Kurghan's Story

Aperto da TermYnator, 08 Settembre 2015, 01:21:19

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#15
16 L'occhio di Rampa  19 dicembre 2010

Kurghan osservava la Mora. Per anni il Maestro l'aveva spinto ad osservare, e per lungo tempo egli non aveva capito l'utilità di quella prassi. all'inizio, egli pensava che osservando avrebbe avuto gli elementi per aprire.
Ma facendo pratica, ed ascoltando ciò che il Maestro usava come aperture, si rese presto conto che l'osservazione non funzionava esattamente così. Quando il Maestro osservava, spesso apriva con frasi che apparentemente non avevano alcun senso rispetto al fenomeno osservato. Spesso, le aperture del Maestro non contenevano nessun messaggio, ma creavano situazioni, sulle quali egli costruiva poi un dialogo.
Una in particolare colpì Kurghan. Una volta, due ragazze passarono a fianco del Maestro.
K:"Maestro, perchè non le apri?"
M:"Le ho viste troppo tardi, dammi qualche altro metro..."
Quel dammi qualche altro metro, nel linguaggio del Maestro significava che voleva vederle camminare ancora un po'.
M: Ok, la più carina è la gregaria, la più brutta è la dominante. La più carina da come si guarda intorno è abituata ad essere abbordata, ed a collezionare tutti gli sguardi. L'altra, guarda in terra mentre cammina: pensa ai suoi problemi, e stasera cerca qualcosa. L'ha trovata.
Il Maestro, modulando la voce in modo che arrivasse alle due che ormai erano di spalle a cinque metri, disse:
M:"Ragazze scusate, devo dirvi una cosa"
Si girò la più carina:
C:"A me?"
M:"No, a lei".
Ed indicò la meno bella facendogli cenno di avvicinarsi. Poi cominciò a lavorarsela, tirando fuori quello che lui aveva visto, e giocando sulla rivalità fra le due. Se non ci fosse stata quella rivalità, non sarebbe mai venuta da lui. Poi con abili giochi di parole, le fece capire che ciò che lei stava cercando, poteva trovarlo in quel momento, come se lui fosse in grado di predirgli il futuro. Ma così, giocando anche con il corpo, faceva crescere l'interesse per lui nella più bella, finchè non giunse il momento di concentrarsi su di lei.
Ma cosa vedeva realmente il Maestro nel suo attento osservare? I gesti? Gli oggetti? No, non era questo ciò che cercava di vedere. Il suo obiettivo era molto più nascosto, ed era ciò che generava tutti quei segnali esteriori:
lui cercava di vedere i desideri delle sue prede.
I suoi due occhi vedendo il fenomeno, ne aprivano un terzo che guardava la mente ed i sentimenti. Ed è sulle visioni del terzo occhio che il Maestro costruiva la base delle sue aperture. Gli oggetti che usava, spesso erano immagini ottenute per similitudine tra quello che vedeva, e quello che faceva parte del suo bagaglio di ricordi.
Così, una sera, disse ad una ragazza che assomigliava ad una antica principessa egizia: lui sapeva che lei desiderava di sentirsi speciale. E sapeva anche che gli avrebbe fatto piacere ricevere un complimento che esaltasse la nobiltà del suo spirito, piuttosto che sui suoi tratti. L'aveva capito da come muoveva le mani, disegnando lo spazio. Lei desiderava che in quel momento, ed in quel posto, qualcuno le riconoscesse la sua diversità. Essere l'uomo dei desideri, era l'incredibile potere che forniva il terzo occhio.
Kurghan impiegò anni per capire che non doveva fermarsi a quello che i suoi due occhi gli dicevano, e che c'era dell'altro da vedere. Ma per farlo, dovette rinunciare alla sua razionalità. Un giorno egli capì,  vedendo una ragazza passeggiare per il parco con un delizioso gattino al guinzaglio. IL collare era tempestato di diamantini, e la ragazza aveva una grande borsa a tracolla. Probabilmente, dentro c'era il suo portatile. Questo vedevano i suoi due occhi. Kurghan si lasciò andare per un attimo, lasciando che i suoi occhi si perdessero verso un punto all'infinito. Il terzo occhio si aprì: Kurghan la vide seduta al computer con il gattino sulle gambe in una stanza piena di peluches. Il gattino tentava di posare le zampette sulla tastiera, e lei lo rimetteva a posto coccolandolo. Così, la aprì:
K:"Meraviglioso... Chissà quanti danni fa quando scrivi al computer".
La ragazza lo guardò sbigottita, e poi sorrise per tempestarlo di domande: era fatta.
Da quel giorno, Kurghan non sbagliò più una apertura. E non avrebbe sbagliato neanche quella che stava per fare sulla Mora. I suoi due occhi avevano visto un tubino nero, due tacchi a spillo, ed una spilla a coclea di Dior. Ma quando si aprì il terzo, ebbe la rivelazione. Si avvicinò, e guardandola negli occhi le disse:


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17)
#16
17  15 gennaio 2011

Kurghan cominciò ad avvicinarsi alla mora, seguendo una direzione che l'avrebbe portato a passargli accanto ad una cinquantina di centimetri. Ogni metro che faceva, era un passo nella vita della mora.
La guardave interagire con la sua amica, e spesso, la vedeva protendere verso di lei sorridendo ed alzando le arcate sopraccigliari in un sorriso. La sua voglia di mondo e di novità era evidente, probabilmente era una persona curiosa, forse un po' solitaria e dalle grandi passioni. Una sognatrice.
Una sognatrice un po' timida da come teneva le spalle. E quegli sguardi al pavimento prima di rialzare la testa per sorridere, dicevano anche un'altra cosa: aveva un suo mondo, ed in quel mondo qualcosa mancava.
Ma ciò che più tormentava Kurghan era quella spilla. Una spilla di cinquant'anni fa.
Chi gliela aveva data? Sua madre, o sua nonna? Non era un regalo; troppo vecchia. Forse amava le aste, e l'aveva comprata da sola. Ma non aveva il portamento di chi è disposto a spendere più di 500 euro per un oggetto di bigiotteria, anche se di grande pregio. amava le cose di valore, ma non amava lo sfoggio.
Il tubino era quello che portavano quasi tutte le altre ragazze: un pezzo indistinguibile dagli altri, se non per il fatto di essere appena sopra al ginocchio. Un taglio proprio dei tailleur da lavoro. La mora non doveva dare troppa importanza all'impatto fisico per portare un capo di quel tipo. Nonostante le belle forme fossero comunque evidenti, non doveva essere una persona che da quindi troppa importanza ad attività volte all'estetica pura come la palestra. Probabilmente dedicava il suo tempo ad altro. Kurghan all'inizio, la immaginava mentre giocava con un gattino. a due metri da lei, notò che aveva diversi graffi sul dorso delle mani: aveva un gatto piccolo ed amava giocarci. Doveva aver bisogno d'affetto in quella sua vita solitaria. Forse lavorava in un posto che l'aveva costretta ad andare a vivere da sola. Ad un metro e venti da lei, Kurghan si fermò, girò lentamente la testa verso di lei per attirare la sua attenzione e le disse:
K:"Cosa ne pensa il tuo gattino di quella rarissima spilla anni '50? Il mio ogni volta che vede una conchiglia cerca di mangiarsela..."
La mora lo guardò incuriosita, con una leggera espressione di timore. Ma vedendo che Kurghan aveva una espressione estremamente tranquilla e pacifica, fece un sorriso:
M:"Conosci il mio gatto?"
K:"Non lo conosco personalmente. Ma il mio gatto, quando non si diverte a graffiarmi, mi ha raccontato che tutti i gatti del mondo, fra di loro si trasmettono telepaticamente le inmpressioni sui loro datori di cibo. Ed il mio mi ha raccontato che ce ne è uno che gioca spesso con una ragazza che ogni tanto gli racconta di un mondo fatato."
La mora, abbassò lo sguardo e marcò una piccola pausa. Poi rialzò gli occhi e riprese a parlare con un tono che conteneva una punta di sfida.
M:"Certo che ho proprio un gatto pettegolo... Abiti a XXX?"
LA domanda della mora era un chiaro tentativo di far parlare Kurghan. Evidentemente pensava che egli la conoscesse, anche se lei non lo aveva mai visto prima.
K:"NO, mi sono comprato una casa in cima ad una collina. Sai, dall'alto, il gatto riceve meglio..."
La mora fece una risata.
M:"A parte sentire il tuo gatto, di cosa ti occupi in cima alla collina?"

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#17
18 Le facce del passato  17 gennaio 2011

K:"Dopo aver girato mezza Europa dipingendo illustrazioni, ho deciso di mettere radici. Cercavo un posto dove tutti mi conoscessero, e dove potessi salutare tutti e tutti salutare me. Ero stufo di posti dove ti muore uno davanti e nessuno si ferma... Così ho scelto un posto piccolissimo, molto isolato, e mi sono comprato un enorme pezzo di terra pieno di piantine che fanno un olio meraviglioso. Io le guardo crescere..."

La mora fece tre espressioni in rapida successione: stupore, interesse, e poi quel delizioso piegare il collo aprendo al massimo gli occhi. Le sue pupille si erano dilatate, e ruotava leggermente su un asse immaginario che la attraversava dalla testa ai piedi.
Alzò di nuovo la testa, e dopo aver dato un'occhiata sfuggente in alto a sinistra, con un malcelato sorriso continuò ad interrogare Kurghan. Kurghan sapeva già come sarebbe andata a finire, quei pochi movimenti di lei, gli avevano fatto capire che era solo questione di minuti, che il contatto era vicino, anche se apparentemente nulla ne rivelava l'imminenza. Era gia sedotta, ma voleva qualche conferma per essere convinta. Alle donne non basta sentirsi trasportate: vogliono anche sentirsi sicure.
Kurghan rispose a poche domande, non amava essere passivo. Prese quindi di nuove le redini del gioco:

K:"Si, però così è noioso... Facciamo una cosa: io faccio una domanda a te e tu ne fai una a me. Piuttosto, come ti chiami?"
Mora "M.."

