfettamente dove e come stava il suo sopracciglio destro, o il lato sinistro della sua bocca. Ogni sorriso era il frutto di anni di ricerca, nulla era lasciato al caso: Kurghan era il bello per antonomasia.
Nel suo intercedere in mezzo alla gente, Kurghan sapeva di piacere, la musica muoveva i suoi passi, la gente guardandolo lo elevava ad un piano superiore, e Kurghan godeba di se stesso. anche se non avesse fatto nulla, nel momento in cui fosse tornato a casa, Kurghan avrebbe avuto una esperienza fantastica. Ogni giorno della sua vita era una esperienza fantastica: Kurghan si rendeva perfettamente conto che la sua opera d'arte era se stesso.
Bastava che Kurghan incrociasse lo sguardo di una donna per dargli la conferma di quanto il suo lavoro fosse stato profiquo: nessuna donna gli era indifferente. A differenza dei comuni mortali, Kurghan aveva la capacità di piacere a tutte le donne. Ma Kurghan, non era un comune mortale.
Kurghan era un mortale che aveva capito quanto sia preziosa l'occasione, e la sfruttava al massimo.
Lei era ferma. Era mora, con dei lunghi capelli lisci, alta e femnile. Era la più bella.
Kurghan si accorse di lei, il Maestro lo aveva abituato a percepire tutto cio che lo circondava senza per questo fissarlo. Kurghan percepì il brivido che ti annuncia che sei al cospetto di un tuo pari:
Kurghan decise di rimorchiarla.
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12 Le radici del maschio 17 novembre 2010
Kurghan non voleva avvicinarsi troppo: la ragazza gli aveva gia dato un'occhiata, e lui non voleva apparire come il solito affamato che si butta sulla prima che lo guarda. Si girò di tre quarti, e cominciò a ruotare fra le dite le perle della sua collana. Faceva sempre così quando cercava ispirazione.
Gli passò davanti il Maestro, bestemmiando. Aveva appena preso un palo da un'azteca, ed era fermamente determinato a punire quest'onta con la vodka. L'aveva visto raramente bere dopo un palo: in genere lo faceva prima. Jurghan ricordò improvvisamente quando vide il Maestro ubiaco per la prima volta:
era una festa di compleanno tenuta dal suo migliore amico: Artham.
Era una calda serata d'estate, e tutti si divertivano nel giardino che circondava l'enorme villa di Artham.
Il Maestro parlava e si muoiveva con lentezza, con il suo solito fare nobile ed un po' dandy. Kurghan notò che lo sguardo del Maestro, ad ogni parola che diceva si faceva sempre meno diretto, che guardava spesso a terra, e che sembrava quasi non voler vedere qualcosa. Kurghan conosceva perfettamente il Maestro, ma non l'aveva mai visto adottare quel comportamento. Guardò quindi nell'unica direzione che il Maestro evitava, per capire cosa lo stesse imbarazzando in quel modo. E li capì cosa stava succedendo.
A pochi metri, la moglie di Artham, una splendida donna con un fisico da Pin Up, parlando con un amico di famiglia, si lisciava i capelli ed ammiccava al maestro. Dopo poco, la donna si avvicinò, ricominciando il suo cerimoniale di corteggiamento davanti al Maestro. Lo toccava, gli si buttava addosso, buttava indietro il collo emettendo fragorose risate. Il Maestro si congedò con un raglio, dicendo che doveva andare in bagno, e si avviò verso la villa. Ma dopo pochi secondi la donna lo seguì. E Kurghan dietro di lei: pensava di poter vedere il Maestro in azione.
La donna si appostò davanti alla porta del bagno, e come il Maestro la riaprì per uscire, gli si getto fra le braccia.
Kurghan non stava più nella pelle. Ma il Maestro la respinse, e le disse: "Vergognati!". Kurghan non riusciva a capire: perchè rifiutare un'occasione così ghiotta? Il Maestro vide Kurghan e gli intimò di seguirlo. Giunti di nuovo in giardino, Kurghan dette sfogo alla sua curiosità:
K:"Maestro: mi hai insegnato che le donne vanno sempre rimorchiate, perchè non l'hai fatto questa volta?"
M:"Kurghan, un Uomo degno di questo nome, ha delle leggi che egli si pone e che egli rispetta. Gli uomini si dividono in tre categorie: quelli che osservano le cose quando succedono, quelli che si lamentano quando le cose succedono, e quelli che fanno avvenire le cose. Quelli che osservano, hanno come unica regola la tutela di se stessi: sono passivi, e se possono approfittano delle situazioni. Sono mezzi uomini.
Quelli che si lamentano quando le cose succedono, sono più passivi dei passivi: ma se possono rubare rubano.
Sono dei senzapalle. Quelli che invece fanno accadere le cose, per continuare a farlo, hanno bisogno di regole.E se non rispettano le loro regole, prima o poi vengono fatti fuori dalla massa, ingoiati e calpestati, ed infine ridotti a loro volta a massa. Cosa che per un Vero Uomo, ecquivale alla peggiore delle prigioni"
K:"E quali sono queste regole, Maestro?"
M:"Vieni, mi bevo una vodka per levarmi di dosso l'odore di baldracca, e dopo te le dico..."
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14 La dignità 21 novembre 2010
M:"Ahhh... Meglio dell'acqua nel deserto del Sahel..."
K:"Ci sei stato, Maestro?"
M:"No, è un tarlo che faccio alle femine per fargli credere che ci sono stato... Di che ti stavo parlando?"
K:"Del codice d'onore: Dignità, giustizia, costanza, rispetto. Dicevi che c'è dell'altro..."
M:"Ah si, c'è dell'altro. Un Uomo, nella vita, deve avere un ideale per cui combattere. Altrimenti, si spenge nella noia della quotidianità. Gli ideali partono dal migliorare se stessi, al migliorare il mondo, passando per l'ideale di famiglia. Un Vero Uomo, prima o poi dovrebbe seriamente pensare di metter su famiglia. Ma per farlo, deve essere pronto a tutto: deve dominare se stesso, e garantire alla sua prole l'incolumità ed il benessere. Un uomo completo, che arrivi a bastare a se stesso, è come una fontana alla quale hanno tappato gli ugelli: deve spargere l'acqua di cui si sente pieno, altrimenti esplode."
K:"Ma tu non hai famiglia!"
M:"Stupido: tu sei la mia famiglia anche se non sono tuo padre!
K:"uhm...Quindi, serve un ideale. Ma come si fa a scegliere un ideale che soddisfi le prime quattro regole?"