Kurghan la interruppe prima ancora che lei potesse dire il suo nome.

K:"Non dirmi il tuo nome vero: stasera, in questo strano posto, con questa strana luce, siamo quello che vogliamo. Quindi, dimmi come vuoi che ti chiami, non come ti hanno chiamata."
Mora:"Uhm... Ok, io sono Elecrta... Tu?"
K:"Piacere, TermY"
Mora:" E chi è TermY?"
K:"Il padre di un gatto con i superpoteri"
Mora:"Dai! (la mora dette una spintarella a Kurghan)... Chi è TermY?"

Quella spintarella era l'ultimo filo che tratteneva la spada di Damocle pendente sulla testa della mora.
Era stato lui a provocarla con una battutina che altri avrebbero ritenuto inutile. Ma quella battutina, in quel momento, serviva a far si che la mora rivelasse il suo livello di confidenza. Cosa che puntualmente
fece. Kurghan, non era uno sprovveduto, e si muoveva solo su suoli solidi. Ma a differenza di un dilettante, sapeva rendere un suolo fangoso duro come l'asfalto.
Kurghan rimase impassibile, e mollemente fece finta di ondeggiare su se stesso, come se avesse subito un colpo fortissimo. Rialzò gli occhi da terra, socchiudendoli in modo asimmetrico, e allargando la bocca in un sorriso malizioso. La guardò negli occhi, poi sulle labbra, e sentì il brivido che danno i feromoni.
Era giunto il momento del contatto.


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19 Al di la del cubo  22 febbraio 2011

Il crescere dell'emozione che ben conosceva, rendeva ogni volta nuovo un momento che aveva sperimentato nei minimi dettagli. Come sempre nuovo era per Kurghan il rapporto con il mondo.
Quei due occhi lo guardavano, e lui guardava loro. Le guardò la bocca, e la sua testa si mosse da sola.
La abbassò leggermente a destra, mentre si avvicinava sempre più a quella bocca ormai incapace di scappare: inchiodata dalle passioni, la Mora stava per ricevere il colpo di grazia.
Le sue labbra si aprirono leggermente, e Kurghan vi si addentrò.
Ogni volta che compiva questo rituale, Kurghan chiudeva gli occhi. Non voleva essere turbato dalla vista nella sua ricerca di sensazioni: c'è un senso per ogni distanza. La vista è per le grandi distanze, l'udito per quelle medie, il tatto per quelle piccole.
Il pensiero, che è il maestro dei sensi, annulla invece qualsiasi distanza.
Molti anni prima, quando era ancora un ragazzino, Kurghan ragionava in modo diverso. tutto cambiò il giorno del suo dodicesimo compleanno. Quel giorno, il Maestro, gli fece trovare un grosso cubo con le facce di colori diversi sul tavolo della cucina.

M:"Kurghan, vedi questo cubo?"
K:"Certo che lo vedo, non sono mica cieco! E' più alto di me!"
M:"Cosa c'è al di la del cubo?"
K: "Il camino!"
M:"Giusto, ora vai tra il cubo ed il camino. Cosa c'è al di la del cubo?"
K:"Ci sei tu!"
M:" Bene. Quindi, se giri attorno al cubo, al di la del cubo c'è sempre una cosa diversa?"
K:"Certo!"
M:"Bene. Ora che hai imparato cosa c'è dietro ad ogni faccia del cubo, ti benderò. Tu toccherai le facce del cubo, e mi dirai cosa c'è dietro ogni faccia".
K:"Ma al tatto sono tutte eguali, senza vedere i colori, come faccio a distinguerle? Non posso rispondere!"
M:"Mi stai forse dicendo che in realtà, non sai cosa c'è al di la del cubo? Che senza l'ausilio del colore, ogni faccia potrebbe avere dietro qualsiasi cosa?"
K:"Si, prima potevo dire che dietro il lato rosso c'era il camino, e dietro a quello giallo c'eri tu... Ora non più."
M:"Bene Kurghan, in realtà, dietro ad ogni faccia del cubo, c'è la stessa cosa. Ma tu, ti sei fermato alla forma come fa la maggior parte degli uomini di questo mondo, ed hai descritto le apparenze senza descrivere l'essenza. Questo, perchè ti fidi solo dei tuoi sensi, che invece ti hanno appena tradito. Alza il coperchio del cubo, e guarda cosa c'è dentro."
K:"Una torta! Grazie! E' un regalo per me..."
M:"Certo, ma oggi ti sei fatto un altro grande regalo. Ora gira attorno al cubo, e guarda cosa c'è dietro le facce del cubo."
K:"C'è sempre la torta..."
M:"La torta è sempre stata li. Solo che tu, non guardavi al di la del cubo, ma ignoravi il cubo e guardavi oltre. Questo tuo modo di procedere, ti ha indotto nell'illusione di poter descrivere la verità, che non poteva essere tale perchè cambiava a seconda del punto di vista. Ma quando hai conosciuto l'essenza, ti sei reso conto che essa non cambia con il punto di vista: l'essenza è la verità. Nel tuo cercare la verità, hai girato attorno al cubo, cercando di fissarne l'immagine esteriore con i sensi. Ma se tu avessi usato il pensiero invece della vista, avresti scoperchiato il cubo, ed avresti subito trovato la verita.
Quel cubo, è come la maggior parte degli esseri quando si guardano allo specchio, o chiedono agli altri cosa essi pensino di loro: è un contenitore. Se entri dalla camera da letto, vedi il contenitore blu, con dietro una cucina.
Se entri dalla cantina, vedi il contenitore verde, con dietro una credenza.
Ma nessuno cerca di vedere al di la dell'aspetto esteriore del cubo, scoprendo che da ogni punto di vista, se sai dove guardare,  c'è una torta. Imparare a vedere cio che va visto, è prendere coscienza, e sostituire il pensiero ai sensi.
Un giorno, prenderai coscienza di te stesso, e di te stesso non vedrai più le facce, ma la torta intera.
Solo allora, avrai delle certezze, e non avrai più dubbi come quando ti senti in contraddizione perchè pensavi di essere blu, e scopri di essere rosso, solo perchè hai fatto un percorso diverso: ovvero una esperienza che ti fa prendere coscienza di una parte di te che non conoscevi.
Ciò che rende gli uomini stupidi e di visione limitata, è quindi la paura di cambiare percorso per paura di sbagliare, o di essere accusati di non avere le idee chiare.  Costoro, individuano gli oggetti con i semplici sensi, perchè non si fidano del loro pensiero. Dicono di pensare, ma ciò che ritengono pensiero, è solo una linea razionale rigida, che gli impone sempre di fare lo stesso percorso. Una volta che avrai trovato la tua torta, comincerai a godere della ricerca della torta che è negli altri. Ed ogni volta che ne vedrai una, la tua torta si arricchirà di nuove gioie. Le torte più belle, sono quelle che offrono le donne. Ora sei piccolo, ma un giorno capirai."