M:"L'ideale che soddisfa le quattro regole, deve essere giusto: quindi deve far contento il maggior numero di persone. Deve essere un ideale di rispetto: quindi deve far soffrire il minor numero di persone. Deve essere una cosa che puoi portare avanti per tutta la tua vita, e deve essere un ideale per il quale non scendi mai a compromessi. Ora prendi carta e penna, ti detterò dei punti, seguendo i quali non potrai mai sbagliare."
K:"Si, Maestro!".
Kurgan corse veloce come il vento, e tornò con un rotolo di scottex ed una penna:
K:"Ecco Maestro, ora puoi dettare tutto quello che vuoi!"
M:"(raglio) Si... allora scrivi:
Un Vero Uomo ha come primo valore la dignità. La dignità ti impone di non mentire ne agli altri, ne a te stesso. Spesso si mente per non rivelare una propria debolezza, o non ammettere di essere stati colti in fallo. L'uomo ha quindi bisogno di fortificarsi, e di avvicinarsi alla parte reale delle cose. Per farlo, devi sempre essere coerente. Se vieni colto in fallo, per dignità devi ammettere il tuo errore. Imparando dai tuoi errori, diventerai sempre più vicino alla realtà, e pochi potranno più coglierti in fallo.
La dignità ti consente di guardarti in faccia fiero, e di non provare rimorsi perchè ti senti in colpa. La dignità, ti preserva dall'invidia, che è un sentimento indegno proprio dei senzapalle. Un uomo degno, di ogni cosa che possiede ha fatto una conquista. La moneta che paga per ottenere qualcosa, la deve alla ricchezza che ottiene dal suo impegno. Perchè la sua moneta è l'impegno. Per questo, quando vede persone che hanno più di lui, prova ammirazione, non invidia. L'uomo degno, che prova ammirazione, cercherà di imparare dall'uomo che ha più di lui, per ottenere ciò che gli manca."
K:"Ma allora, se vinco al superenalotto, divento un uomo indegno? Dovrei regalare tutto?"
M:"Assolutamente no: se tu regalassi tutto, non saresti un uomo degno ma un uomo stupido. Guarda quei due che stanno passando: il primo è bello e curato, ed appare ancora più bello. L'uomo che gli sta accanto invece, doveva avere dei bei lineamenti, ma la sua arroganza nel riterensi bello lasciandosi andare ad ogni sorta di eccesso, lo ha fatto diventare brutto. Entrambi, alla nascita, hanno vinto al superenalotto della vita: sono nati belli, ricevendo un di più rispetto agli altri. Ma il primo si è impegnato per valorizzare il dono ricevuto, mentre il secondo lo ha sperperato. Il primo è un uomo che ha una sua dignità: egli non ha nessun merito nell'aver ricevuto il dono iniziale, ma ha il merito di averlo perfezionato e potenziato. Il secondo invece, non solo non ha merito per il dono iniziale, ma ha la colpa di non averlo usato profiquamente. Di fatto, tutti alla nascita riceviamo dei doni: ma solo pochi sono in grado di sfruttarli. Quelli che non riescono in quest'opera, danno la colpa al mondo e lo odiano. Essi provano invidia, ed esprimono astio per chiunque essi pensino possa avere più di loro. Non concepiscono il merito, ma pensano che tutto sia frutto della fortuna. E non capiscono che essi non hanno, non per mancanza di fortuna, ma per mancanza di dignità
K:"Ho capito."
M:"Bravo Figliuolo, ora ti parlerò del coraggio"
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15 Il coraggio 30 novembre 2010
M:"Questa è l'ultima... Altrimenti mi si impasta la lingua, e non capisci più nulla."
K:"Dunque Maestro, il coraggio è solo l'assenza di paura?"
M:"No. L'assenza di paura da la sicurezza in se stessi, che spesso viene confusa con il coraggio. IL coraggio è il gemello della paura. Coraggio e paura sono le due metà di una stessa sfera, che con il suo rotolare cambia i destini del mondo. Il coraggio è la spinta che si da alla paura per compiere una azione nella quale esiste un rischio che non semèpre si riesce a calcolare. Molti definiscono l'osare un gesto di coraggio: sbagliano.
Chi osa, sa perfettamente cosa succederà, ma essendo più sicuro degli altri, agli occhi dei più appare coraggioso. Il coraggioso, invece, non sa esattamente cosa succederà: egli agisce nonostante la paura che bloccherebbe chiunque altro, e fa un salto nel vuoto. Esistono persone che vivono facendo salti nel vuoto perchè ignorano la paura. Essi non hanno il ricordo delle esperienze negative, e prima o poi finiscono male.
I coraggiosi, invece, fanno poche scelte di questo tipo nella vita, ma grazie a queste riescono a cambiare la loro esistenza completamente. Alcuni muoiono, altri sopravvivono.
Il coraggio, è quindi un momento nel quale si spezzano i legami di continuità con il passato, con la consuetudine e con la monotonia. I coraggio è un atto di rivoluzione, e per questo, le rivoluzioni sono condotte da coraggiosi. Nella vita, non serve essere sempre coraggiosi: se lo sei, è solo perchè sei un inesperto. Ma ci sono occasioni che non puoi perdere, nonostante tu ti senta inadeguato. E' in queste ccasioni che il coraggio fa la diofferenza fra un Vero Uomo, ed un uomo normale.
K:"Voglio essere coraggioso..."
M:"Come ti ho detto, non è sempre necessario. Ed è estremamente pericoloso essere riconosciuti come coraggiosi. Le regole sociali, nascono per rendere la società stabile, e possibilmente immune da cambiamenti radicali che creerebbero instabilità, terrore e panico. Le regole sociali prevedono regole per impedire atti di coraggio che le sovvertirebbero. Esistono quindi molte convenzioni atte a reprimere atti coraggiosi, e ridurre i rivoluzionari a persone comuni. O addirittura a persone di secondo rango, in modo che esse perdano di credibilità, e non abbiano seguito nelle persone prive di coraggio, che però non accettano la loro condizione di vita. Se sei abbastanza bravo e coraggioso da sfidare la società, verrai riconosciuto come un capo, e la gente ti seguirà. Ma avrai molte persone, che non riuscendo a fare la stessa cosa, faranno di tutto per toglierti il seguito: più sarai coraggioso, più sarà grande il numero dei tuoi nemici. Più sarà grande l'innovazione che vuoi portare, più sarà grande il sentimento di invidia e di astio che i senzapalle proveranno nei tuoi confronti.
L'atto di coraggio, quindi, è una dichiarazione di guerra al mondo che ti sta stretto, non è solo l'atto di cambiare una realtà che non ti piace.
Una spallata riportò Kurghan alla realtà: la mora era sempre li davanti, parlava con una amica.
I discorsi del Maestro e la sua calda voce tornarono al passato. La musica martellava ed il suo cuore batteva. Era il momento nel quale doveva prendere una decisione per placare quella tempesta di sensazioni che tante volte gli avevano regalato i momenti migliori della sua vita:
decise di rimorchiarla.