Kurghan, aveva capito.


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20 Il motore universale  11 marzo 2011

Kurghan era illuminato dalla debole luce di una abat jour rosa salmone. Elegantemente steso sulle lenzuola di seta del suo letto, aspirava lentamente il veleno della sigaretta che segue l'amplesso.
Il suo torso scultoreo era tagliato sopra al pube da un lembo del lezuolo che gli copriva i genitali e la gamba sinistra. La mora gli passava le dita nei peli del petto, con la testa appoggiata sulla sua spalla.
Kurghan avvicinò le dita alla bocca per dare l'ennesima tirata, e sentendo odore di sesso emise un mugolio...
Buttò leggermente la testa indietro, e si lanciò indietro nel tempo, come ogni volta che chiudeva gli occhi.
Nella sua testa echeggiava una voce confusa, lontana, che diventava sempre più nitida come l'immagine che stava ricordando.
"Kurghan, dove sei?"
K:"Sono qui, Maestro..."
M:"Kurghan sono due ore che ti cerco. Pensavo tu fossi nell'antro a lucidare la pelle di Amog della copertina del TM come ti avevo ordinato, ed invece, ti trovo appollaiato su un sasso in riva al ruscello con la testa al cielo che scruti le nubi. Qualcosa non va?"
K"..."
M:Hai visto Fiore di Lotto? " (cfr "Kurghan's Story: 7) essere e fare.")
K:"Si Maestro, l'ho rivista..."
M:"Dimmi di più".
K:"Non so, mi sento strano. Vorrei fare tutto, ma non mi va di fare nulla. Mi sento agitato, ma non so perchè...
Posso andare a comprarti le sigarette?"

M:"Kurghan tu sei un bambino speciale. Hai solo 6 anni, ma hai più lauree di tutto il collegio del Nobel. Ed hai anche una sensibilità eccezionale. Quello che senti si chiama amore. In questo momento, sei come il gatto mYu, quando guarda le fiamme nel camino, e rimane indifferente alla ciotola piena delle sue preferite leccornie.
Lui pensa ad una micia, e non vede l'ora che la porta si apra, e scappare nei campi innevati per raggiungerla.
Durante il suo cammino, non sente ne fame ne freddo, l'unica cosa che gli interessa, è mangiare il tempo in fretta, ed arrivare prima. Per placare il suo tormento. Starà bene per un po', poi i suoi normali bisogni lo riportano qui, ed il ciclo ricomincia. Un giorno, quando sarai più grande, sentirai la spinta ad uscire di notte come mYu, per cercare l'amore.

K:"Maestro, e che si fa una volta che si è raggiunta l'amata?"
M:"L'amore, quando è corrisposto, è la massima forma di libertà. Farai quello che senti di fare. Ora, ad esempio, sono sicuro che ti piacerebbe prendere Fiore di Lotto per mano, e portarla a vedere la trota ed i suoi avannotti. Magari in compagnia di 2 gelati..."
K:"Si, mi piacerebbe tanto!"

Il maestro si frugò nella tasca, e mise in mano a kurghan 3 monete.

K:"Ma.. Sono trenta berluschi! Ci verranno un sacco di gelati!"
M:"Vai e divertiti: dopo gli avannotti, porterai Fiore di Lotto alle giostre. La vita è una sola, e la tua sta cominciando ora."