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16 L'occhio di Rampa 19 dicembre 2010
Kurghan osservava la Mora. Per anni il Maestro l'aveva spinto ad osservare, e per lungo tempo egli non aveva capito l'utilità di quella prassi. all'inizio, egli pensava che osservando avrebbe avuto gli elementi per aprire.
Ma facendo pratica, ed ascoltando ciò che il Maestro usava come aperture, si rese presto conto che l'osservazione non funzionava esattamente così. Quando il Maestro osservava, spesso apriva con frasi che apparentemente non avevano alcun senso rispetto al fenomeno osservato. Spesso, le aperture del Maestro non contenevano nessun messaggio, ma creavano situazioni, sulle quali egli costruiva poi un dialogo.
Una in particolare colpì Kurghan. Una volta, due ragazze passarono a fianco del Maestro.
K:"Maestro, perchè non le apri?"
M:"Le ho viste troppo tardi, dammi qualche altro metro..."
Quel dammi qualche altro metro, nel linguaggio del Maestro significava che voleva vederle camminare ancora un po'.
M: Ok, la più carina è la gregaria, la più brutta è la dominante. La più carina da come si guarda intorno è abituata ad essere abbordata, ed a collezionare tutti gli sguardi. L'altra, guarda in terra mentre cammina: pensa ai suoi problemi, e stasera cerca qualcosa. L'ha trovata.
Il Maestro, modulando la voce in modo che arrivasse alle due che ormai erano di spalle a cinque metri, disse:
M:"Ragazze scusate, devo dirvi una cosa"
Si girò la più carina:
C:"A me?"
M:"No, a lei".
Ed indicò la meno bella facendogli cenno di avvicinarsi. Poi cominciò a lavorarsela, tirando fuori quello che lui aveva visto, e giocando sulla rivalità fra le due. Se non ci fosse stata quella rivalità, non sarebbe mai venuta da lui. Poi con abili giochi di parole, le fece capire che ciò che lei stava cercando, poteva trovarlo in quel momento, come se lui fosse in grado di predirgli il futuro. Ma così, giocando anche con il corpo, faceva crescere l'interesse per lui nella più bella, finchè non giunse il momento di concentrarsi su di lei.
Ma cosa vedeva realmente il Maestro nel suo attento osservare? I gesti? Gli oggetti? No, non era questo ciò che cercava di vedere. Il suo obiettivo era molto più nascosto, ed era ciò che generava tutti quei segnali esteriori:
lui cercava di vedere i desideri delle sue prede.
I suoi due occhi vedendo il fenomeno, ne aprivano un terzo che guardava la mente ed i sentimenti. Ed è sulle visioni del terzo occhio che il Maestro costruiva la base delle sue aperture. Gli oggetti che usava, spesso erano immagini ottenute per similitudine tra quello che vedeva, e quello che faceva parte del suo bagaglio di ricordi.
Così, una sera, disse ad una ragazza che assomigliava ad una antica principessa egizia: lui sapeva che lei desiderava di sentirsi speciale. E sapeva anche che gli avrebbe fatto piacere ricevere un complimento che esaltasse la nobiltà del suo spirito, piuttosto che sui suoi tratti. L'aveva capito da come muoveva le mani, disegnando lo spazio. Lei desiderava che in quel momento, ed in quel posto, qualcuno le riconoscesse la sua diversità. Essere l'uomo dei desideri, era l'incredibile potere che forniva il terzo occhio.
Kurghan impiegò anni per capire che non doveva fermarsi a quello che i suoi due occhi gli dicevano, e che c'era dell'altro da vedere. Ma per farlo, dovette rinunciare alla sua razionalità. Un giorno egli capì, vedendo una ragazza passeggiare per il parco con un delizioso gattino al guinzaglio. IL collare era tempestato di diamantini, e la ragazza aveva una grande borsa a tracolla. Probabilmente, dentro c'era il suo portatile. Questo vedevano i suoi due occhi. Kurghan si lasciò andare per un attimo, lasciando che i suoi occhi si perdessero verso un punto all'infinito. Il terzo occhio si aprì: Kurghan la vide seduta al computer con il gattino sulle gambe in una stanza piena di peluches. Il gattino tentava di posare le zampette sulla tastiera, e lei lo rimetteva a posto coccolandolo. Così, la aprì:
K:"Meraviglioso... Chissà quanti danni fa quando scrivi al computer".
La ragazza lo guardò sbigottita, e poi sorrise per tempestarlo di domande: era fatta.
Da quel giorno, Kurghan non sbagliò più una apertura. E non avrebbe sbagliato neanche quella che stava per fare sulla Mora. I suoi due occhi avevano visto un tubino nero, due tacchi a spillo, ed una spilla a coclea di Dior. Ma quando si aprì il terzo, ebbe la rivelazione. Si avvicinò, e guardandola negli occhi le disse:
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17 15 gennaio 2011
Kurghan cominciò ad avvicinarsi alla mora, seguendo una direzione che l'avrebbe portato a passargli accanto ad una cinquantina di centimetri. Ogni metro che faceva, era un passo nella vita della mora.
La guardave interagire con la sua amica, e spesso, la vedeva protendere verso di lei sorridendo ed alzando le arcate sopraccigliari in un sorriso. La sua voglia di mondo e di novità era evidente, probabilmente era una persona curiosa, forse un po' solitaria e dalle grandi passioni. Una sognatrice.
Una sognatrice un po' timida da come teneva le spalle. E quegli sguardi al pavimento prima di rialzare la testa per sorridere, dicevano anche un'altra cosa: aveva un suo mondo, ed in quel mondo qualcosa mancava.
Ma ciò che più tormentava Kurghan era quella spilla. Una spilla di cinquant'anni fa.
Chi gliela aveva data? Sua madre, o sua nonna? Non era un regalo; troppo vecchia. Forse amava le aste, e l'aveva comprata da sola. Ma non aveva il portamento di chi è disposto a spendere più di 500 euro per un oggetto di bigiotteria, anche se di grande pregio. amava le cose di valore, ma non amava lo sfoggio.
Il tubino era quello che portavano quasi tutte le altre ragazze: un pezzo indistinguibile dagli altri, se non per il fatto di essere appena sopra al ginocchio. Un taglio proprio dei tailleur da lavoro. La mora non doveva dare troppa importanza all'impatto fisico per portare un capo di quel tipo. Nonostante le belle forme fossero comunque evidenti, non doveva essere una persona che da quindi troppa importanza ad attività volte all'estetica pura come la palestra. Probabilmente dedicava il suo tempo ad altro. Kurghan all'inizio, la immaginava mentre giocava con un gattino. a due metri da lei, notò che aveva diversi graffi sul dorso delle mani: aveva un gatto piccolo ed amava giocarci. Doveva aver bisogno d'affetto in quella sua vita solitaria. Forse lavorava in un posto che l'aveva costretta ad andare a vivere da sola. Ad un metro e venti da lei, Kurghan si fermò, girò lentamente la testa verso di lei per attirare la sua attenzione e le disse:
K:"Cosa ne pensa il tuo gattino di quella rarissima spilla anni '50? Il mio ogni volta che vede una conchiglia cerca di mangiarsela..."