Mora:"Kurghan... KURGHAN!"
K:"Oh, scusami, ogni tanto mi perdo nei miei pensieri..."
Mora:"A che stavi pensando?"
K:" Ad una strana storia di trote, di Maestri e di gelati"
Mora:"E' una storia importante?"
K:"...Si, direi di si se siamo qui..."
Mora: "Raccontamela, voglio sapere tutto di te!"
K:"Beh, tutto cominciò in una calda serata d'estate in un ospedale come un altro il giorno in cui morì Ava Gardner..."


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21 Il dubbio di Kurghan  19 marzo 2011

Kurghan era ormai un uomo: un uomo speciale. Era stato l'enfant prodige più famoso di tutti i tempi, ma questa sua fama, era stata soppiantata dalla sua nomea di seduttore infallibile. Passò il suo 25 compleanno nella sua stanza, a guardare le cose che vi aveva accumulato: da solo.
Dopo sarebbe uscito, come faceva quasi tutte le sere.
Bevve il solito cocktail, sfoglià nel suo armadio a persiane per prendere il soprabito che gli stava meglio, si passò la punta degli stivali con un piccolo panno per lucidarla, prese le sigarette, l'accendino ed uscì.
La spider l'aspettava davanti alla palizzata color legno della sua villetta.
Si adagiò sulla pelle crema, dette un giro alla chiave, ed il motore rombò.
Kurghan abbassò la testa da una parte, come per sentire meglio... Era come se quel motore si fosse acceso con l'eco, come se dopo l'accensione l'avesse sentito ripartire.
Spense, e riaccese: tutto normale. Infilò la prima e ripartì, perso nei suoi pensieri.
Uscì dai suoi pensieri, e si ritrovò davanti alla cassa della disco.
"Hei Kurghan, tutto bene?"
La cassiera lo guardava strano, lui stesso si sentiva strano: qualcosa non andava, c'era un non so che che non tornava in quella serata come tutte le altre: cosa era successo da quando aveva acceso il motore a quando era arrivato li davanti? Ricordava perfettamente la prima volta che aveva fatto quel tragitto, ricordava della prima volta che c'era andato con il Maestro, ma non riusciva a ricordare cosa aveva appena fatto.
Entrò.
La classica femina che il Maestro avrebbe definito "femina con mutande piene di culo", gli passò davanti mentre sorseggiava uno screwdriver appoggiato al bancone. Poi ne passò un'altra. Ma Kurghan non partiva: non aveva più voglia di rimorchiare. Si mise a parlare con la barman.
K:"Serata fiacca stasera..."
B:"Gia, è una strana serata. Kurghan, ti vedo qui quasi tutte le sere da quasi un paio d'anni, e mi sono sempre chiesta una cosa. Posso farti una domanda personale?"
K:"Certo che puoi. dopo tutti i cocktail che mi hai fatto, è quasi un dovere risponderti..."
B:" Come mai stai sempre da solo?"
K:" Sai, io sono una persona che ama vivere con i suoi tempi. Avere una persona accanto, un amico, o una donna mi... "
Kurghan ebbe òa stessa sensazione che aveva avuto accendendo il motore: era come se quello che diceva gli tornasse con un piccolo ritardo rispetto a quando lo aveva detto, come se ci fosse una eco.
E capì quello che stava succedendo:


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22 L'acqua del ruscello è sempre la stessa  24 marzo 2011

Kurghan realizzò che diceva sempre le stesse cose, e che lo faceva in modo meccanico. No c'era più emozione nel suo interagire, recitava un copione, ed era diventato un personaggio del suo stesso copione.
Per questo non ricordava più le sue conquiste, e per questo interi pezzi del suo passato recente non lasciavano traccia: erano talmente eguali ad altri, da non destare un ricordo distinguibile.
Questa considerazione lo gettò in uno stato di profonda inquietudine.
Il giorno dopo, uscì per comprare un amburger.
Giunto davanti alla cassiera, cominciò a chiedere ciò di cui aveva voglia. Ma al primo sorriso di lei, si rese conto che la macchina era gia in moto: la sua voce era cambiata, le sue movenze erano di nuovo quelle del seduttore: egli non riusciva più a controllare se stesso. Era diventato ciò che voleva essere, ma non riusciva più ad essere altro che quello. IN realtà, era di nuovo schiavo del feedback: da MdP, temeva il feedback perchè in esso vedeva una conferma della sua mancanza di controllo. Ora, temeva il feedback perchè gli confermava la sua mancanza di controllo.
Chiamò il Maestro.
Il Maestro gli disse:
M:"Kurghan, ricordi il ruscello dove naquero gli avannotti della trota?"
K:"Si Maestro."
M:"Bene.  Le persone sono come un ruscello. Le loro parole sono come l'acqua che scorre nei ruscelli, e le loro azioni sono come le onde e le cascate del ruscello. Ora ti chiedo: da dove veniva l'acqua del ruscello?"
K:"Dalla sorgente!"
M:"E da dove veniva l'acqua della sorgente?"
K:"Dalla piaggia..."
M"E la pioggia da dove veniva?"
K:"Ho capito: mi vuoi far arrivare a dire che nel ruscello, prima o poi ripassa la stessa acqua."
M:"Non esattamente..."
K:"Infatti ho detto prima o poi, intendendo che vi passa anche l'acqua di altri ruscelli!"
M:" Tu riconosci il ruscello dall'acqua che vi passa?"
K:"Ovviamente no, dal momento che quell'acqua può appartenere ad altri ruscelli. Lo riconosco dalla forma.
Questo lo differenzia dagli altri ruscelli."