La mora lo guardò incuriosita, con una leggera espressione di timore. Ma vedendo che Kurghan aveva una espressione estremamente tranquilla e pacifica, fece un sorriso:
M:"Conosci il mio gatto?"
K:"Non lo conosco personalmente. Ma il mio gatto, quando non si diverte a graffiarmi, mi ha raccontato che tutti i gatti del mondo, fra di loro si trasmettono telepaticamente le inmpressioni sui loro datori di cibo. Ed il mio mi ha raccontato che ce ne è uno che gioca spesso con una ragazza che ogni tanto gli racconta di un mondo fatato."
La mora, abbassò lo sguardo e marcò una piccola pausa. Poi rialzò gli occhi e riprese a parlare con un tono che conteneva una punta di sfida.
M:"Certo che ho proprio un gatto pettegolo... Abiti a XXX?"
LA domanda della mora era un chiaro tentativo di far parlare Kurghan. Evidentemente pensava che egli la conoscesse, anche se lei non lo aveva mai visto prima.
K:"NO, mi sono comprato una casa in cima ad una collina. Sai, dall'alto, il gatto riceve meglio..."
La mora fece una risata.
M:"A parte sentire il tuo gatto, di cosa ti occupi in cima alla collina?"
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18 Le facce del passato 17 gennaio 2011
K:"Dopo aver girato mezza Europa dipingendo illustrazioni, ho deciso di mettere radici. Cercavo un posto dove tutti mi conoscessero, e dove potessi salutare tutti e tutti salutare me. Ero stufo di posti dove ti muore uno davanti e nessuno si ferma... Così ho scelto un posto piccolissimo, molto isolato, e mi sono comprato un enorme pezzo di terra pieno di piantine che fanno un olio meraviglioso. Io le guardo crescere..."
La mora fece tre espressioni in rapida successione: stupore, interesse, e poi quel delizioso piegare il collo aprendo al massimo gli occhi. Le sue pupille si erano dilatate, e ruotava leggermente su un asse immaginario che la attraversava dalla testa ai piedi.
Alzò di nuovo la testa, e dopo aver dato un'occhiata sfuggente in alto a sinistra, con un malcelato sorriso continuò ad interrogare Kurghan. Kurghan sapeva già come sarebbe andata a finire, quei pochi movimenti di lei, gli avevano fatto capire che era solo questione di minuti, che il contatto era vicino, anche se apparentemente nulla ne rivelava l'imminenza. Era gia sedotta, ma voleva qualche conferma per essere convinta. Alle donne non basta sentirsi trasportate: vogliono anche sentirsi sicure.
Kurghan rispose a poche domande, non amava essere passivo. Prese quindi di nuove le redini del gioco:
K:"Si, però così è noioso... Facciamo una cosa: io faccio una domanda a te e tu ne fai una a me. Piuttosto, come ti chiami?"
Mora "M.."
Kurghan la interruppe prima ancora che lei potesse dire il suo nome.
K:"Non dirmi il tuo nome vero: stasera, in questo strano posto, con questa strana luce, siamo quello che vogliamo. Quindi, dimmi come vuoi che ti chiami, non come ti hanno chiamata."
Mora:"Uhm... Ok, io sono Elecrta... Tu?"
K:"Piacere, TermY"
Mora:" E chi è TermY?"
K:"Il padre di un gatto con i superpoteri"
Mora:"Dai! (la mora dette una spintarella a Kurghan)... Chi è TermY?"
Quella spintarella era l'ultimo filo che tratteneva la spada di Damocle pendente sulla testa della mora.
Era stato lui a provocarla con una battutina che altri avrebbero ritenuto inutile. Ma quella battutina, in quel momento, serviva a far si che la mora rivelasse il suo livello di confidenza. Cosa che puntualmente
fece. Kurghan, non era uno sprovveduto, e si muoveva solo su suoli solidi. Ma a differenza di un dilettante, sapeva rendere un suolo fangoso duro come l'asfalto.
Kurghan rimase impassibile, e mollemente fece finta di ondeggiare su se stesso, come se avesse subito un colpo fortissimo. Rialzò gli occhi da terra, socchiudendoli in modo asimmetrico, e allargando la bocca in un sorriso malizioso. La guardò negli occhi, poi sulle labbra, e sentì il brivido che danno i feromoni.
Era giunto il momento del contatto.
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19 Al di la del cubo 22 febbraio 2011
Il crescere dell'emozione che ben conosceva, rendeva ogni volta nuovo un momento che aveva sperimentato nei minimi dettagli. Come sempre nuovo era per Kurghan il rapporto con il mondo.
Quei due occhi lo guardavano, e lui guardava loro. Le guardò la bocca, e la sua testa si mosse da sola.
La abbassò leggermente a destra, mentre si avvicinava sempre più a quella bocca ormai incapace di scappare: inchiodata dalle passioni, la Mora stava per ricevere il colpo di grazia.
Le sue labbra si aprirono leggermente, e Kurghan vi si addentrò.
Ogni volta che compiva questo rituale, Kurghan chiudeva gli occhi. Non voleva essere turbato dalla vista nella sua ricerca di sensazioni: c'è un senso per ogni distanza. La vista è per le grandi distanze, l'udito per quelle medie, il tatto per quelle piccole.
Il pensiero, che è il maestro dei sensi, annulla invece qualsiasi distanza.
Molti anni prima, quando era ancora un ragazzino, Kurghan ragionava in modo diverso. tutto cambiò il giorno del suo dodicesimo compleanno. Quel giorno, il Maestro, gli fece trovare un grosso cubo con le facce di colori diversi sul tavolo della cucina.
M:"Kurghan, vedi questo cubo?"
K:"Certo che lo vedo, non sono mica cieco! E' più alto di me!"
M:"Cosa c'è al di la del cubo?"
K: "Il camino!"
M:"Giusto, ora vai tra il cubo ed il camino. Cosa c'è al di la del cubo?"
K:"Ci sei tu!"
M:" Bene. Quindi, se giri attorno al cubo, al di la del cubo c'è sempre una cosa diversa?"
K:"Certo!"
M:"Bene. Ora che hai imparato cosa c'è dietro ad ogni faccia del cubo, ti benderò. Tu toccherai le facce del cubo, e mi dirai cosa c'è dietro ogni faccia".
K:"Ma al tatto sono tutte eguali, senza vedere i colori, come faccio a distinguerle? Non posso rispondere!"
M:"Mi stai forse dicendo che in realtà, non sai cosa c'è al di la del cubo? Che senza l'ausilio del colore, ogni faccia potrebbe avere dietro qualsiasi cosa?"
K:"Si, prima potevo dire che dietro il lato rosso c'era il camino, e dietro a quello giallo c'eri tu... Ora non più."
M:"Bene Kurghan, in realtà, dietro ad ogni faccia del cubo, c'è la stessa cosa. Ma tu, ti sei fermato alla forma come fa la maggior parte degli uomini di questo mondo, ed hai descritto le apparenze senza descrivere l'essenza. Questo, perchè ti fidi solo dei tuoi sensi, che invece ti hanno appena tradito. Alza il coperchio del cubo, e guarda cosa c'è dentro."
K:"Una torta! Grazie! E' un regalo per me..."
M:"Certo, ma oggi ti sei fatto un altro grande regalo. Ora gira attorno al cubo, e guarda cosa c'è dietro le facce del cubo."
K:"C'è sempre la torta..."
M:"La torta è sempre stata li. Solo che tu, non guardavi al di la del cubo, ma ignoravi il cubo e guardavi oltre. Questo tuo modo di procedere, ti ha indotto nell'illusione di poter descrivere la verità, che non poteva essere tale perchè cambiava a seconda del punto di vista. Ma quando hai conosciuto l'essenza, ti sei reso conto che essa non cambia con il punto di vista: l'essenza è la verità. Nel tuo cercare la verità, hai girato attorno al cubo, cercando di fissarne l'immagine esteriore con i sensi. Ma se tu avessi usato il pensiero invece della vista, avresti scoperchiato il cubo, ed avresti subito trovato la verita.
Quel cubo, è come la maggior parte degli esseri quando si guardano allo specchio, o chiedono agli altri cosa essi pensino di loro: è un contenitore. Se entri dalla camera da letto, vedi il contenitore blu, con dietro una cucina.
Se entri dalla cantina, vedi il contenitore verde, con dietro una credenza.
Ma nessuno cerca di vedere al di la dell'aspetto esteriore del cubo, scoprendo che da ogni punto di vista, se sai dove guardare, c'è una torta. Imparare a vedere cio che va visto, è prendere coscienza, e sostituire il pensiero ai sensi.
Un giorno, prenderai coscienza di te stesso, e di te stesso non vedrai più le facce, ma la torta intera.
Solo allora, avrai delle certezze, e non avrai più dubbi come quando ti senti in contraddizione perchè pensavi di essere blu, e scopri di essere rosso, solo perchè hai fatto un percorso diverso: ovvero una esperienza che ti fa prendere coscienza di una parte di te che non conoscevi.
Ciò che rende gli uomini stupidi e di visione limitata, è quindi la paura di cambiare percorso per paura di sbagliare, o di essere accusati di non avere le idee chiare. Costoro, individuano gli oggetti con i semplici sensi, perchè non si fidano del loro pensiero. Dicono di pensare, ma ciò che ritengono pensiero, è solo una linea razionale rigida, che gli impone sempre di fare lo stesso percorso. Una volta che avrai trovato la tua torta, comincerai a godere della ricerca della torta che è negli altri. Ed ogni volta che ne vedrai una, la tua torta si arricchirà di nuove gioie. Le torte più belle, sono quelle che offrono le donne. Ora sei piccolo, ma un giorno capirai."
Kurghan, aveva capito.
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20 Il motore universale 11 marzo 2011
Kurghan era illuminato dalla debole luce di una abat jour rosa salmone. Elegantemente steso sulle lenzuola di seta del suo letto, aspirava lentamente il veleno della sigaretta che segue l'amplesso.
Il suo torso scultoreo era tagliato sopra al pube da un lembo del lezuolo che gli copriva i genitali e la gamba sinistra. La mora gli passava le dita nei peli del petto, con la testa appoggiata sulla sua spalla.
Kurghan avvicinò le dita alla bocca per dare l'ennesima tirata, e sentendo odore di sesso emise un mugolio...
Buttò leggermente la testa indietro, e si lanciò indietro nel tempo, come ogni volta che chiudeva gli occhi.
Nella sua testa echeggiava una voce confusa, lontana, che diventava sempre più nitida come l'immagine che stava ricordando.
"Kurghan, dove sei?"
K:"Sono qui, Maestro..."
M:"Kurghan sono due ore che ti cerco. Pensavo tu fossi nell'antro a lucidare la pelle di Amog della copertina del TM come ti avevo ordinato, ed invece, ti trovo appollaiato su un sasso in riva al ruscello con la testa al cielo che scruti le nubi. Qualcosa non va?"
K"..."
M:Hai visto Fiore di Lotto? " (cfr "Kurghan's Story: 7) essere e fare.")
K:"Si Maestro, l'ho rivista..."
M:"Dimmi di più".
K:"Non so, mi sento strano. Vorrei fare tutto, ma non mi va di fare nulla. Mi sento agitato, ma non so perchè...
Posso andare a comprarti le sigarette?"
M:"Kurghan tu sei un bambino speciale. Hai solo 6 anni, ma hai più lauree di tutto il collegio del Nobel. Ed hai anche una sensibilità eccezionale. Quello che senti si chiama amore. In questo momento, sei come il gatto mYu, quando guarda le fiamme nel camino, e rimane indifferente alla ciotola piena delle sue preferite leccornie.
Lui pensa ad una micia, e non vede l'ora che la porta si apra, e scappare nei campi innevati per raggiungerla.
Durante il suo cammino, non sente ne fame ne freddo, l'unica cosa che gli interessa, è mangiare il tempo in fretta, ed arrivare prima. Per placare il suo tormento. Starà bene per un po', poi i suoi normali bisogni lo riportano qui, ed il ciclo ricomincia. Un giorno, quando sarai più grande, sentirai la spinta ad uscire di notte come mYu, per cercare l'amore.
K:"Maestro, e che si fa una volta che si è raggiunta l'amata?"
M:"L'amore, quando è corrisposto, è la massima forma di libertà. Farai quello che senti di fare. Ora, ad esempio, sono sicuro che ti piacerebbe prendere Fiore di Lotto per mano, e portarla a vedere la trota ed i suoi avannotti. Magari in compagnia di 2 gelati..."
K:"Si, mi piacerebbe tanto!"
Il maestro si frugò nella tasca, e mise in mano a kurghan 3 monete.
K:"Ma.. Sono trenta berluschi! Ci verranno un sacco di gelati!"