M:"Quindi mi stai dicendo, che malgrado un ruscello sembri sempre in continua evoluzione, di fatto è sempre eguale a se stesso?"
K:"Si, tranne in casi eccezionali: ad esempio, quando ci fu l'inondazione, il ruscello per un po' sembrò fermarsi assomigliando ad un laghetto. Poi, quando finì la piena, riprese a vivere come prima, anche se il suo corso era cambiato."
M:"Bene Kurghan, il corso dei ruscelli, come quello delle persone, è tendenzialmente sempre eguale a se stesso.
Ciò che realmente può fare la differenza, sono i grandi eventi. Quando avviene qualcosa di eccezionale come una piena, le persone si fermano per un attimo e sembrano essere annoiate da tutto.
Ma quando esse riprendono in mano il corso della loro vita, essa risulta cambiata, e riprende su una nuova via.
Come fu per il corso del ruscello.
Quello che serve a te, ora, è un cambiamento forte: devi cambiare  casa, passioni, o semplicemente smettere di rimorchiare solo perchè hai una bella donna davanti.
Quello che a te serve ora, è una donna speciale: una donna che ti mandi fuori dagli argini come fece la piena con il torrente. Dopo, ricomincerai ad apprezzare la vita, e sarai diverso da ora."



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23 La transizione.  30 marzo 2011

Kurghan riflettè molto sulle parole del Maestro. E riprese in mano tutti i suoi diari, in cerca di un punto della sua storia che lo aiutasse a risolvere il suo problema. Sperare in un ulteriore input del Maestro, era perfettamente inutile: sibillino come sempre, egli riteneva che la soluzione dei problemi è gia nell'individuo.
Basta quindi una frase che lo faccia riflettere da un diverso punto di vista, per far si che la soluzione emerga.
Era inoltre cessata la stagione dei monsoni, ed il Maestro si era rimesso di vedetta in cima al pennone per avvistare nuove turiste.
Kurghan aprì tutti i suoi armadi, e cominciò a rimaneggiare gli oggetti del suo passato. Ogni oggetto, era un racconto, una storia. La penna d'istrice, gli ricordava Filomena, sedotta ad una festa di paese, e posseduta nel bosco. Il Kefià, il suo viaggio alle piramidi di Kleospatra e Marsete. Poi trovò la sua vecchia scacchiera... Ed un brivido sinistro gli percorse la schiena. Kurghan giocava a scacchi con Gundbjorn (Kurghan's Story 6 ndr) prima che morisse pochi anni prima. Passavano intere serate dananti alla scacchioera, bevendo birra e sfottendo il Maestro con i racconti dei suoi rari, ma eclatanti pali. Una sera, Gunbjorn, era strano. Gli venne il singhiozzo, e dopo poco stramazzò al suolo e cadde in coma. Emorragia cerebrale, dissero i medici.
Diossero anche che per tirarlo fuori dal coma, ci volevano voci amiche, voci care.
Kurghan ed il Maestro, lo vegliarono la notte ed il giorno, dandosi il cambio per tre mesi.
Gli raccontavano tuiie le storie che avevano vissuto assieme, sperando in un piccolo movimento, in un cenno che indicasse che Gunbjorn si stesse svegliando. In questo triste periodo, Kurghan telefonava incessantemente alla fidanzata di Gunbjorn, pregandola di venire, di dire qualcosa anche lei, essendo la persona più cara che l'amico avesse al mondo. Ma non venne mai.
Gunbjorn, mori. Nelle braccia dei suoi due veri amici. Ma senza poterli salutare.
Per Kurghan cominciò un brutto periodo, Gunbjorn era infatti un terzo della sua famiglia: il resto erano un vecchio ed una vecchia pecora. Cominciò a non avere più voglia di alzarsi, smise di curare se stesso, si fece crescere la barba, e per non essere obbligato a lavarsi i capelli, li radette a zero.
Non si amava più. In lui c'era un senso di colpa fortissimo, come se la morte del suo amico fraterno fosse dipesa da una sua incapacità. Ma oltre che il rancore per se stesso, Kurghan aveva perso interesse per le donne. Non faceva che ripetersi che se Gwenda fosse venuta, ed avesse parlato a Gundbjorn, forse si sarebbe risvegliato. Nel dolore di Kurghan, si fece spazio l'ipotesi che un ragazzo così sano, non potesse aver fatto una fine così assurda, senza alcun preavviso: Gundbjorn, nella mente di Kurghan,  era morto per amore: per abbandono. Nella vita di Kurghan un nuovo compagno fece il suo ingresso: l'alcool. E dopo di lui, sua sorella: la droga.
L'atteggiamento di Kurghan cambiò. Non era più affabile con le donne, ma cercava sempre la rivalsa, o forse la vendetta. Durante i dialoghi, affermava le sue idee in modo irriverente. Poi, cominciò a pilotare il dialogo in direzioni nelle quali fosse certo che la preda fosse impreparata. Usava termini tanto ricercati quanto rari per mettere in difficoltà l'interlocutrice onde far pesare la sua assoluta superiorità intellettuale.
UNa volta stabilito chi fosse la persona più intelligente, cominciava ad infierire, marcando ancor di più il distacco.
Non lesinava di usare gli insegnamenti che aveva ricevuto per creare sensi di colpa nelle sue vittime prive di peccato. In un secondo tempo, cambiò tattica: cominciò a cacciare selettivamente RMP, seducendole e facendole innamorare. Ma una volta sedotte, faceva di tutto per farle star male. L'apice, lo toccò con Sigmundea. Pianificò accuratamente il colpo da infierire: per 4 mesi, recitò la parte del perfetto fidanzato, arrivando una sera a cena, a prometterle il matrimonio. La sera successiva, ricorreva l'anniversario della morte di Gundbjorn. Kurghan portò Sigmundea in disco, e davanti a lei cominciò a sedurre la barista. Sigmundea non riusciva a capire, e si lamentò. Kurghan, ubriaco, la apostrofò e le dette uno spintone per allontanarla. Sigmundea rimase in un angolo piangendo per cercare di capire cosa le stesse succedendo: perchè non riusciva a capacitarsi di cosa avesse cambiato così radicalmente il suo futuro sposo.
Ma Kurghan, era una macchian da guerra, e dopo poco, baciò la barista. Sigmundea sparì per sempre, e Kurghan rimase di nuovo da solo con la sua bottiglia e con le sue polveri.
Ma una mattina...