M:"Vai e divertiti: dopo gli avannotti, porterai Fiore di Lotto alle giostre. La vita è una sola, e la tua sta cominciando ora."
Mora:"Kurghan... KURGHAN!"
K:"Oh, scusami, ogni tanto mi perdo nei miei pensieri..."
Mora:"A che stavi pensando?"
K:" Ad una strana storia di trote, di Maestri e di gelati"
Mora:"E' una storia importante?"
K:"...Si, direi di si se siamo qui..."
Mora: "Raccontamela, voglio sapere tutto di te!"
K:"Beh, tutto cominciò in una calda serata d'estate in un ospedale come un altro il giorno in cui morì Ava Gardner..."
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21 Il dubbio di Kurghan 19 marzo 2011
Kurghan era ormai un uomo: un uomo speciale. Era stato l'enfant prodige più famoso di tutti i tempi, ma questa sua fama, era stata soppiantata dalla sua nomea di seduttore infallibile. Passò il suo 25 compleanno nella sua stanza, a guardare le cose che vi aveva accumulato: da solo.
Dopo sarebbe uscito, come faceva quasi tutte le sere.
Bevve il solito cocktail, sfoglià nel suo armadio a persiane per prendere il soprabito che gli stava meglio, si passò la punta degli stivali con un piccolo panno per lucidarla, prese le sigarette, l'accendino ed uscì.
La spider l'aspettava davanti alla palizzata color legno della sua villetta.
Si adagiò sulla pelle crema, dette un giro alla chiave, ed il motore rombò.
Kurghan abbassò la testa da una parte, come per sentire meglio... Era come se quel motore si fosse acceso con l'eco, come se dopo l'accensione l'avesse sentito ripartire.
Spense, e riaccese: tutto normale. Infilò la prima e ripartì, perso nei suoi pensieri.
Uscì dai suoi pensieri, e si ritrovò davanti alla cassa della disco.
"Hei Kurghan, tutto bene?"
La cassiera lo guardava strano, lui stesso si sentiva strano: qualcosa non andava, c'era un non so che che non tornava in quella serata come tutte le altre: cosa era successo da quando aveva acceso il motore a quando era arrivato li davanti? Ricordava perfettamente la prima volta che aveva fatto quel tragitto, ricordava della prima volta che c'era andato con il Maestro, ma non riusciva a ricordare cosa aveva appena fatto.
Entrò.
La classica femina che il Maestro avrebbe definito "femina con mutande piene di culo", gli passò davanti mentre sorseggiava uno screwdriver appoggiato al bancone. Poi ne passò un'altra. Ma Kurghan non partiva: non aveva più voglia di rimorchiare. Si mise a parlare con la barman.
K:"Serata fiacca stasera..."
B:"Gia, è una strana serata. Kurghan, ti vedo qui quasi tutte le sere da quasi un paio d'anni, e mi sono sempre chiesta una cosa. Posso farti una domanda personale?"
K:"Certo che puoi. dopo tutti i cocktail che mi hai fatto, è quasi un dovere risponderti..."
B:" Come mai stai sempre da solo?"
K:" Sai, io sono una persona che ama vivere con i suoi tempi. Avere una persona accanto, un amico, o una donna mi... "
Kurghan ebbe òa stessa sensazione che aveva avuto accendendo il motore: era come se quello che diceva gli tornasse con un piccolo ritardo rispetto a quando lo aveva detto, come se ci fosse una eco.
E capì quello che stava succedendo:
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22 L'acqua del ruscello è sempre la stessa 24 marzo 2011
Kurghan realizzò che diceva sempre le stesse cose, e che lo faceva in modo meccanico. No c'era più emozione nel suo interagire, recitava un copione, ed era diventato un personaggio del suo stesso copione.
Per questo non ricordava più le sue conquiste, e per questo interi pezzi del suo passato recente non lasciavano traccia: erano talmente eguali ad altri, da non destare un ricordo distinguibile.
Questa considerazione lo gettò in uno stato di profonda inquietudine.
Il giorno dopo, uscì per comprare un amburger.
Giunto davanti alla cassiera, cominciò a chiedere ciò di cui aveva voglia. Ma al primo sorriso di lei, si rese conto che la macchina era gia in moto: la sua voce era cambiata, le sue movenze erano di nuovo quelle del seduttore: egli non riusciva più a controllare se stesso. Era diventato ciò che voleva essere, ma non riusciva più ad essere altro che quello. IN realtà, era di nuovo schiavo del feedback: da MdP, temeva il feedback perchè in esso vedeva una conferma della sua mancanza di controllo. Ora, temeva il feedback perchè gli confermava la sua mancanza di controllo.
Chiamò il Maestro.
Il Maestro gli disse:
M:"Kurghan, ricordi il ruscello dove naquero gli avannotti della trota?"
K:"Si Maestro."
M:"Bene. Le persone sono come un ruscello. Le loro parole sono come l'acqua che scorre nei ruscelli, e le loro azioni sono come le onde e le cascate del ruscello. Ora ti chiedo: da dove veniva l'acqua del ruscello?"
K:"Dalla sorgente!"
M:"E da dove veniva l'acqua della sorgente?"
K:"Dalla piaggia..."
M"E la pioggia da dove veniva?"
K:"Ho capito: mi vuoi far arrivare a dire che nel ruscello, prima o poi ripassa la stessa acqua."
M:"Non esattamente..."
K:"Infatti ho detto prima o poi, intendendo che vi passa anche l'acqua di altri ruscelli!"
M:" Tu riconosci il ruscello dall'acqua che vi passa?"
K:"Ovviamente no, dal momento che quell'acqua può appartenere ad altri ruscelli. Lo riconosco dalla forma.
Questo lo differenzia dagli altri ruscelli."
M:"Quindi mi stai dicendo, che malgrado un ruscello sembri sempre in continua evoluzione, di fatto è sempre eguale a se stesso?"
K:"Si, tranne in casi eccezionali: ad esempio, quando ci fu l'inondazione, il ruscello per un po' sembrò fermarsi assomigliando ad un laghetto. Poi, quando finì la piena, riprese a vivere come prima, anche se il suo corso era cambiato."
M:"Bene Kurghan, il corso dei ruscelli, come quello delle persone, è tendenzialmente sempre eguale a se stesso.
Ciò che realmente può fare la differenza, sono i grandi eventi. Quando avviene qualcosa di eccezionale come una piena, le persone si fermano per un attimo e sembrano essere annoiate da tutto.
Ma quando esse riprendono in mano il corso della loro vita, essa risulta cambiata, e riprende su una nuova via.
Come fu per il corso del ruscello.
Quello che serve a te, ora, è un cambiamento forte: devi cambiare casa, passioni, o semplicemente smettere di rimorchiare solo perchè hai una bella donna davanti.