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#23
24 La rinascita  30 marzo 2011

Kurghan si sveglio stranamente presto: erano le 10 del mattino.
Andò in frigo per soddisfare la sua fame, ma il frigo era vuoto. Inciampò in un portacenere pieno di cicche, che colorì con migliaia di mozziconi la gia lurida moquette. In terrazzo, doveva esserci una cassa di birra: ne aveva comprate diverse la settimana prima. Kurghan andò in terrazzo, ma aprendo la porta, urtò contro un coltello conficcato nella tenda: l'aveva tirato due sere prima in un momento di ira.
Kurghan provò un dolore profondo, e si guardò il fianco: sanguinava.
K:"Maledizione!"
Kurghan andò allo specchio del bagno: un gigantesco specchio Luigi Quattordici, che si era comprato con i proventi di un brevetto sulla fissione. Si guardò.
Erano mesi che non si guardava allo specchio...
Con una mano, cominciò a percorrere le linee delle sue smagrite braccia. Non c'era più la sua muscolatura.
Si passò una mano sull'ombelico: una volta era a bottone, ora era un buco lanuginoso su un monticello di grasso.
K:"caxxo che schifo...Faccio cagare"
Con una schicchera, Kurghan sfrattò Tolomeo: il ragno che aveva steso la sua tela fra il rasoio e lo specchio.
Kurghan afferrò il rasoio, ed alzandolo si guardò nello specchio: nudo e coperto di barba. Poi volse il suo sguardo attorno a se: il casino più totale lo circondava: asciugamani al suolo con impronte di scarpe, lattine di birra ovunque, una camicia morta atrtorno al pomello della doccia, ed un osso di pollo nel bicchiere dello spazzolino da denti.
K:"caxxo che schifo: questo post fa cagare...OK, ti sei lascioato andare. Questo non sei tu: tu sei Kurghan, il bambino prodigio. Hai passato anni con un vecchio pazzo malato di figa per diventare quello che eri. Ora, non sei un caxxo. Gundbjorn è morto, ma così morirai anche tu, e Gunbjorn non lo abrebbe mai voluto questo."
Kurghan si versò un po' di gel da barba sulle mani, e passata dopo passata, riscoprì la sua faccia.
K:"caxxo però: sei un figo..."
Poi si lavò. Poi fece il giro di tutta la casa, ed infilò a rate quintali di panni sporchi nella sua lavatrice. Raccattò tutte le lattine sparse, con l'aspirapolvere fece sparire qualche migliaio di cicvche dai pavimenti.
K:"Umh.. ora è sporca, ma presentabile. Chiamo Camilla."
Kurghan chiamò la donna di servizio per farsi pulire casa, ed andò a far la spesa.
Al supermercato, comprò tutto quello che gli era sempre piaciuto: gamberi, salmone, aragosta e caviale.
POi, andò a far shopping: erano mesi che non comprava nulla. Si innamorò di un paio di stivali che fece suoi per 400 Berluschi e tre Maroni.
K:"caxxo quanto costa la roba..."
Tornò a casa felice e contento, ed aprendo la porta, risentì quell'inebriante profumo di pulito che per anni avevano sentite le sue conquiste varcando quell'uscio: Camilla era un'artista nel suo campo.
Kurghan era di nuovo a casa sua.
K:"Ed ora, passiamo al fisiko!"
Kurghan andò al piano di sotto, e cominciò a pompare con rabbia. I suoi muscoli si gonfiavano, rispondevano allo sforzo. Soffriva, ma godeva allo stesso tempo della sua potenza. Il mondo, era di nuovo suo: così come salivano le piastre del lat machine sotto la sua volontà, il mondo si sarebbe di nuovo inchinato ai suoi desideri.
Kurghan capì finalmente che il suo peggior nemico, non erano le donne, ma se stesso.