Quello che a te serve ora, è una donna speciale: una donna che ti mandi fuori dagli argini come fece la piena con il torrente. Dopo, ricomincerai ad apprezzare la vita, e sarai diverso da ora."
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23 La transizione. 30 marzo 2011
Kurghan riflettè molto sulle parole del Maestro. E riprese in mano tutti i suoi diari, in cerca di un punto della sua storia che lo aiutasse a risolvere il suo problema. Sperare in un ulteriore input del Maestro, era perfettamente inutile: sibillino come sempre, egli riteneva che la soluzione dei problemi è gia nell'individuo.
Basta quindi una frase che lo faccia riflettere da un diverso punto di vista, per far si che la soluzione emerga.
Era inoltre cessata la stagione dei monsoni, ed il Maestro si era rimesso di vedetta in cima al pennone per avvistare nuove turiste.
Kurghan aprì tutti i suoi armadi, e cominciò a rimaneggiare gli oggetti del suo passato. Ogni oggetto, era un racconto, una storia. La penna d'istrice, gli ricordava Filomena, sedotta ad una festa di paese, e posseduta nel bosco. Il Kefià, il suo viaggio alle piramidi di Kleospatra e Marsete. Poi trovò la sua vecchia scacchiera... Ed un brivido sinistro gli percorse la schiena. Kurghan giocava a scacchi con Gundbjorn (Kurghan's Story 6 ndr) prima che morisse pochi anni prima. Passavano intere serate dananti alla scacchioera, bevendo birra e sfottendo il Maestro con i racconti dei suoi rari, ma eclatanti pali. Una sera, Gunbjorn, era strano. Gli venne il singhiozzo, e dopo poco stramazzò al suolo e cadde in coma. Emorragia cerebrale, dissero i medici.
Diossero anche che per tirarlo fuori dal coma, ci volevano voci amiche, voci care.
Kurghan ed il Maestro, lo vegliarono la notte ed il giorno, dandosi il cambio per tre mesi.
Gli raccontavano tuiie le storie che avevano vissuto assieme, sperando in un piccolo movimento, in un cenno che indicasse che Gunbjorn si stesse svegliando. In questo triste periodo, Kurghan telefonava incessantemente alla fidanzata di Gunbjorn, pregandola di venire, di dire qualcosa anche lei, essendo la persona più cara che l'amico avesse al mondo. Ma non venne mai.
Gunbjorn, mori. Nelle braccia dei suoi due veri amici. Ma senza poterli salutare.
Per Kurghan cominciò un brutto periodo, Gunbjorn era infatti un terzo della sua famiglia: il resto erano un vecchio ed una vecchia pecora. Cominciò a non avere più voglia di alzarsi, smise di curare se stesso, si fece crescere la barba, e per non essere obbligato a lavarsi i capelli, li radette a zero.
Non si amava più. In lui c'era un senso di colpa fortissimo, come se la morte del suo amico fraterno fosse dipesa da una sua incapacità. Ma oltre che il rancore per se stesso, Kurghan aveva perso interesse per le donne. Non faceva che ripetersi che se Gwenda fosse venuta, ed avesse parlato a Gundbjorn, forse si sarebbe risvegliato. Nel dolore di Kurghan, si fece spazio l'ipotesi che un ragazzo così sano, non potesse aver fatto una fine così assurda, senza alcun preavviso: Gundbjorn, nella mente di Kurghan, era morto per amore: per abbandono. Nella vita di Kurghan un nuovo compagno fece il suo ingresso: l'alcool. E dopo di lui, sua sorella: la droga.
L'atteggiamento di Kurghan cambiò. Non era più affabile con le donne, ma cercava sempre la rivalsa, o forse la vendetta. Durante i dialoghi, affermava le sue idee in modo irriverente. Poi, cominciò a pilotare il dialogo in direzioni nelle quali fosse certo che la preda fosse impreparata. Usava termini tanto ricercati quanto rari per mettere in difficoltà l'interlocutrice onde far pesare la sua assoluta superiorità intellettuale.
UNa volta stabilito chi fosse la persona più intelligente, cominciava ad infierire, marcando ancor di più il distacco.
Non lesinava di usare gli insegnamenti che aveva ricevuto per creare sensi di colpa nelle sue vittime prive di peccato. In un secondo tempo, cambiò tattica: cominciò a cacciare selettivamente RMP, seducendole e facendole innamorare. Ma una volta sedotte, faceva di tutto per farle star male. L'apice, lo toccò con Sigmundea. Pianificò accuratamente il colpo da infierire: per 4 mesi, recitò la parte del perfetto fidanzato, arrivando una sera a cena, a prometterle il matrimonio. La sera successiva, ricorreva l'anniversario della morte di Gundbjorn. Kurghan portò Sigmundea in disco, e davanti a lei cominciò a sedurre la barista. Sigmundea non riusciva a capire, e si lamentò. Kurghan, ubriaco, la apostrofò e le dette uno spintone per allontanarla. Sigmundea rimase in un angolo piangendo per cercare di capire cosa le stesse succedendo: perchè non riusciva a capacitarsi di cosa avesse cambiato così radicalmente il suo futuro sposo.
Ma Kurghan, era una macchian da guerra, e dopo poco, baciò la barista. Sigmundea sparì per sempre, e Kurghan rimase di nuovo da solo con la sua bottiglia e con le sue polveri.
Ma una mattina...
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24 La rinascita 30 marzo 2011
Kurghan si sveglio stranamente presto: erano le 10 del mattino.
Andò in frigo per soddisfare la sua fame, ma il frigo era vuoto. Inciampò in un portacenere pieno di cicche, che colorì con migliaia di mozziconi la gia lurida moquette. In terrazzo, doveva esserci una cassa di birra: ne aveva comprate diverse la settimana prima. Kurghan andò in terrazzo, ma aprendo la porta, urtò contro un coltello conficcato nella tenda: l'aveva tirato due sere prima in un momento di ira.
Kurghan provò un dolore profondo, e si guardò il fianco: sanguinava.
K:"Maledizione!"
Kurghan andò allo specchio del bagno: un gigantesco specchio Luigi Quattordici, che si era comprato con i proventi di un brevetto sulla fissione. Si guardò.
Erano mesi che non si guardava allo specchio...
Con una mano, cominciò a percorrere le linee delle sue smagrite braccia. Non c'era più la sua muscolatura.
Si passò una mano sull'ombelico: una volta era a bottone, ora era un buco lanuginoso su un monticello di grasso.
K:"caxxo che schifo...Faccio cagare"
Con una schicchera, Kurghan sfrattò Tolomeo: il ragno che aveva steso la sua tela fra il rasoio e lo specchio.
Kurghan afferrò il rasoio, ed alzandolo si guardò nello specchio: nudo e coperto di barba. Poi volse il suo sguardo attorno a se: il casino più totale lo circondava: asciugamani al suolo con impronte di scarpe, lattine di birra ovunque, una camicia morta atrtorno al pomello della doccia, ed un osso di pollo nel bicchiere dello spazzolino da denti.
K:"caxxo che schifo: questo post fa cagare...OK, ti sei lascioato andare. Questo non sei tu: tu sei Kurghan, il bambino prodigio. Hai passato anni con un vecchio pazzo malato di figa per diventare quello che eri. Ora, non sei un caxxo. Gundbjorn è morto, ma così morirai anche tu, e Gunbjorn non lo abrebbe mai voluto questo."
Kurghan si versò un po' di gel da barba sulle mani, e passata dopo passata, riscoprì la sua faccia.
K:"caxxo però: sei un figo..."
Poi si lavò. Poi fece il giro di tutta la casa, ed infilò a rate quintali di panni sporchi nella sua lavatrice. Raccattò tutte le lattine sparse, con l'aspirapolvere fece sparire qualche migliaio di cicvche dai pavimenti.
K:"Umh.. ora è sporca, ma presentabile. Chiamo Camilla."
Kurghan chiamò la donna di servizio per farsi pulire casa, ed andò a far la spesa.
Al supermercato, comprò tutto quello che gli era sempre piaciuto: gamberi, salmone, aragosta e caviale.
POi, andò a far shopping: erano mesi che non comprava nulla. Si innamorò di un paio di stivali che fece suoi per 400 Berluschi e tre Maroni.
K:"caxxo quanto costa la roba..."
Tornò a casa felice e contento, ed aprendo la porta, risentì quell'inebriante profumo di pulito che per anni avevano sentite le sue conquiste varcando quell'uscio: Camilla era un'artista nel suo campo.
Kurghan era di nuovo a casa sua.
K:"Ed ora, passiamo al fisiko!"
Kurghan andò al piano di sotto, e cominciò a pompare con rabbia. I suoi muscoli si gonfiavano, rispondevano allo sforzo. Soffriva, ma godeva allo stesso tempo della sua potenza. Il mondo, era di nuovo suo: così come salivano le piastre del lat machine sotto la sua volontà, il mondo si sarebbe di nuovo inchinato ai suoi desideri.
Kurghan capì finalmente che il suo peggior nemico, non erano le donne, ma se stesso.
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25 L'alter ego nascosto. 30 marzo 2011
Capì che in un momento di difficoltà, quando vedi le tue certezze vacillare, tendi ad incolparti di colpe che non hai, e che per liberarti da questo peso alteri la realtà. Kurghan si rese conto di aver fatto del male a Sigmundea. Ma più di ogni altra cosa, si rese conto di aver mancato di rispetto a se stesso.
Kurghan prese quindi una tela in cantina, un tubo di colore ed un pennello. Si mise davanti allo specchio, e scrisse sulla tela:
"Nessun insulto può uccidere un uomo, a meno che quell'insulto non venga da egli stesso."
Appese la tela sopra il suo Cezanne, e la contemplò lungamente.
K:"Bello, mi piace..."
Kurghan, accese il suo stereo, infilando il suo CD preferito per pensare:
[flash=200,200]http://www.youtube.com/watch?v=tDnrJoHrft0[/flash]
Poi mise il suo grembiule da cucina, lo stesso che usava per preparare le sue cenette intime, e cucinò: guazzetto di gamberi, aragosta al court bouillon, e salmone in tartine come antipasto.
Cucinò per il piacere di cucinare, l'unico spettatore della sua performance, era infatti lui stesso.
Kurghan era un amante della perfezione: apparecchiò la tavola con tanto di argenteria e piatti metallici.
Un solo posto: argento su blu di prussia della tovaglia, ed un candeliere in mezzo al tavolo. Appena si sedette, davanti ai suoi occhi volarono le sofferenze della sua infanzia da superdotato incompreso.
Pensò allla sua nascita, al fatto che si considerasse l'unico ad aver prodotto un ricordo di quell'evento. L'incontro con il Maestro, le mille tappe del suo cambiamento. Dolly, Gundbjorn, e Fiore di Lotto.
Quel turbinio di immagini lo sconvolse e piangente, Kurghan vide la sua immagine: quella che non aveva visto fino ad allora: l'immagine distruttiva, quella che l'avrebbe ridotto in cenere se le avesse lasciato campo libero. Kurghan si rese conto di essere tremendamente solo.
Si stese sul divano, e contemplà le opere d'arte che conteneva la sua casa.
Pensò a quanta passione dovevano aver messo gli autori dei bronzi che sorreggevano il bastone delle sue tende, pensò a quanta sofferenza c'era nei quadri che aveva appeso alle pareti, pensò a quanta voglia di vita c'era in tutti quei tentativi di superare il limite della perfezione.
Kurghan vide la sua immagine sola in mezzo agli uomini: e si rese conto che l'emergere dalla massa, implica il distacco dalla stessa.
E capì che lui stesso era un artista: un artista del rimorchio. Un artista dell'emozione, un artista della parola e del comando. Ciò che i grandi maestri suscitavano nel cuore delle persone, lui lo destava muovendosi, parlando e toccando. Kurghan capì che le motivazioni che lo avevano portato all'odio, erano inesistenti: che ognuno di noi sceglie il corso della propria vita, e che a nessuno si può fare una colpa di questa scelta. Perchè il primo a pagare, è proprio chi sceglie.
Non ha quindi importanza se un uomo decide di sedurre, o essere l'oggetto di seduzione.
Non ha quindi importanza l'essere amati o l'amare. L'uomo deve compiacersi dell'esistenza dell'amore, e favorirlo in ogni sua forma. Anche se questa forma dovesse procurargli dolore. La gioia è nel sapere che la felicità, da qualche parte esiste.
Il fatto di sapere che esiste, ci da uno scopo da raggiungere, una speranza di felicità: la speranza di non sentirsi più soli. L'unico modo per alleviare il peso del pensiero più tetro che possa tormentarci: la morte.
E per l'ennesima volta nella sua vita, Kurghan sentì il bisogno di uscire, di esprimere la sua passione, di creare un nuovo momento di eternità.
E Kurghan uscì, e di nuovo creò. In uno splendido rimorchio che generò di nuovo amore.
Kurghan era di nuovo vivo.
Kurghan era di nuovo Kurghan.
E sulle splendide note del secondo movimento del "chiaro di luna" di Beethoven, che mi ha accompagnato in tante notti di passione, Kurghan torna alla sua vita e vi saluta.
Augurandomi che la sua vita, possa in qualche modo ispirare anche la vostra.
TermYnator
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