Per commentare: http://seduzioneitaliana.com/forum/miglioramento-personale-a-360/kurghana-story-24-la-rinascita/msg87872/
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#24
25 L'alter ego nascosto.  30 marzo 2011

Capì che in un momento di difficoltà, quando vedi le tue certezze vacillare, tendi ad incolparti di colpe che non hai, e che per liberarti da questo peso alteri la realtà. Kurghan si rese conto di aver fatto del male  a Sigmundea. Ma più di ogni altra cosa, si rese conto di aver mancato di rispetto a se stesso.
Kurghan prese quindi una tela in cantina, un tubo di colore ed un pennello. Si mise davanti allo specchio, e scrisse sulla tela:

"Nessun insulto può uccidere un uomo, a meno che quell'insulto non venga da egli stesso."

Appese la tela sopra il suo Cezanne, e la contemplò lungamente.
K:"Bello, mi piace..."
Kurghan, accese il suo stereo, infilando il suo CD preferito per pensare:
[flash=200,200]http://www.youtube.com/watch?v=tDnrJoHrft0[/flash]

Poi mise il suo grembiule da cucina, lo stesso che usava per preparare le sue cenette intime, e cucinò: guazzetto di gamberi, aragosta al court bouillon, e salmone in tartine come antipasto.
Cucinò per il piacere di cucinare, l'unico spettatore della sua performance, era infatti lui stesso.
Kurghan era un amante della perfezione: apparecchiò la tavola con tanto di argenteria e piatti metallici.
Un solo posto: argento su blu di prussia della tovaglia, ed un candeliere in mezzo al tavolo. Appena si sedette, davanti ai suoi occhi volarono le sofferenze della sua infanzia da superdotato incompreso.
Pensò allla sua nascita, al fatto che si considerasse l'unico ad aver prodotto un ricordo di quell'evento. L'incontro con il Maestro, le mille tappe del suo cambiamento. Dolly, Gundbjorn, e Fiore di Lotto.
Quel turbinio di immagini lo sconvolse e  piangente, Kurghan vide la sua immagine: quella che non aveva visto fino ad allora: l'immagine distruttiva, quella che l'avrebbe ridotto in cenere se le avesse lasciato campo libero. Kurghan si rese conto di essere tremendamente solo.
Si stese sul divano, e contemplà le opere d'arte che conteneva la sua casa.
Pensò a quanta passione dovevano aver messo gli autori dei bronzi che sorreggevano il bastone delle sue tende, pensò a quanta sofferenza c'era nei quadri che aveva appeso alle pareti, pensò a quanta voglia di vita c'era in tutti quei tentativi di superare il limite della perfezione.
Kurghan vide la sua immagine sola in mezzo agli uomini: e si rese conto che l'emergere dalla massa, implica il distacco dalla stessa.
E capì che lui stesso era un artista: un artista del rimorchio. Un artista dell'emozione, un artista della parola e del comando. Ciò che i grandi maestri suscitavano nel cuore delle persone, lui lo destava muovendosi, parlando e toccando. Kurghan capì che le motivazioni che lo avevano portato all'odio, erano inesistenti: che ognuno di noi sceglie il corso della propria vita, e che a nessuno si può fare una colpa di questa scelta. Perchè il primo a pagare, è proprio chi sceglie.
Non ha quindi importanza se un uomo decide di sedurre, o essere l'oggetto di seduzione.
Non ha quindi importanza l'essere amati o l'amare. L'uomo deve compiacersi dell'esistenza dell'amore, e favorirlo in ogni sua forma. Anche se questa forma dovesse procurargli dolore. La gioia è nel sapere che la felicità, da qualche parte esiste.
Il fatto di sapere che esiste, ci da uno scopo da raggiungere, una speranza di felicità: la speranza di non sentirsi più soli. L'unico modo per alleviare il peso del pensiero più tetro che possa tormentarci: la morte.
E per l'ennesima volta nella sua vita, Kurghan sentì il bisogno di uscire, di esprimere la sua passione, di creare un nuovo momento di eternità.
E Kurghan uscì, e di nuovo creò.  In uno splendido rimorchio che generò di nuovo amore.
Kurghan era di nuovo vivo.
Kurghan era di nuovo Kurghan.

E sulle splendide note del secondo movimento del "chiaro di luna" di Beethoven, che mi ha accompagnato in tante notti di passione, Kurghan torna alla sua vita e vi saluta.
Augurandomi che la sua vita, possa in qualche modo ispirare anche la vostra.

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Ultima modifica: 17 Maggio 2024, 14:01:26 di TermYnator
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